Come abbiamo ampiamente documentato e dimostrato fattualmente in tanti anni di ricerche (qui), la “repubblica antifascista nata dalla resistenza” fonda se stessa, prima ancora che sulla coercizione e sul sopruso (di cui comunque e sempre largamente abusa!), sulla base di una “vulgata storica fasulla”, una “pseudo-religione laica” inventata di sana pianta col fine di auto-legittimarsi politicamente agli occhi della popolazione: ossia la “damnatio memoriae” del Fascismo mussoliniano.
A tale “culto” imposto su ordine del “padrone atlantico”, tutti i cittadini Italy-oti devono obbligatoriamente “sacrificare”, bruciando il proprio incenso sugli altari democratico-antifascisti. Nessuno che sia formalmente inserito nelle istituzioni politiche o nella “cultura ufficiale” o che carezzi simili velleità, può discostarsi minimamente dall’adorazione del “vitello d’oro antifascista” [1]. “Prima l’antifascismo”! E’ un obbligo im-morale che surclassa ogni altro ambito della vita sociale! Persino nei mesi del blocco totale criminale, attuato tra marzo e maggio 2020 a danno di tutto il popolo dallo pseudo-governo in carica, la repressione antifascista istituzionale ha esercitato il proprio ossessivo e maniacale controllo, da sempre intimorita persino dai simboli dell’era mussoliniana, che considera la principale MINACCIA alla propria esistenza (vedi QUI). Per questo, tale imperativo si regge primariamente non sulla narrazione storico-scientifica dell’esperienza Fascista! Esso non si nutre della equanime speculazione attinente lo studio dei fatti per poi, a fronte di un confronto tra elementi positivi e negativi, magari esaltando eventualmente le negatività riscontrate, farne una apologia, ovviamente di senso contrario. No! La dimensione di “dogma laico immodificabile”, precede ogni analisi logico-scientifica e la sostituisce! Per tale motivo, l’indiscutibilità rappresenta il fondamento dell’esistenza stessa di tale “pseudo-religione” antifascista. E inevitabilmente chi partecipa, a qualsiasi titolo, alla vita politico-culturale della cosiddetta “repubblica italiana”, è obbligato, volente o nolente, a partecipare e/o ad avallare i rituali fasulli inneggianti a tale “culto”. Da qui la nostra polemica continua contro chiunque, favoleggiando di una propria contiguità o vicinanza alle istanze politico-ideali rappresentate dal Fascismo e del rifiuto e/o della contestazione delle logiche immorali del sistema antifascista al potere, nonostante l’evidenza della situazione appena descritta, MENTE SAPENDO DI MENTIRE, imbonendo i proverbiali “allocchi”, ciarlando riguardo tanto immaginarie quanto impossibili “contestazioni dall’interno del sistema”, o di possibili “evoluzioni dello stesso sistema”, o peggio, di partecipazione alle competizioni elettorali per “cambiare il sistema dal di dentro”! Tutto quello che abbiamo studiato, su cui abbiamo scritto e che abbiamo dimostrato (poiché ormai da tempo siamo usciti dal campo delle teorie!), rende chiaro quello che abbiamo poc’anzi affermato (qui). Si può discutere sulle varie “fasi storiche” della “repubblica antifascista”, per le quali lo scopo finale doveva essere reso mano a mano più definito, usando per questo tecniche apposite come quella del “doppio profilo” (vedere ad esempio il n. 72 della rivista Nova Historica, per osservare come tali tecniche vengano ampiamente adottate nel campo degli studi storici) ma, a rigor di logica, non si può certo mettere in dubbio il fondamento della squallida e farsesca realtà politica in cui gli italiani vivono dalla fine del Secondo conflitto mondiale.
In questo scenario, dunque, esistono ufficialmente solo antifascisti!
