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IL 25 APRILE DI BENITO MUSSOLINI! …la verità contro i reali seminatori di odio dell’antifascismo di Stato!

Inutile girarci intorno. Il 25 aprile, innegabilmente, è una data che da più di 70 anni divide gli italiani. Al di là degli artifici retorici di cui si è voluta ammantare tale ricorrenza, resta il fatto che il carattere spiccatamente politico, ovvero di senso dichiaratamente anti-fascista che essa riveste, nella nazione che, ricordiamolo per inciso agli smemorati, ha dato vita al Fascismo, non può che perpetuare lo scontro e la separazione di un popolo la cui memoria collettiva è stata ed è tutt’ora oggetto di una gigantesca opera di manipolazione politica, finanziata e gestita direttamente dalle pubbliche istituzioni di una “repubblica” che si qualifica ufficialmente essa stessa come “antifascista” e che così, di fatto, legalmente discrimina senza battere ciglio da più di mezzo secolo decine di migliaia di cittadini ! Si scrive tanto ed a sproposito, da parte di giornali e televisioni contigui al cosiddetto sistema liberal-democratico, dell’ “odio” che verrebbe diffuso a livello mediatico dai contestatori del potere vigente. Tutto ciò quando, sempre da parte di costoro, si grida ossessivamente da decenni al pericolo fascista, stranamente in mancanza un vero soggetto politico oggettivamente qualificabile come fascista a lume di quella che è la Dottrina del Fascismo (inutile in questa sede ritornare sulla questione del ruolo politico dei cosiddetti “neofascisti”, di cui abbiamo più volte già discusso, ad esempio QUI). Si alimenta in tal modo concretamente da parte di quelle che sono delle vere e proprie centrali ufficiali di disinformazione storico-politica, l’odio verso un ideale volutamente distorto e frainteso, perpetuando la menzogna del mito di una “resistenza popolare” contro il “mostro fascista”, disumanizzato e reso artificialmente qualcosa di profondamente estraneo all’Italia ed al popolo italiano. Senza dimenticare poi, che nei testi scolastici ufficiali, gli scolari vengono indottrinati all’odio contro il fascismo ed i fascisti fin dalla più tenera età; che nelle scuole, pagati dalle istituzioni, girano i sempiterni testimoni della “barbarie fascista” che impressionano bambini e ragazzi con  immancabili storie strappalacrime, giovani che nulla sanno della propria storia di italiani ed ai quali viene contrabbandata una versione dei fatti tendenziosa e falsata ad uso del sistema di potere vigente. Che dire poi dello spettacolo patetico dell’associazione reducista dei cosiddetti partigiani, che a causa dell’assottigliarsi delle proprie fila (in verità esigue da sempre!) per cause naturali, tessera addirittura i giovani pur di non rinunciare a spandere e tramandare il veleno dell’odio antifascista! Stante tale desolante situazione, non è improprio definire  tale ricorrenza, come ha fatto qualcuno di recente, una “sagra di paese” oppure un “derby calcistico”, se non fosse che la controporte fascista è assente, non essendo rappresentata ufficialmente da nessuno nelle istituzioni, né nei dibattiti nelle scuole, né sui giornali o nelle televisioni del sistema dominante. Da decenni siamo in presenza esclusivamente di un eterno monologo dei gruppi politici di potere e dei loro organi di disinformazione prezzolati, che se la suonano e se la cantano da soli su quanto terribili sarebbero stati i fascisti e di contro quanto eccellenti sarebbero da sempre l’antifascismo e le istituzioni ad esso legate! Ma, se per costoro alimentare l’odio contro la stessa memoria degli italiani fascisti rappresenta lo sport nazionale, noi fascisti de “IlCovo” preferiamo attingere alla Storia vera, quella con la S maiuscola, che tramite i documenti mostra in modo oggettivo il divario esistente tra la fola sulla cosiddetta “liberazione” che ci raccontano ufficialmente da 74 anni e la tragica realtà che rappresentò per tutto il popolo italiano la guerra civile degli anni 1943-1945 voluta dagli occupanti anglo-americani. E partiamo dai numeri!

