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ECCO PERCHE’ TEMONO IL FASCISMO !

Come avevamo già anticipato (QUI), qualcuno dei nostri lettori più distratti, magari, potrebbe ancora non scorgere il nesso che lega imprescindibilmente i fatti di cronaca politica recentissima, alla infinita guerra mediatica scatenata dal sistema pluto-massonico contro la concezione politico-economica e morale del Fascismo, nonostante che questa ufficialmente venga sempre descritta dai “padroni del discorso” come superata e morta, sorpassata e squalificata da tutti i punti di vista (sempre secondo quanto ci dicono i “loro” manuali di Storia) in quanto detentrice, a parere dei “soloni liberal-democratici”, del primato assoluto di concezione volta al male in tutti i campi del vivere umano, dunque un male a tutto tondo, o come ossessivamente lo chiamano lor signori antifascisti, un “male assoluto”!

A nulla,  vale la prima e più logica delle obiezioni che si può muovere loro, ovvero, che non si capisce da quale pulpito si permettono di fare la predica moralistica contro il Fascismo, pur sostenendo a spada tratta il “dis-ordine” politico cosiddetto liberal-democratico, fondato sul privilegio di una ristretta minoranza di speculatori finanziari sanguisughe, che, tanto all’ombra del potere politico ufficiale dei vari parlamenti fantoccio, quanto dei principali mezzi di comunicazione, ormai tutti degradati a servili succursali del loro potere infausto, riempiendosi la bocca di altisonanti e vuoti proclami teorici inneggianti alla libertà ed ai diritti (ma più concretamente le tasche di profitti illecitamente estorti con la frode e gli inganni a danno dei cittadini) perpetuano da decenni e su scala planetaria crimini e ingiustizie innumerevoli, ben più gravi di quelli da essi attribuiti al regime di Mussolini. Ma non c’é niente da fare, quel che conta per la cricca antifascista demo-pluto-massonica globalista è conseguire l’obiettivo della damnatio memoriae  e della cancellazione del Fascismo quale ideale politico positivo e di strettissima attualità.

Mentre tutto ciò, almeno a noi, risulta essere sempre più chiaro, appare ugualmente in tutta la sua evidenza – come dimostrano le odierne reazioni isteriche del sistema antifascista e delle sue cosiddette istituzioni “democratiche” – che una parte consistente del popolo italiano NON ODIA AFFATTO e non ha mai odiato il Fascismo e nemmeno Benito Mussolini (1). Difatti, a meno di voler ritornare all’accettazione acritica della propaganda bellica degli Alleati e della “vulgata marxista”, nessun serio studio storico recente nega l’evidenza di un dato: che durante il “regime di Mussolini” milioni di Italiani furono ENTUSIASTICAMENTE Fascisti, anche durante la guerra 1940-43, così come lo furono pure nella successiva tragica e luttuosa stagione fratricida della guerra civile, imposta dai nemici anglo-americani nel 1943-45. Il volontarismo di quel biennio non ha conosciuto uguali in nessun’altra fase della storia post-unitaria (2). Inoltre, fu il Generale britannico Alexander, come riportato anche da studiosi ex militari inglesi, ad affermare che la “Resistenza” fosse un elemento marginale, all’interno della Campagna d’Italia, di cui gli invasori anglo-americani si sono serviti per facilitare la disgregazione del tessuto politico nazionale dell’Italia invasa (3). Ugualmente acclarato è il fatto che la postilla costituzionale inerente il “divieto di ricostituzione sotto qualsiasi forma del disciolto Partito Nazionale Fascista” sia stata voluta dai vincitori anglo-americani della Seconda guerra mondiale, risultando così presente sia tra le clausole armistiziali del 1943 che in quelle del “trattato di pace” siglato a Parigi nel 1947, entrambi imposti con la forza all’Italia, sicché palesemente essa non scaturì mai da chissà quale “volontà popolare” liberamente espressa dal popolo italiano, ma da un ordine indiscutibile impartito da governi stranieri e occupanti ( così recita l’articolo 17 del trattato: L’Italia, la quale, in conformità dell’articolo 30 della Convenzione di Armistizio, ha preso misure per sciogliere le organizzazioni fasciste in Italia, non permetterà, in territorio italiano, la rinascita di simili organizzazioni, siano esse politiche, militari o militarizzate, che abbiano per oggetto di privare il popolo dei suoi diritti democratici.(4) Dunque, è evidente che il “sentimento anti-fascista” indotto da decenni con tutti i mezzi per volontà degli invasori anglo-americani, sta a fondamento della “repubblica nata dalla Resistenza”, ma non si fonda sul comune sentire del popolo italiano. Tale sentimento è stato artatamente instillato, su mandato degli occupanti stranieri, a mezzo della corrotta casta politico-intellettuale ad essi asservita e da essi destinata a controllare e condizionare la vita politico-sociale della nostra Nazione, la cosiddetta “intellighenzia antifascista”, di destra, centro e sinistra ( senza escludere le propaggini estreme “sinistre” e “destre”) che si è avvalsa di tutti gli strumenti di potere che le sono stati forniti, ovvero la possibilità di legiferare ad hoc e di gestire l’informazione e la cultura del nostro popolo secondo i desiderata dei padroni stranieri.