Ma essi si dividono in due tipologie: gli antifascisti “ufficiali”, i “padroni del discorso”, come avrebbe detto l’antifascista Giulietto Chiesa (buonanima!); e gli “antifascisti infiltrati”, che a loro volta sono identificabili in più categorie. Essi vanno dagli “usurpatori” veri e propri rappresentati dai vari movimenti politici di “destra”, ai “lupi travestiti da agnelli” impersonati dai rappresentanti culturali di tendenze contigue al conservatorismo, ossia all’ordine liberal-capitalista di matrice statunitense. Nei nostri numerosi anni di ricerche, tutti dedicati infaticabilmente al campo storico-politico, è emerso in modo plateale che, parallelamente all’azione svolta in più di 70 anni dalle forze politiche dichiaratamente antifasciste della cosiddetta “repubblica nata dalla resistenza”, rivolta alla cancellazione e/o alla mistificazione dei principi e delle azioni politiche che hanno animato l’esperienza storica fascista dal 1919 al 1945, si è consumata occultamente un’altra lotta, più subdola ma ugualmente sorda ed implacabile, anch’essa rivolta a mistificare e cancellare l’autentico patrimonio ideologico tramandato dal Ventennio fascista alle generazioni future. Tale azione è avvenuta proprio ad opera delle forze politiche cosiddette “neofasciste” e di quelle culturalmente fiancheggiatrici di tale agglomerato di soggetti politici, che pure ufficialmente proclamavano, in modo pretestuoso, in un caso la propria continuità ideale con l’esperienza storica maturata negli anni del regime di Mussolini, nell’altro, la propria simpatia e vicinanza a determinate e circoscritte istanze politico-sociali portate avanti dal Governo del Duce. [2]
Specificamente nel secondo caso, tali soggetti si situano nell’ambito della “cultura” dove sono camuffati da “critici”, per legittimare prima di tutto il proprio status e poi per contribuire a “traghettare” i potenziali simpatizzanti all’interno delle categorie politiche “costituite” ed ufficiali, ossia, quelle stabilite dalla “repubblica delle banane antifascista”! Diciamo subito che questa seconda tipologia di antifascisti risulta essere persino peggiore della prima, poiché il loro ruolo di “serpi covate in seno” risulta determinante nell’impedire la nascita di qualsiasi contestazione politica reale e seria avente a fondamento la concezione fascista. Infatti, tali antifascisti risultano obbedienti alla “sostanza” del “dogma laico antifascista”, ed essi, di fatto, non si discostano dai comandamenti di quest’ultimo, che ci pare possano essere riassunti in questo modo:
- Il Fascismo, incarnazione del male, politicamente è morto con il suo Duce.
- Il Fascismo non ha mai avuto un progetto politico corrispondente ad alcuna Dottrina chiara e definita.
- Il Fascismo comunque è fallito.
- Il Fascismo non ebbe nulla di originale, esso al massimo rappresentò una degenerazione inscritta comunque nel quadro del sistema politico liberal-borghese.
- Per i dogmi di cui sopra, il “neofascismo” non può rappresentare altro che la versione “radicale” sul versante destro o sinistro di idee contigue al sistema liberal-parlamentare imposto all’Italia dagli Alleati.
- Si deve perseguitare politicamente e giuridicamente, chiunque affermi idee contrarie a quanto stabilito nei punti precedenti; non importa a che titolo lo faccia e con quali prove a sostegno.
- Ai “neofascisti”, suddivisi nelle varie categorie politiche e culturali consentite, è concesso di criticare ufficialmente la radicalità della persecuzione in atto. Ma dietro il fine di “traghettare” i “riottosi” dentro gli schemi politici consentiti dalla repubblica antifascista.
- I “neofascisti” non debbono permettere, in nessun modo, che si discutano siffatti assunti.
- Tale suddivisione fittizia tra “antifascisti ufficiali” e “antifascisti infiltrati” costituisce una espressione dell’ “americanismo” che si avvale della tecnica del “poliziotto buono e del poliziotto cattivo” per ottenere i propri scopi!
- Tali “dogmi” non devono essere discutibili in nessun modo! Chi da antifascista infiltrato si atteggia a critico del sistema al potere, DEVE necessariamente fare in modo che, secondo le modalità ritenute più idonee, il proprio pensiero riconduca comunque e sempre l’uditorio agli assunti di cui sopra.