La repubblica antifascista, per ragioni di basso opportunismo politico, vuole vengano ricordate solo le vittime degli eccidi tedeschi o come essa suole definirli, eccidi “nazi-fascisti”. Ma al riguardo, esemplare risulta l’ammissione dello storico militare britannico Eric Morris, che in riferimento al conteggio delle vittime civili, parla di 10.000 uccisioni perpetrate dai tedeschi sul territorio italiano, in parte per rappresaglia, e di altre 9000 vittime (tra le quali circa 7000 ebrei) deportate e morte in Germania; (E. Morris, La guerra inutile, Milano, 1995, p. 492), quantunque la “palma di vincitore” del triste primato di chi ha cagionato più danni e vittime sul territorio italiano resti sempre saldamente in mano agli Alleati anglo-americani, poiché il conteggio complessivo delle vittime civili dei loro bombardamenti va portato ragionevolmente a circa 100.000 morti (Cfr. Marco Gioannini, Giulio Massobrio, Bombardate l’Italia – storia della guerra di distruzione aerea, 1940-1945, Milano, 2007, pp. 491- 493); da tale cifra sono però esclusi i morti cagionati dalle formazioni partigiane del Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia, C.L.N.A.I., che a guerra terminata, sempre secondo il Morris, fra uomini, donne e bambini anche solo sospettati di essere fascisti, uccisero  altre 100.000 persone (Cfr. E. Morris, op. cit. p. 15). Ugualmente escluse da tale conteggio le centinaia (forse migliaia!) di vittime cagionate dalle azioni di rappresaglia dell’esercito degli Alleati anglo-americani a danno di militari dell’Asse e dei civili italiani, di cui solamente in anni recenti si è cominciato a scrivere (Cfr. G. Bartolone, Le altre stragi – le stragi alleate e tedesche nella Sicilia del 1943-1944, Bagheria, 2005); così come le vittime di quelle che ufficialmente sono state erroneamente qualificate per decenni come stragi di civili commesse dai tedeschi, salvo poi scoprire che i colpevoli erano stati proprio gli Alleati, emblematico il caso della strage di San Miniato in Toscana, solo per citarne una. Un segreto di pulcinella questo, poiché già subito a ridosso della fine del conflitto mondiale vi era stato chi, coraggiosamente, nello stesso campo antifascista, aveva denunciato tale terrificante realtà, squarciando il velo ufficiale di ipocrisia e di connivenze criminali che avevano portato allo sterminio premeditato dell’intera classe politica e culturale fascista! (QUI) Alludiamo naturalmente alla nobile figura del giornalista Carlo Silvestri, che sino alla fine dei suoi giorni cercò in tutti i modi di spezzare la spirale di odio fratricida, ben sapendo e testimoniando che tale sentimento era stato instillato pervicacemente dai nemici dell’Italia, ossia dalle potenze Alleate, cioè dai Governi di Washington, Londra e Mosca. Ricorda infatti il Silvestri che…

La guerra civile voluta da Londra, da Washington e da Mosca, e ordinata, agli italiani che ubbidirono, attraverso le parole e i programmi del maresciallo Badoglio, del gen. Alexander, di Fiorello La Guardia e di Palmiro Togliatti, fu soprattutto stimolata per mezzo delle trasmissioni radio. In queste pagine si sono riuniti i testi autentici di un grup­petto di radiotrasmissioni eseguite da Radio Milano-libertà (che trasmetteva, non certo da Milano, per conto di Mo­sca), da Radio Londra, da Radio Bari, da Radio New York. L’11 febbraio Radio Milano libertà ordinava: « I gruppi di azione devono prendere le misure necessarie ed oppor­tune affinché l’agitazione e la lotta vengano continuate in tutti i campi in modo da rendere la vita impossibile ai tede­schi e ai loro agenti ». Lo stesso giorno Radio Londra indirizzava un monito alla Guardia nazionale repubblicana e alle Guardie di finanza, il cui succo era questo: « O vi arrendete o sarete tutti uccisi ». Il 2 marzo 1944, Radio Milano libertà esortava i partigiani ad agire sull’esempio dei novaresi che avevano attaccato i fascisti i quali avevano avuto più di 10 tra morti e feriti, mentre le perdite dei patrioti ammontavano soltanto a due morti e ad un ferito. Il 3 marzo 1944, Radio Londra si proponeva di impressio­nare i fascisti con l’avvertenza che un Tribunale speciale, nel territorio posto sotto la giurisdizione della Repubblica Sociale, avrebbe giudicato i meritevoli di punizione. Il 4 marzo 1944, Radio Bari dava notizia di una intensi­ficata attività dei partigiani sul fronte della resistenza ed elogiava le uccisioni di due segretari federali fascisti repub­blicani. Lo stesso giorno, ancora Radio Bari, dava istruzioni per il sabotaggio delle linee ferroviarie ai cantonieri italiani che operavano nel territorio della Repubblica Sociale Italiana. Il 6 marzo 1944 Radio Bari esaltava le « liquidazioni » di molti fascisti repubblicani. Il 12 marzo Radio New York affermava che il tentativo del maresciallo Graziani di organizzare l’esercito era comple­tamente fallito ed aggiungeva che « le varie formazioni mi­litari fasciste si sono disciolte come neve al sole alla prima occasione ». (Cfr. Carlo Silvestri, Mussolini, Graziani e l’antifascismo, Milano, 1949, p. 430).