Tra questi strumenti di cui si è avvalso il governo occupante a mezzo dei suoi “esecutori”, va inserita, necessariamente, anche la campagna sanguinaria e fratricida dello stragismo dei cosiddetti “anni di piombo”, nell’ambito della “strategia della tensione”. Non siamo solo noi fascisti de “IlCovo” ad affermarlo, bensì decenni di inchieste giornalistiche e giudiziarie che certificano inoppugnabilmente l’eterodirezione da parte dei democraticissimi servizi segreti italiani, a loro volta diretti da quelli statunitensi, delle cosiddette “stragi fasciste” e “brigatiste rosse”, utili per mantenere gli equilibri politici stabiliti dai vincitori anglo-americani della Seconda Guerra Mondiale, funzionali al compito attribuito alla suddetta intellighenzia di galoppini locali per continuare a instillare divisioni politiche e odio fratricida tra gli italiani (5).

Ma, concretamente, cosa temono davvero i plutocrati-burattinai da un Fascismo ovunque non più esistente dal 1945, né come regime governante né quale forza politica operante sul territorio ? Dopo più di 70 anni di propaganda antifascista martellante e menzognera, cosa li spaventa ancora a tal punto da ritenere insufficienti tanto le lusinghe corruttrici del potere partitocratico quanto le minacce coercitive del potere giudiziario, arrivando al culmine di dover provare a fare ricorso addirittura anche al divieto legale della diffusione dei principi teorici di un’ideale che, stando a quel che ci raccontano da decenni, risulterebbe formalmente senza seguito e senza alcuna speranza di trovare consensi? Ebbene, non volendo fare ricorso a lunghissimi tomi né, tantomeno, riproporre tutto quello che al riguardo abbiamo scritto negli ultimi cinque anni, riteniamo che questo breve sunto tratto dal testo ELEMENTI DI ECONOMIA E DI DIRITTO CORPORATIVO scritto nel 1940 dal filosofo fascista Michele Federico Sciacca, possa svelare con esattezza l’arcano del perché di tanto accanimento!

I presupposti dell’ordine corporativo.