Questi, che potrebbero essere qualificati come i “Dieci comandamenti” della pseudo-religione antifascista, nel tempo sono stati talvolta anche rilevati e denunciati da alcuni personaggi seri di tradizioni politiche differenti rispetto a quella fascista. Primo fra tutti il social-democratico Carlo Silvestri [3]. Egli, da uomo di cultura, libero, serio e specchiato quale fu, prepose l’analisi comprovata dei fatti al giudizio politico, ed emise la propria sentenza morale in relazione al Fascismo solo DOPO aver esaminato i fatti stessi. Un modus operandi che avrebbe dovuto essere preso a modello per generare una parziale purificazione della Storia, che avrebbe potuto preludere alla riunificazione del nostro tessuto sociale nazionale, sola premessa indispensabile per una vera catarsi della memoria storica e della vita politica italiana. Tale esempio virtuoso, però, venne ampiamente e deliberatamente boicottato dal sistema antifascista, totalmente succube alla volontà politica straniera.
Ma da quando, in qualità di fascisti de “IlCovo”, abbiamo intrapreso la nostra battaglia politico-culturale per il riconoscimento, la valorizzazione e la salvaguardia della verace Identità politica fascista, abbiamo constatato come la nostra capacità di riconoscere e smascherare i camaleontici personaggi dell’ambito attinente l’ “antifascismo infiltrato” si sia inevitabilmente sviluppata ed affinata. Dopo aver già individuato le modalità con cui da decenni si presentano gli “antifascisti usurpatori”, adesso siamo passati a distinguere quelle degli “antifascisti lupi-agnelli”, i cosiddetti “fiancheggiatori”. Ultimamente ne abbiamo scovato un palese e tipico esempio nel recente articolo del docente F. Lamendola dedicato a “Fascismo e mussolinismo” che vogliamo portare all’attenzione di chi ci legge, quale esempio paradigmatico: (qui).
Orbene, invitiamo i nostri lettori a confrontare tale articolo, che sollecitiamo a leggere per intero, con il contenuto dei “Dieci comandamenti” della pseudo-religione antifascista! Dove, sorvolando sulle apparenze, ad una attenta analisi del testo, entrambi risultano corrispondere perfettamente ed in modo speculare negli scopi che intendono conseguire. Difatti, l’astuta “carità pelosa” manifestata nello scritto lamendoliano, viene espressa semplicemente per depistare il lettore sprovveduto, riducendosi chiaramente ad espediente strumentale, rivolto in ultima analisi a confermare ancora una volta la sostanza del dogma antifascista. Ma in cosa consiste la “teoria espressa dal Lamendola”? Essenzialmente nel fatto che il “Duce ha fatto cose buone ed era egli stesso buono” (ecco il grimaldello!), che pur essendo stato tradito, ha ideato un movimento che “avrebbe potuto” traghettare l’Italia verso una forma statuale più moderna, ordinata e funzionale (ecco tutta la retorica “nostalgica” salva!). Ma, il suo movimento, essendo fondato esclusivamente sul personalismo mussoliniano, non aveva nessuna base ideale concreta, non aveva alcun fondamento culturale tale da garantire e perpetuare una propria identità politica (poverino, non per colpa del Duce!), ecco perché, infine, la pedagogia del regime, incentrata su di un apparato essenzialmente ed esclusivamente coreografico, avrebbe fallito tutti i suoi obiettivi, rivelando il perché dell’adesione degli italiani ad un “regime di carta pesta” fosse stata solo di facciata e soprattutto il motivo vero del tradimento delle alte gerarchie del Partito nei confronti di Mussolini.