Silvestri, descrive con dovizie di particolari la guerra spietata condotta a mezzo di agguati ed attentati (preferibilmente contro gli uomini della Repubblica Sociale Italiana piuttosto che contro i tedeschi) da parte delle bande partigiane, una guerriglia che cagionò migliaia e migliaia di morti nello Stato fascista, non solo tra i militari delle forze armate ed i membri del Partito fascista ma anche tra le fila delle forze dell’ordine, agenti e funzionari pubblici di ogni ordine e grado, senza alcun riguardo per niente e nessuno, certificando con oltre un centinaio di documenti che la deprecata violenza dei fascisti fu solo una risposta alle violenze indiscriminate commesse dai gruppi partigiani su istigazione del comando Alleato presieduto dal generale britannico Alexander. Ma il Silvestri, nei numerosi processi postbellici a carico di autorità fasciste nei quali comparve in veste di testimone, aggiunse sempre che tali violenze furono ampiamente superate proprio a partire dal 25 aprile 1945  e nei mesi successivi, così egli infatti disse durante il processo a carico del Maresciallo Rodolfo Graziani…

“BADI, SIGNOR PRESIDENTE, che tutti questi dati, tranne alcune citazioni preludio di una imponente documentazio­ne, sono anteriori al 25 aprile 1945. Essi valgono per rendere inconfutabile la mia affermazione testimoniale se­condo la quale se i soldati della R.S.I. e se i fascisti re­pubblicani uccisero degli italiani essi furono costretti a farlo in condizioni di legittima difesa. Quanto agli altri oltre centomila fascisti repubblicani e soldati della Repubblica sociale massacrati dopo il 25 aprile, io sono qui pronto a documentare (dopo aver for­nito gli esempi che la Corte ha sentito) anche quest’altra affermazione testimoniale: non si ha più il diritto di ele­varsi a « parte civile ideale » come si è proclamato Ferruc­cio Parri contro il maresciallo Graziani quando grava sul­la coscienza di questo « ideale » accusatore la responsabi­lità di non aver fatto nulla per impedire il massacro di decine di migliaia di giovani ed innocenti soldati, del tutto estranei alle passioni della politica e che avevano ubbidito all’appello del maresciallo Graziani convinti che nella sua voce si esprimesse quella stessa della Patria. Rifletta la Corte sulla terribilità di questi dati irrefu­tabili e inoppugnabili. Centinaia di giovani ed innocenti ausiliarie sono state seviziate, violentate ed assassinate; centinaia di giovinetti tra i 18 e i 20 anni cadetti della G.N.R. sono stati « fatti fuori », molte volte col preambolo di atroci torture, dopo che si erano arresi previa garanzia che sarebbero stati considerati prigionieri di guerra; centinaia di ufficiali di ogni grado sono stati « liquidati » solo perchè ufficiali dell’esercito. Signor Presidente, il rag. Luigi Gobbi abitante a Mi­lano, padre di una di queste innocenti vittime, mi ha co­municato copia di una lettera che i parenti dei 24 ufficiali, delle cinque ausiliarie e delle due consorti di ufficiali, trucidati a Graglia nel Vercellese il 2 maggio 1945 han­no inviato a Corrado Bonfantini. Delle due donne qualificate in questa lettera « consorti di ufficiali », una era la ventenne signora Carla Paolucci, moglie del tenente Giuseppe Della Nave di Spinalunga (Siena). Invano essa aveva supplicato: « Io porto una creatura in me. Per lei non voglio morire ». Sottratti i bagagli, spogliati avanti l’esecuzione delle scarpe e di ogni altro documento ed oggetto personale atti al riconoscimento, strappate le medaglie ai polsi con i dati personali di ciascuno, le 29 salme vennero malamente sepolte alla rinfusa in cinque fosse. Ferruccio Parri ha ricordato la morte del capo parti­giano Filippo Beltrami. Ma Filippo Beltrami, che si gloriava di essere stato tra i primi a prendere l’iniziativa della guerriglia contro i fascisti repubblicani e le forze armate della Repubblica sociale, cadde in combattimento. La Medaglia d’Oro te­nente Carlo Borsani fu « giustiziato » secondo la formula usata in quei giorni da esecutori di ordini che non furono trattenuti neppure dalla cecità di guerra dell’eroe-fan­ciullo. E Ferruccio Parri, come del resto Palmiro Togliatti, come del resto Enrico Mattei, al contrario di Alcide De Gasperi, di Ivanoe Bonomi, di Riccardo Lombardi, di Cor­rado Bonfantini, di Pietro Nenni non ha pronunciato una sola parola che significasse esplicita sconfessione di que­sti assassini. É nè Ferruccio Parri, nè Giancarlo Pajetta, nè, purtroppo, il gen. Raffaele Cadorna hanno saputo esprimere una sola parola per deplorare, per sconfessare i responsabili dell’assassinio di uno dei nostri migliori pi­loti, l’asso dell’aviazione da caccia, il maggiore Adriano Vi­sconti, « liquidato » con il colpo classico alla nuca il 29 aprile 1945 dopo che si era arreso perchè a lui, ed ai suoi soldati del campo di volo della Malpensa, era stato conces­so l’onore delle armi. E Adriano Visconti nulla sapeva di politica; la sua sola responsabilità si concretava nel fatto di aver creduto, da quel puro militare che era, alla pa­rola del maresciallo Graziani”.(Cfr. Carlo Silvestri, Mussolini, Graziani e l’antifascismo, Milano, 1949, pp. 223/226)