Il Corporativismo è il sistema veramente italiano, il primo ordine economico nato in Italia dalle condizioni culturali e politiche della nostra Patria, che per la prima volta, formula un sistema tutto proprio di concepire l’ordine economi­co ed i vari problemi che ad esso sono connessi. Si fonda su presupposti filosofici che vanno cercati nella fi­losofia italiana del nostro glorioso Risorgimento. Nella prima metà del Secolo XIX i nostri maggiori pensatori, Galluppi, Rosmini, Mazzini e Gioberti, reagendo sia all’Illuminismo francese, sia all’idealismo tedesco, s’ispirano al nostro tradizionale spiritualismo. Combattono sia l’indi­vidualismo e l’utilitarismo materialistico della filosofia illuministica, che portavano al conflitto degl’interessi; sia il soggettivismo e il panteismo tedeschi che questo conflitto elevavano a norma di vita e a legge della storia. In nome di un Cattolicesimo rinnovato, essi riven­dicano la necessità della fede, il primato dell’unità morale e l’eternità del vero. Pur senza isolarsi dal fer­mento del pensiero moderno da Cartesio ad Hegel, anzi penetrandone le più profonde esigenze, riescono a portare un nuovo alito di vita nella nostra millenaria civiltà romano-cattolica. Sono davvero « i grandi Maestri della nuova Italia, che bol­larono gli imitatori dei francesi, degli inglesi e dei tedeschi, restituendo gli italiani alla loro missione storica e riavvezzandoli a pensare e ad agire con la propria testa ». La verità non è figlia del tempo, ma è madre del tempo: è luce che gui­da gli uomini e le cose, pur senza identificarsi con gli uomini e con le cose. Essi si appellano sempre ad una fede etica e religiosa, che, al di sopra delle negazioni di­sgregatrici, unisce gli uomini, sudditi e cittadini della stessa Patria, ministri dello stesso Dio, obbedienti agli stessi ideali. Dal punto di vista dello spiritualismo italiano i problemi sollevati dall’Illuminismo e dal­l’Idealismo tedesco vengono posti e risolti sotto una nuova prospettiva. Il pensiero italiano accetta il con­cetto organico della società e dello Stato contro l’indi­vidualismo della Rivoluzione francese, ma senza dege­nerare nella statolatria dello Hegel; considera lo Stato come sovranità etica, ed agente in tutti gli aspetti della vita nazionale contro la dottrina liberale dello “Stato assente e male necessario”, ma pone la sovranità e il con­tenuto etico dello Stato alle dipendenze di un mondo morale che trascende qualunque Stato, perchè trascende la storia, pur operando nello Stato e nella storia dei popoli; rifiuta l’antistoricismo illuministico, ma respin­ge il concetto della Storia come Dio terreno ed unico, concetto che finisce per negare la stessa storia; fa suo il principio della libertà dell’uomo e del cittadino, ma evitando di confondere la libertà con l’arbitrio del sin­golo o con l’assoluta autonomia della volontà, cioè con una libertà che non è propria dell’uomo: respinge il principio dell’ordine naturale che necessariamente diri­ge l’uomo e le cose con un meccanismo che esclude ogni finalità, come respinge la concezione dialettica di que­sto ordine, la quale non lo nega affatto come tale, an­che se gli dà un nuovo significato dinamico, e instaura, al posto di una concezione meccanica della natura u­mana e fisica, una concezione finalistica, nella quale la storia diventa realizzazione d’ideali eterni di verità e di bene e non lotta di forme storiche che si distruggono a vicenda, e la necessità meccanica un mondo illumi­nato dalla Provvidenza divina; respinge ancora, con il con­cetto dell’ordine naturale, l’altro, ad esso connesso, del­l’homo oeconomicus, sostituendovi il con­cetto dell’uomo soggetto spirituale che, dei bisogni eco­nomici si serve come mezzo per la realizzazione dei fini morali, religiosi e politici. Così, il pensiero italiano del secolo XIX, sviluppando i valori della nostra civiltà, come pensiero romano e cattolico, prepara al mon­do una civiltà nuova.

Il contenuto ideale dell’ordine corporativo.