Ma la tecnica di Lamendola e dei tanti fiancheggiatori che da decenni apparentemente sembrano accondiscendere alle velleità del “ventennio nero”, atteggiandosi ad analisti imparziali ed equanimi, è più subdola! Essa usa il “Cavallo di Troia” della FINTA “simpatia” per “Mussolini ed il Fascismo”, col fine di distruggere ideologicamente l’uno e l’altro, seppellendoli definitivamente, quali ideali politici, dietro la coltre interessata di una apparente “storicizzazione”, ossia il pretesto finalizzato a condannare entrambi all’oblio politico. Emerge così, in modo prepotente, la convinzione che il Fascismo debba essere identificato esclusivamente con la persona e l’azione “BUONA” di Mussolini, considerando con ciò il Fascismo, NON come pensiero politico che si sostanzia di una concreta dottrina ideologica coniugata ad una chiara azione derivante da tale pensiero, entrambi scaturiti certamente dal genio mussoliniano, ma comunque, in relazione all’ideale espresso, capace di essere perpetuato ben oltre la vita terrena dell’ideatore. NO, molto più semplicisticamente, i fiancheggiatori degradano la concezione fascista a mero paternalismo arbitrario, riducendolo a fenomeno politico rintracciabile fisicamente ed in modo esclusivo con l’azione di un solo uomo, che con la propria morte avrebbe inevitabilmente decretato anche la fine della propria rivoluzione e del proprio “ideale”! Così, il Lamendola, attacca Bottai, distorcendone in parte il vero senso della pur discutibile posizione postuma assunta nei “Diari”, per confermare non solo la morte ideale del Fascismo, in quanto sarebbe stato esclusivo “mussolinismo” (ossia, puro arbitrio soggettivo seppur realizzato da una personalità non comune), ma anche per accusare Mussolini, in modo indiretto, di non aver “potuto” (e in questo caso l’uso del lemma “potuto” non significa assolutamente nulla. Anzi, porta il lettore a convincersi della giustezza della sua teoria attraverso la già citata “carità pelosa”) creare assolutamente NULLA di concreto capace di durare negli anni, di non aver avuto intorno a sé che uomini esclusivamente infimi ed incapaci, solo profittatori e corrotti, massoni e delinquenti di ogni tipo, che poi lo avrebbero “messo in minoranza”, tradendolo ignobilmente, con la famosa “seduta del 25 Luglio.” Con questa narrazione, che salva apparentemente solo la “bontà” di Mussolini (ma non l’acume politico, in quanto primo responsabile di essersi circondato di traditori inetti ed infidi!) e le “conquiste più scontate e secondarie” dell’amministrazione fascista (treni in orario, salvaguardia dell’ordine pubblico, previdenza sociale, ecc.), peraltro ascrivendole alla sola “buona predisposizione d’animo del Duce” (!), il Lamendola CONFERMA TUTTE E SINGOLARMENTE le posizioni generali dell’antifascismo di stato, confermando il FALLIMENTO DEL FASCISMO a tutti i livelli! Ma così agendo (e qui sta l’inganno!), porta a termine il proprio compito, “traghettando” i possibili “simpatizzanti” verso la retorica propedeutica all’ordine costituito del sistema antifascista! …poiché questo è il compito dei “fiancheggiatori” antifascisti come lui, cui è concesso dall’antifascismo di Stato “ufficiale”, di assumere il ruolo del “poliziotto buono” che si distinguerebbe per generosità ed equità dal “poliziotto cattivo”.
Ebbene, ci sia consentito di affermare a chiare lettere che tutta la fallacia della “teoria Lamendoliana” è già dimostrata di per sé sufficientemente a partire dall’esistenza della selezione dei testi dottrinari presenti nel catalogo della nostra “Biblioteca del Covo”! (vedere QUI). Ai quali si può aggiungere l’ulteriore antologia di testi ideologici sul Fascismo da noi selezionata e realizzati proprio durante il “Ventennio”, che abbiamo messo a disposizione dei nostri lettori gratuitamente (digitare QUI).
Proprio i nostri lavori, a cominciare da “L’Identità Fascista” (qui) nelle sue varie edizioni, hanno dimostrato quanto l’opera di Benito Mussolini, era tutta rivolta proprio a preparare l’avvenire dell’Italia e della rivoluzione fascista. Gli istituti politici e culturali fondati dal Regime smentiscono categoricamente con la loro stessa esistenza ed il loro operato la teoria della mancanza di un progetto politico-ideologico, così come l’incapacità e/o la mancata volontà di perpetuarlo nel tempo da parte del Regime e del suo Duce ben oltre la dipartita di quest’ultimo [4]. La tenace coerenza ideologica dei teorici fascisti ufficiali, tutti organici al pensiero politico espresso da Mussolini (qui), l’esistenza della “Dottrina del Fascismo” alla quale TUTTI costoro si attennero, anche prima della sua pubblicazione ufficiale (visto che come lo stesso Alfredo Rocco affermò, la dottrina di Mussolini risultava di già lampante nella sua produzione giornalistica e letteraria ben prima di essere codificata ufficialmente!), dimostrano che la concezione dello Stato Nuovo Fascista venne custodita e trasmessa al popolo, per essere attuata dalle nuove generazioni cresciute nel clima politico del Littorio!
