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PERSEGUITARE, OPPRIMERE E ZITTIRE …IN ARRIVO IL TERZO PROCESSO!

Bavaglio democratico antifa - Biblioteca del Covo

Cari lettori, amici o avversari che siate, vi abbiamo già abbondantemente informato nel corso degli anni in merito alla pantomima giudiziaria persecutoria, totalmente strumentale, inerente il gruppuscolo dei cosiddetti “Fasci Italiani del Lavoro”, che è stata da noi descritta per quel che realmente rappresenta in tre appositi articoli, ovverosia, il pretesto politico per colpirci in modo diretto ed inserire pienamente ed ufficialmente anche di “diritto” il “reato di opinione” tra quelli contemplati nell’ordinamento giuridico vigente, tentando così di impedire la stessa diffusione della Dottrina del Fascismo, anche solo dal punto di vista della formazione culturale (leggere qui, qui, qui). A tal proposito, di recente ci è giunta comunicazione dalla Suprema Corte di Cassazione di Roma, che è stata fissata per il prossimo mese di marzo 2022 l’udienza sul ricorso presentato dagli “accusatori democratici”, ai quali non stanno bene le due precedenti sentenze di assoluzione con formula piena (“perché il fatto non sussiste”!), rispettivamente emanate tanto dal Giudice monocratico di Mantova, quanto dalla Corte di Appello di Brescia. Tale ricorso, lo ricordiamo in sintesi, richiede non tanto di stabilire il “reato” di “ricostituzione del disciolto partito fascista” per il gruppuscolo in questione, cosa che anche l’ “accusa” riconosce, nello stesso ricorso di cui sopra, essere poco credibile e di fatto per nulla dimostrabile. NO! Per i mandanti “democratici” di tali processi – tutti soggetti politici protetti dall’impunità che deriva loro dall’avere occupato nel 2017 (all’epoca in cui hanno dato il via a tale caccia al fascista!) altissimi ruoli istituzionali nella “repubblica” italiana ed essere tutt’ora parte integrante dei partiti della maggioranza dell’attuale governo italy-ota – che manifestano una evidente e gravissima volontà finalizzata verso la persecuzione politica ad hoc (in ciò aiutati per l’occasione, a suo tempo, dagli organi della carta stampata di regime), si tratta nientemeno che di impedire la possibilità da parte di un qualsiasi individuo o soggetto politico definito come tale, sotto qualsiasi insegna, di poter, letteralmente anche solo appellarsi a “principi ideali fascisti”. Proprio così, in ballo non vi è la liceità di fare piazzate carnascialesche, sbraitando per strada slogan idioti e sventolando bandiere con le croci celtiche, No! Al sistema antifascista gli pseudo-fascisti radical-destrorsi vanno perfettamente a genio, proprio per avallare le fandonie democratiche di regime sulla interpretazione istituzionale del fascismo che si sono inventati (leggere qui). Ciò che si vuole impedire, invece, è il diffondersi della conoscenza del pensiero politico fascista autentico, cosa che nessun soggetto politico della variegata galassia neofascista ha mai messo in atto e solo NOI fascisti sinceri de “IlCovo” abbiamo concretamente attuato negli ultimi sedici anni! (leggere qui) La condotta dei nostri persecutori “democratici” va, dunque, assolutamente oltre lo stretto dettato costituzionale, peraltro di già “superato” dalle leggi penali elaborate a suo tempo dai solerti ministri democristiani Scelba e Mancino, in tal senso superando e negando anche i pronunciamenti emessi al riguardo dalla stessa Cassazione (ribadiamo: Cass., sent. n. 8108 del 14.12.2017, dep. 20.2.2018). Come avevamo di già ipotizzato nel nostro articolo del 19 dicembre 2020 (e come i fatti adesso ci stanno dimostrando in modo sempre più evidente), il potere politico istituzionale ha manifestato apertamente ed in modo vieppiù compiaciuto, in primis la volontà ed ormai anche la capacità, di essere pervenuto gradualmente ad un regime tirannico di quella che, eufemisticamente, possiamo ormai qualificare “democrazia protetta”, anzi blindata, per l’apparato istituzionale di governo. In proposito così concludevamo quell’articolo:

“…giunti a questo punto, alla luce di un accanimento persecutorio altrimenti inspiegabile in relazione alla marginalità politica del gruppo inquisito, ci pare lecito porre il seguente interrogativo a tutti coloro che stanno leggendo questo scritto: forse che la “querelle” in questione, può non essere altro che un modo pretestuoso per legittimare definitivamente il passaggio ad un diverso “regime di democrazia protetta” (peraltro di già invocato da taluni esponenti della cultura antifascista!) che sia in grado di “tutelare” l’umanità dal “male assoluto fascista” anche a costo di sacrificare la libertà del popolo? Forse si vuole così approdare alla conclusiva instaurazione di un nuovo regime liberal-poliziesco?” … (leggere qui)

Ebbene, a distanza di poco più di un’anno, quella ipotesi interrogativa si è semplicemente inverata davanti agli occhi di noi tutti, che viviamo ormai di fatto ed a tutti gli effetti prigionieri in uno Stato di Polizia (leggere qui e qui). Stato di Polizia politica, in cui si segregano e si perseguitano “legalmente” una o più categorie di persone. Del resto, questa linea di condotta è perfettamente rilevabile ormai da chiunque nell’attuale “emergenza pandemica”, che ha messo in atto esattamente questa logica di “governo”, imperniata sulla intimidazione e la persecuzione di tutti i cittadini che non risultano allineati col pensiero dominante. Di certo la vicenda che ci vede ingiustificatamente protagonisti antesignani di tale persecuzione, è stata l’apripista che ha mostrato in anticipo il vero volto e le reali intenzioni degli apparati istituzionali governativi, ben prima che cominciasse la cosiddetta e pretestuosa “emergenza pandemica”. Rilevarne oggi, 27 gennaio, l’ironia macabra rispetto alla propaganda istituzionale ufficiale di questo giorno, che con ridicola ipocrisia farisaica afferma di voler celebrare il “ricordo” e la “memoria”, con due apposite “giornate”, dedicate alle “vittime delle persecuzioni politiche novecentesche” (in verità, una “memoria a senso unico” che con le nostre ricerche storiografiche abbiamo contribuito clamorosamente ed autorevolmente a sbugiardare, leggere qui) in un contesto politico come quello attuale, attribuisce per di più a tutto lo scenario summenzionato un che di farsesco e tragicomico.

Facciamo notare ai nostri lettori, che i precedenti due gradi di giudizio, hanno finora ribadito la volontà giudiziaria di attenersi alla forma della persecuzione “moderata”, circoscrivendo in genere gli eventuali possibili “reati” alla ristretta “ricostituzione del disciolto partito fascista” o alla “diffusione di idee razziste e violente” che dovrebbero paventarne la eventuale ricostituzione (seguendo in ciò il falso pregiudizio che equipara il fascismo al “male assoluto”). Stante tale interpretazione, logicamente è risultata inevitabile l’assoluzione degli imputati nei primi due processi, proprio perché al riguardo, a norma di legge vigente, “il fatto non sussiste”. Difatti, su tali fondamenti, lo stesso ricorso in Cassazione da parte degli accusatori “democratici”, sarebbe semplicemente inammissibile, proprio perché è stato giudicato che …”il fatto non sussiste”. Non “sussistendo”, il ricorrente non ha possibilità di …”rilevarlo” al supremo giudice di Cassazione! Il quale, potrebbe accogliere il ricorso solo davanti a una evidenza contraria. Così, siccome tutti precedenti gradi di giudizio hanno stabilito che le cose stanno in questo modo, ovverosia, che “il fatto non sussiste”, l’accusa tenta il colpo di coda, facendo un passo innanzi e ponendo la questione del “pericolo sostanziale” in merito agli stessi “principii fascisti”, per il solo fatto di essere definiti come tali, indipendentemente dai concetti che essi esplicitano o dagli obiettivi a cui affermano di mirare… la parola inquisita ed impronunciabile, dunque, è il termine “FASCISMO”… che in quanto tale, per gli accusatori democratici non rappresenta né un’idea, né una dottrina ideologica, tantomeno una filosofia politica, semplicemente (adottando acriticamente la chiave ideologico-interpretativa progressista post-sessantottina) un crimine in sé e per sé, che va estirpato in tutti i casi e, qualora chiamato in causa da qualcuno, sempre punito in ogni circostanza a priori.