Il Fascismo è il continuatore, diretto del nostro glo­rioso Risorgimento. Senza il Risorgimento, il Fascismo diventerebbe inesplicabile. I problemi che il Risorgimento aveva lasciato inso­luti hanno trovato la loro soluzione nel Fascismo. Con il Fascismo, il Risorgimento italiano continua operante e vivente. Nell’ordine corporativo agiscono, infatti, i concetti filosofici del nostro pensiero del secolo scorso; e i problemi politici, economici e sociali, sorti nel frat­tempo, sono risolti dall’ordine corporativo alla luce di quei concetti speculativi. Certo l’ordine corporativo non s’intenderebbe senza il liberismo, il socialismo del Marx e il sindacalismo del Sorel, ma ciò è vero soprattutto nel senso che il Cor­porativismo rappresenta la soluzione — nel campo economico, politico e sociale — dei problemi aperti da queste dottrine, soluzione operata però contro queste ideologie e in armonia con i principi ideali del nostro pensiero del Risorgimento. In altri termina, per quel che riguarda i problemi econo­mico-sociali, l’ordine corporativo rappresenta il sistema economico, che, muovendo dai concetti fonda­mentali dello spiritualismo del Ri­sorgimento, si è davvero sostitui­to alla concezione meccanica del­l’ordine naturale del liberismo ed ha instaurato una concezione spiri­tuale dell’uomo in generale e dell’attività economica.  In questo senso, l’ordine corporativo, oltre ad essere il primo sistema italiano di economia, è anche il primo sistema economico veramente originale, sorto dopo quel­lo liberale. Vediamone, in breve, il contenuto ideale. Il tratto fondamentale del liberismo economico era la naturalità del­l’ordine economico, realizzato dall’interesse e­goistico dell’individuo. Quando l’istinto del torna­conto personale è debole, i soggetti economici sono au­tomaticamente eliminati in base al principio della selezione naturale. Al contrario, il tratto fondamentale dell’ordine corporativo è la negazione della naturalità dell’ordine economico e del presuppo­sto che esso si realizzi per mezzo dell’istinto egoistico degli individui. Secondo la concezione corporativa, gl’individui anche come soggetti economici non sono mossi soltanto dal loro tornaconto, ma da bisogni spirituali: si servo­no dell’attività economica come mezzo pei i loro fini idea­li, cioè per realizzare i valori dello spirito. A fondamen­to dell’attività economica per il corporativismo non c’è, dunque, un ordine meccanico mosso dall’egoismo, ma un ordine finalistico, che i singoli soggetti spirituali ten­dono a realizzare. L’individuo non è uno dei tanti anel­li che formano la catena della naturalità, ma è forza spirituale, che include nella sua attività le altre forze, assoggettandole e dirigendole verso i suoi fini ideali. Lo scopo che nell’attività economica egli si prefigge è di trovare i mezzi più adatti alla realizzazione dell’ordine economico, il quale però non è fine a se stesso, ma rien­tra in uno dei tanti mezzi necessari al raggiungimento di valori morali, sociali, politici e religiosi, che costi­tuiscono la vera spiritualità dell’uomo. La vita dell’uomo è un dovere che si concretizza in particolari doveri. Come è un dovere cercare la verità, il bene, Dio attraverso la fede, cosi è un dovere realizzare l’utile e l’ordine economico. L’attività eco­nomica pertanto non si determina per l’impulso cieco e meccanico dell’istinto egoistico, ma si svolge per il pungolo interiore del dovere, per quel senso di obbligatorietà, che ogni uomo deve sentire di creare i mezzi adatti alla esistenza fisica sua e degli altri, in una parola, della società e sempre come mezzo per il miglioramento spirituale. Come, però, nella ri­cerca della verità e nel raggiungimento del bene, l’uo­mo, pur dovendo sentire il dovere di conoscere il vero e di praticare il bene, non può con le sole forze della ragione e della volontà attuare questi fini supremi, ma ha di bisogno della Luce e della Provvidenza divine; così, per adempiere ai suoi doveri economici, sociali e politici ha di bisogno dello Stato. L’uomo, non più ato­mo di un aggregato, ma cellula vivente di un organismo sociale, non può adempiere ai suoi doveri verso la so­cietà, senza che faccia parte dello Stato, che è per i singoli la garanzia suprema ed indispensabile del conse­guimento dei loro doveri sociali. L’ordine economico sociale è, dunque, ordine politico e, se non è tale, è distrutto. Senza lo Stato non ci può essere ordine so­ciale, e, dunque, nemmeno ordine economico. I singo­li disperderebbero la loro attività, farebbero prevalere di nuovo l’istinto sul dovere. Se la società, invece, co­stituisce (e deve costituire) un ordine, ciò avvie­ne perchè lo Stato disciplina l’attività dei singoli e la pone a servizio di fini universali. Gl’individui in tal modo, come soggetti realizzatori di questi fini, sono sog­getti spirituali viventi nello Stato, che è forza spirituale capace di elevarli, mediante il sistema dei mezzi (tra cui l’ordine economico) ad enti spirituali. Lo Stato è, dunque, il garante dell’ordine sociale in generale, l’or­ganismo che rende morali i singoli soggetti, imponendo loro una disciplina. È il concetto dello Stato educatore, tanto vicino al nostro pensiero del Risorgi­mento dal Cuoco in poi e molto lontano dal meccanismo naturale e dallo Stato agnostico e neutrale del liberalismo, dall’educazione industriale del List, dalle utopie socialiste e democratiche e dal materialismo del Marx! Lo Stato corporativo o fascista è un’autorità spiritua­le, che contribuisce a rendere i cittadini soggetti spiri­tuali, autorità presente e vivente nei singoli, a cui ripu­gna il neutralismo liberale, perchè la neutralità nel mon­do dello spirito è tradimento. Lo Stato Fascista rappresenta, dunque, un perfezio­namento rispetto allo Stato liberale, «perchè riconduce sotto la sua sovranità i fattori economici, così capitali­stici che operai, che non soltanto non avevano una disciplina legale, ma agivano, per di più come forze contrarie allo Stato » In altri termini, « l’in­teresse economico del cittadino, avuto un posto nell’ordinamento giuridico, perde l’aspetto di una for­za quasi naturale, primitiva, cieca, e assume l’aspetto vero di forza so­ciale; importantissima, fondamentale, forza sociale, ma una delle com­ponenti della vita sociale e dello Stato ». Il corporativismo poggia, dunque, sulla nuova concezione dello Stato Fascista. Esattamen­te è stato detto che « Corporativismo e Fascismo sono termini che non si possono dissociare » (Mussolini).