La stessa idea di “Rivoluzione continua” attuata dal Partito Nazionale Fascista all’interno dello Stato, lungi dall’avere rappresentato un artificio retorico incoerente come ritiene erroneamente il Lamendola, manifestava la logica attuazione dell’ideale spirituale espresso nella Dottrina del Fascismo di Mussolini, che realizzava in modo graduale i propri postulati:
“La rivoluzione, cioè l’affermazione innovatrice del Partito nello Stato, è «continua», non perché si ispiri a premesse pragmatiste tendendo ad elaborare progressivamente i termini del suo contenuto attraverso il divenire incessante dell’azione, ma perché in ogni momento del suo tradursi in atto, presuppone dinanzi a sé tutte le altre maniere possibili di sentire e di risolvere i rapporti della vita sociale e « continuamente » riafferma su di esse, spiritualmente e concretamente, la propria maniera, realizzando così nella sua attività interna una dialettica perenne di valori politici. Il Partito dunque è effettivamente tale ed ha un proprio programma, dentro certi limiti immutabile, cioè un contenuto politico immanente nei suoi valori essenziali, il quale, essendo assunto dallo Stato, diventa elemento determinante del suo rapporto con lo Stato dei compiti del Partito nello Stato”. [5]
La peculiarità stessa della Rivoluzione Fascista, rispetto al concetto generico di “rivoluzione” per come socialmente intesa, era ben espressa in questa sintesi storica pubblicata nell’Enciclopedia italiana:
“Solo la conquista del potere avrebbe messo alla prova la Rivoluzione e il suo capo; ma anche questo sarebbe avvenuto in due tempi, un decennio di ricostruzione in cui l’ltalia sarebbe stata messa, per cosi dire, a punto; ringiovanita e snellita in tutti gli organi, rifatta nelle sue opere e inquadrata nella disciplina delle sue nuove gerarchie: dopo sarebbe seguita la vera rivoluzione, cioè la preparazione di un nuovo ordine di cose, la cui base sarà nella preparazione di un nuovo spirito, a differenza dei movimenti e delle rivoluzioni materialiste che hanno calcolato solo sullo spostamento degli interessi, convinti che queste sole forze agiscono nella storia”. (qui)
Precisamente così prendeva forma, attraverso l’uso della pedagogia di Partito, un nuovo edificio Statale in fieri, interrotto bruscamente ed esclusivamente a causa della guerra persa e dalla rovinosa guerra civile scatenata dalle potenze straniere occupanti. Nel dopoguerra, dunque, la mancata diffusione dell’originale concezione espressa nella Dottrina fascista, NON fu dovuta alla presunta totale nullità culturale e politica espressa dal precedente regime di cui favoleggiano gli antifascisti di tutti gli schieramenti, ma allo sterminio della sua classe dirigente, alla mattanza di fascisti, (primariamente gli ideologi), operata per ordine degli invasori anglo-americani, provvedimenti perpetuati sine die dalla persecuzione politico-sociale messa in atto dai governi fantoccio della cosiddetta repubblica antifascista, a mezzo di apposite leggi ad hoc, sempre in vigore e perennemente rafforzate. I nemici del Fascismo, così come sapevano che quel Governo aveva prodotto una cultura politica di primo livello, sapevano ugualmente e sanno benissimo che erano le menti e gli organizzatori a dover essere sterminati! POICHE’ SENZA TESTA, I CORPI VAGANO NELL’ETERE potendo così essere facilmente soggiogati, come storicamente è avvenuto in relazione al caso italiano!