Nel caso di specie, se la Cassazione accetterà la linea ideologica proposta nel ricorso degli accusatori “democratici”, noi riteniamo che il giudizio non potrà essere emesso senza un pronunciamento che coinvolga la Corte Costituzionale. In un caso come quello contemplato, difatti, – anche se appare del tutto evidente che questo è un processo politico, quindi slegato da ogni reale principio di diritto, poiché tale pantomima non avrebbe dovuto nemmeno iniziare, stando al Diritto – potenzialmente non sarebbe possibile una sentenza di eventuale condanna, volendo rimanere comunque nell’ambito della giurisprudenza ufficiale conclamata.

Ecco che, allora, va riconosciuto come il “sistema antifascista nato dalla resistenza” ci stia abituando, gradualmente, all’instaurazione di un vero stato di polizia, persecutore ed oppressore, ma attuato nella pressoché generale inconsapevolezza dei cittadini, resi in massima parte abulici e passivi a mezzo del condizionamento terroristico mediatico, dopo 80 anni di rincitrullimento materialista ed edonista (leggere qui). Dunque, stiamo assistendo alla stessa abolizione del Diritto, nel senso romano del termine; un processo degenerativo costante, avviato dalla fine del secondo conflitto mondiale e che oggigiorno sta giungendo al suo culmine. Da subito, nel vigente ordinamento democratico, fu introdotto il concetto di “pericolo”, ovviamente stabilito in modo arbitrario da chi detiene il potere, cosa che ha permesso di sospendere i “diritti fondamentali” di un cittadino a discrezione del potere istituzionale. Tutto ciò ha dimostrato inequivocabilmente come i proclami di “inviolabilità della persona”, di sacralità delle opinioni, di libertà di espressione, coi quali sono state cresciute generazioni di cittadini, erano e sono semplicemente un clamoroso espediente politico grondante ipocrisia, il cui fondamento non sta nel solo caso italiano, ma proprio nella filosofia relativistica e nella “dittatura del numero” instaurata dopo la sconfitta del Fascismo. O meglio: ormai è chiaro che in regime liberal-democratico è possibile esprimere la propria opinione, ma solo se essa è consentita dal potere politico! E’ possibile che la persona sia inviolabile, ma solo se essa è ben accetta al potere vigente! E così di seguito!

In tale modo si prosegue speditamente sulla via dello “Stato di Polizia politica”, sfruttando il “concetto di pericolo” per il potere costituito, che ci viene dato ad intendere, equivarrebbe ad un pericolo per la cittadinanza stessa in quanto tale; un perverso sillogismo utile come grimaldello per giustificare ogni tipo di persecuzione e di oppressione. Ciascuno può vedere da sé come vi sia stretta attinenza fra questo concetto e l’uso che attualmente ne viene fatto dalle istituzioni governative, così come in questo stesso “pandemonio” venga ugualmente utilizzata la chiave politica interpretativa “antifascista”, con la solerte partecipazione del “radicalismo di destra” al soldo della “repubblica nata dalla resistenza” per avallare lo status quo (leggere qui). Come abbiamo detto più volte, fa tutto parte di un unico progetto satanico, perseguito gradualmente a tappe negli ultimi 80 anni, di cui quella attuale è solo la fase finale.

Mussolini si rivelò ancora una volta buon profeta quando, con largo anticipo sui tempi, verso la fine della sua parabola politica ed umana ebbe a dire: 

Fra qualche tempo, il Fascismo tornerà a brillare all’orizzonte. Primo, in conseguenza delle persecuzioni di cui i “liberali” lo faranno oggetto, dimostrando che la libertà è quella che ognuno riserva per sé e nega agli altri; secondo, per una “nostalgia dei tempi felici” che a poco a poco tornerà a rodere l’animo degli italiani. (Benito Mussolini, “Storia di un anno”, in Opera Omnia, Firenze-Roma, 1961, La Fenice, Vol. XXXIV, p. 391)

Noi fascisti de “IlCovo”, come è nostro costume, a Dio piacendo, siamo e resteremo IN PIEDI a lottare in nome della Verità e della Giustizia! …NON PRAEVALEBUNT!

IlCovo

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