Lo scambio internazionale e la condanna dell’interna­zionale liberale e socialista.

Il liberismo economico, come sappiamo, basandosi sul principio che le leggi dell’economia, come le leggi del­la fisica, non hanno nè confini nè patria, considerava il mercato internazionale come assolutamente libero o af­fidava al giuoco della domanda e dell’offerta la ricomposizione dei momentanei squilibri della bilancia com­merciale. L’ordine corporativo, invece, nega la natura­lità delle leggi economiche e non riconosce il principio del meccanismo degli equilibri. Con maggiore senso della concretezza storica dell’economia e in base al con­cetto finalistico e spirituale dell’ordine economico, esso condanna l’organizzazione internazionale liberale dell’economia e propugna l’intervento dello Stato nella disciplina della bilancia com­merciale. Il socialismo trasferisce il presupposto internazionalista del liberismo dal campo economico al campo politico e assegna all’internazionale operaia lo scopo di distruggere la società capitalista. L’ordine corporativo nega in pieno anche l’internazionale socialista. A differenza del commercio interno, che trova nel­l’ordine corporativo l’autodisciplina delle categorie sen­za che lo Stato sia esso stesso soggetto economico, nel commercio internazionale, secondo l’ordine corporativo, il solo soggetto economico è lo Stato, perchè soltanto lo Stato, nei rapporti con l’estero, può garantire la piena rispon­denza tra l’ordine interno della produzione e il com­mercio internazionale. L’ordine corporativo annulla, pertanto, (una volta rifiutato il prin­cipio dell’equilibrio meccanico della bilancia com­merciale) il libero scambio con l’estero, che è uno dei postulati del sistema liberale. Con ciò l’ordine corporativo non fa sua la tesi del protezionismo, come per esempio, è stata formulata dal List. Nell’economia nazionale del List e della sua scuola, la protezione dell’industria na­zionale è concepita come una fase transitoria di politica economica fino a quando detta industria abbia raggiunto uno sviluppo tale da rientrare senza pericoli nel meccanismo economico internazionale. Il Corporativismo, invece, nega tale meccanismo ed afferma che l’ordine e­conomico è sempre ordine politico. Non si tratta di modificare il sistema, ma di sostituirlo radicalmente. Lo Stato, con il costituirsi unico soggetto economico nei rapporti economici internazionali, non ha di mira la protezione di una determinata industria, ma la difesa del sistema totale dell’economia nazionale, in modo da sta­bilire una bilancia internazionale tale che la Nazione non sia debitrice degli altri Paesi, cioè che essa non si avvii verso un progressivo impoverimento. Infatti, se la bilan­cia commerciale di uno Stato è sfavorevole, lo Stato è co­stretto, per coprire l’eccedenza delle importazioni, a mandare all’estero metalli o divise, cioè a diminuire la ricchezza nazionale, togliendo la base aurea alla moneta cartacea. La diminuzione della riserva aurea fa perdere alla moneta la base del suo valore e la espone alla speculazione e all’egemonia dei Paesi finanziariamente più forti. Tale debolezza economica e finanziaria si ri­solve in debolezza politica e porta non alla collaborazio­ne tra le varie Nazioni, ma all’egemonia di una Nazione sulle altre. Ecco ciò che il liberismo non considerava, immaginandosi un mondo, che, governato dagli egoismi contrastanti dei vari Paesi, ad un certo momento, per un taumaturgico meccanismo, si trovava tutto equilibrato e pacificato. È precisamente questo meccanismo, nei rapporti in­ternazionali, o nel commercio interno, che nega l’or­dine corporativo, e con un più vivo senso della realtà, sa benissimo che esso, proprio in base al principio del­la selezione naturale, si risolve nel predominio economi­co e politico degli Stati forti sugli Stati economicamente meno dotati. Da qui la necessità, posta dall’ordine cor­porativo, che lo Stato disciplini gli scambi con l’esterno mediante il controllo delle dogane e con l’incoraggiamento della produzione nazionale. L’espe­rienza ha dimostrato che, con la protezione e gl’incorag­giamenti dello Stato, noi abbiamo impegnato e vinta la battaglia  del grano e ci siamo resi autonomi in altre sfere di produzione. Il protezionismo, come è in­teso ed applicato dallo Stato corporativo, è suscitatore e potenziatore delle risorse e delle energie nazionali. Quanto abbiamo detto è la premessa necessaria per realizzare il principio dell’autarchia economica, che oggi è la parola d’ordine dello Stato Fascista, perchè è la condizione indispensabile della nostra indipendenza politica; che, con l’altro dell’equilibrio della bilancia commerciale, attua lo Stato corporativo come unico soggetto economico dei rapporti internazionali. Nè l’autarchia significa isolamen­to economico della Nazione rispetto alle altre e dunque restringimento della sua espansione economica, in quanto l’autarchia si riferisce soltanto alle materie indispensabi­li per le esigenze della vita nazionale, ma non agli altri innumerevoli prodotti, di cui l’importazione può conti­nuare compensata dalle esportazioni dei mezzi nazionali. Nell’autarchia l’ordine corporativo raggiunge il suo ul­timo fine, perchè realizza la potenza economica e politi­ca della Nazione.