Inoltre, la narrazione stereotipata fatta dal Lamendola sugli avvenimenti del “25 luglio 1943”, quale apice dell’inconsistenza politica manifestata dal regime mussoliniano (con ciò “stranamente” ragionando sempre in perfetta sintonia coi dogmi dell’antifascismo!) e su cui è imperniato tutto il suo teorema, risulta già smentita dai fatti storici portati all’attenzione del pubblico in alcuni recenti analisi storiografiche, persino in campo antifascista (come dimostra il testo dell’accademico Emilio Gentile intitolato “25 luglio 1943”, pubblicato nel 2018!). Essa ricalca in modo pedissequo (ovviamente, in questo caso, con intento pseudo-giustificazionista), la retorica del “Fascismo scioltosi come neve al sole”, a causa della propria “intrinseca debolezza”. La nostra associazione ha già affrontato il tema in questione, sia nella conferenza sulla “Strategia della Tensione permanente“, che in un precedente articolo (qui). In realtà, come abbiamo argomentato anche noi, il 25 Luglio 1943 il Gran Consiglio del Fascismo non mise affatto da parte Benito Mussolini, né si propose di mettere in crisi il Regime, poiché giuridicamente NEMMENO POTEVA farlo, ma CHIESE a Mussolini, a maggioranza, di ritornare i pieni poteri MILITARI al Re Vittorio Emanuele III per fronteggiare l’invasione del territorio metropolitano da parte degli eserciti anglo-americani sbarcati in Sicilia, affinché la guerra, da fascista che prevalentemente era qualificata, assumesse anche un carattere di difesa nazionale, sotto la guida del Capo dello Stato, chiamandolo in causa a fare in prima persona il proprio dovere contro gli invasori. Politicamente rappresentò l’implicita ammissione di una crisi militare che non poteva essere negata. Ma assumendo solo a pretesto tale dichiarazione, di fatto, ben al di là delle intenzioni dei gerarchi del Gran Consiglio ed al di fuori della stretta legalità costituzionale, LA MONARCHIA ed i circoli ad essa contigui, attuarono invece UN COLPO DI STATO MILITARE in funzione antifascista. L’Ordine del Giorno del Gran Consiglio venne soltanto sfruttato come leva propagandistica (essendo la congiura militare attiva da tempo, indipendentemente dall’operato del Gran Consiglio) soprattutto a posteriori, stravolgendone il significato, solo per dare una aura di “formalità” ad un vile atto incostituzionale, portata a compimento appositamente nel momento più propizio per i congiurati, concretamente rivelatisi assolutamente noncuranti delle sorti del popolo italiano.
Ma veniamo a ragionare, infine, sull’incongruenza logica principale che sta a monte del dogma antifascista e dunque di tutti i teoremi espressi negli anni da parte di tutti i fiancheggiatori “antifascisti-infiltrati”: Se, come ci raccontano e ci inculcano a forza, con tutti i mezzi e in tutte le sedi da più di mezzo secolo, il Fascismo ha rappresentato così palesemente il male assoluto, se fu assolutamente privo di idee serie, se rappresentò innegabilmente solo un personalismo fallimentare su tutta la linea, perché mai il sistema al potere continua platealmente a mentire ed a stravolgere i fatti storici ad esso attinenti? Perché mai continua ad inasprire pervicacemente normative persecutorie in materia di libertà del pensiero, atte ad impedire qualsiasi critica rispetto alle verità ufficialmente da esso stabilite al riguardo? Perché mai, se il sistema liberal-democratico descrive se stesso come palesemente ed oggettivamente superiore da tutti i punti di vista al vituperato e fallimentare sistema fascista, teme persino che questi due sistemi possano essere messi tra loro a confronto dal popolo? Checché sostengano al riguardo i fiancheggiatori alla Lamendola o alla Veneziani, noi fascisti de “IlCovo” non crediamo affatto ai “casi della vita”(qui); crediamo, invece, fermamente che il Fascismo, analizzato e ri-preso nella sua essenza ideologica verace, senza nostalgismi o retorica, senza impossibili “ritorni alle forme coreografiche del passato”, rappresenti il lascito politico più importante ed imponente non solo per gli italiani di oggi ma anche per l’intera umanità di domani; crediamo che per poter andare avanti occorre impegnarsi per la ricostituzione del tessuto nazionale italiano, attraverso una purificazione della memoria storica e politica attraverso la diffusione della Verità. Memori della lezione impartitaci dalla Storia, quella con la S maiuscola, sulla scorta di quanto sostenuto in modo assai lungimirante dalle menti più acute del Fascismo, sosteniamo i concetti già espressi nella “Tesi del fascista Carlo Alberto Biggini” (qui). Siamo convinti che è indispensabile, per il progresso morale e politico futuro del genere umano, il riconoscimento della peculiare alterità e superiorità della concezione dottrinale fascista rispetto a quelle espresse da tutti gli altri sistemi politici, in primis quello liberale! Per concludere, siamo consci che le serpi inoculano da sempre il loro veleno, così come sappiamo che l’antidoto più efficace al “veleno della disinformazione” resta sempre la pura Verità! Precisamente quanto noi fascisti de “IlCovo” stiamo faticosamente e caparbiamente tentando di procurare a tutti voi che ci leggete, in questa battaglia epocale tra bene e male… e continueremo, a Dio piacendo, finché avremo un alito di vita!
IlCovo
NOTE
[1] Un esempio perfetto al riguardo è costituito dalla seguente dichiarazione, rilasciata non a caso dall’allora sindaco di Roma, Alemanno, proveniente dalle file di Alleanza Nazionale e prima ancora del Movimento Sociale Italiano, sposato con la figlia del dirigente missino Pino Rauti: “Sono valori [quelli della Resistenza antifascista] che non si discutono, valori di libertà e democrazia contro gli occupanti… Qualsiasi opera di chiarimento storiografico e di ricucitura non mette in discussione i valori della Resistenza che sono fondativi della nostra Costituzione” (qui).
[2] Si veda quanto da noi già scritto in precedenza (qui).
[3] “Io non sono un teste a favore del maresciallo Graziani bensì il testimonio della verità documentata contro la menzogna comunista ed azionista intorno alla lotta clandestina. Da oltre un quinquennio sono impegnato nella battaglia cristiana: « Bisogna rompere la spirale della vendetta e dell’odio». La iniziai nel dicembre del 1943 dopo che ebbi con Mussolini il colloquio conclusosi con il patto : « Lavoreremo per ridurre le fatali conseguenze della situazione e umanizzarla contro lo scatenamento, delle, passioni». La verità è che il binomio Mussolini -Graziani fu sempre fedele al patto, mentre certi capi dell’altra sponda fecero di tutto per esasperare la situazione ed addirittura disumanizzarla, insensibili ad ogni appello di cristiana pietà e del tutto supini alle direttive anti-italiane di Mosca, Londra e Washington” (Carlo Silvestri, “MUSSOLINI GRAZIANI E L’ANTIFASCISMO“, Milano, 1949, Longanesi, qui)
[4] L’importanza della formazione per la perpetuazione del Fascismo oltre la persona del suo fondatore, è data dalla nascita dei Gruppi Universitari Fascisti, da cui scaturì la fondazione, patrocinata da Arnaldo Mussolini, della Scuola di Mistica Fascista, di cui fù direttore Niccolò Giani (eroe di Guerra). Una parte fondamentale nella costruzione culturale Fascista, l’ha avuta l’ I.N.C.F. (Istituto Nazionale di Cultura Fascista), attraverso il quale il Partito ha alimentato la costruzione Filosofica, Politica e Ideologica del Fascismo (qui).
[5]” Cfr. M. Piraino, S. Fiorito, “L’identità Fascista / Edizione del Decennale 2007-2017” Lulu.com, p. 385. In riferimento al metodo pedagogico attuato dal P.N.F. che derivò chiaramente dall’influenza del filosofo idealista Giovanni Gentile, riportiamo il giudizio del teorico fascista Sergio Panunzio, inserito a commento della Dottrina ufficiale del Partito: …A rigore e per essere storicamente esatti, non idealismo, ma spiritualismo. Solo il secondo è tutt’uno con la libertà ed infrange e calpesta sotto i piedi la necessità. Di qui si spiega ancora che se l’idealismo storico è anch’esso un momento essenziale della reazione e della battaglia antimaterialistica e antipositivistica esso per quella parte per cui rimane legato al determinismo spinoziano ed hegeliano non fa per i nuovi tempi ed è respinto nettamente dalle anime e dalle menti. Dell’idealismo si accetta ciò che è vivo e vitale, si butta a mare quello che non solo è morto e cadaverico, ma non vitale e contro la vita. Del resto, la migliore dimostrazione di ciò è data dal fatto che il punto di approdo, e la parte più vitale dello stesso idealismo attuale del Gentile, derivazione e trasformazione dell’idealismo storico del Croce, è stato ed è la filosofia dell’educazione, ossia dell’azione e della volontà, e cioè la pedagogia.” (Da “COMMENTO ALLA DOTTRINA DEL FASCISMO” di Sergio Panunzio , In, La Dottrina del Fascismo – terza edizione riveduta, 1942; ristampa a cura di Marco Piraino e Stefano Fiorito, 2018, Lulu.com, pp. 176 – 192.).