…ecco le parole la cui attualità sconvolgente, a quasi 80 anni dalla loro stesura, rendono chiaro cosa temono davvero i pluto-massoni globalisti e tutti i loro servi. Nessun nazi-fascismo, nessuna dittatura o tirannia, nessuna proclamazione di razze superiori o inferiori, nessuna salvaguardia di interessi di classe o di parte… invece è evidente, dalla serena lettura di quanto appena osservato nel precedente documento, come essi paventino esclusivamente l’avvento di una nuova CIVILTA’ POLITICA UNIVERSALE! …capace di scardinare e sradicare i loro principi materialistici e individualisti; un nuovo modello politico in grado di sostituire il sistema del libero scambio incentrato sullo sfruttamento capitalistico a vantaggio della minoranza di sanguisughe plutocratiche, con il sistema nazionale e popolare retto dallo Stato Etico Corporativo, capace di instaurare una nuova concezione spiri­tuale dell’uomo e dell’attività economica… non più, dunque, la dittatura della legge del mercato e dello spread che arricchisce la cricca degli speculatori finanziari, gettando il popolo nella disperazione, ma l’imperio della legge morale, dello Stato etico fascista, che armonizza gli interessi di tutte le categorie allo scopo di tutelare il bene materiale e morale di tutta la collettività nazionale… ecco svelato il mistero di una speranza che non riescono ad uccidere nè a debellare, nonostante decenni di tonnellate di fango gettati  sul suo buon nome, perché desiderio connaturato alla nostra natura umana fatta di spirito e materia che anela al bene ed all’equilibrio, perché vissuto quotidiano radicato nello spirito della nostra civiltà, che è nazionale ed universale ad un tempo, come lo fu Roma, perché è esso stesso in continuità con ROMA, ecco svelato il mistero del fascino eterno del Fascismo… l’ideale “ufficialmente morto” che non morrà mai!

IlCovo

NOTE

(3) Esemplari al riguardo le ammissioni dello storico militare antifascista, nonché ex ufficiale britannico durante la campagna d’Italia, Eric Morris nel suo libro “La guerra inutile”, Milano, 1995;  Qui un indignato Nicholas Farrell, nel ricordare che la vittoria della campagna d’Italia è stata ottenuta dagli anglo-americani, si domanda retoricamente se …”non è ora – dopo 70 anni – di affrontare una semplice verità, che la Resistenza in Italia era completamente irrilevante dal punto di vista militare”.

(4) Cfr. Armistizio Cassibile ( qui ): articoli 29, 30, 31, 33; dove l’articolo 30 recita testualmente: Tutte le organizzazioni fasciste saranno, se questo non è già stato fatto, sciolte. Il governo italiano si conformerà a tutte le ulteriori direttive per l’abolizione delle istituzioni fasciste, il licenziamento e internamento del personale fascista. Per il testo del Trattato di pace di Parigi del 1947 vedi ( qui ).

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