Questo è il reale quadro storico politico nel quale andrebbe realisticamente inquadrato l’anniversario del 25 aprile, questa la tragica realtà di cui da oltre 70 anni le istituzioni della cosiddetta repubblica italiana antifascista tace in malafede, preferendo la menzogna alla verità, mantenendo volutamente divisa la memoria del popolo italiano per frammentare sempre e comunque il corpo politico-sociale della Nazione. Evidentemente a qualcuno fa molto comodo che gli italiani restino eternamente in conflitto tra loro, seguendo il classico metodo del “divide et impera”! Ma a chi giova tutto ciò? Ebbene, proprio i documenti della Storia possono forse rispondere chiaramente a questo interrogativo. Un documento in particolare, fornito sempre dal Silvestri nel suo testo sopracitato, che è una pietra miliare irrinunciabile per comprendere la verità sui tragici avvenimenti nel periodo della guerra civile in Italia del 1943 – 1945, ci può fornire lumi al riguardo. Così egli scrive…

Il testo che segue è uno delle centinaia e centinaia di ar­ticoli di Mussolini pubblicati anonimamente. Egli lo scrisse dopo un lungo colloquio col testimone (Carlo Silvestri, Ndc.) il quale era andato da lui per pregarlo di evitare che certa stampa fascista in­transigente tenesse un linguaggio enfatico e minaccioso nei riguardi degli sbandati militari e civili, degli appartenenti a bande armate, degli espatriati, dei renitenti di qualsiasi ca­tegoria, insomma verso tutti coloro che erano nella condi­zione di essere esentati completamente da ogni pena secondo il decreto 25 aprile 1944. Mussolini aderì subito alla pre­ghiera e diramò delle direttive in conformità. Poi scrisse l’articolo e lo fece pubblicare sul giornale che riteneva il più adatto allo scopo, essendo diretto da una Medaglia d’oro e cieco di guerra (Carlo Borsani, Ndc.). Il direttore del giornale glielo firmò con lo pseudonimo: onore e sacrificio. Il testo mussoliniano è un documento di prova a conforto dell’asserzione testimo­niale secondo la quale il Capo della Repubblica Sociale non aveva più niente in comune con il dittatore ante-25 luglio. Egli era tornato alla semplice umanità di un uomo che spe­rava e voleva (in quel tempo egli credeva ancora alla vit­toria della Germania) la riconciliazione tra tutti quegli ita­liani che il giorno della vittoria tedesca si sarebbero mostrati disposti a unirsi, allo scopo di far fronte alle pretese ege­moniche della Germania, sovra quel programma di cinque parole ricordato per la prima volta dal testimone al rinno­vato processo Matteotti (9 febbraio 1947) « Andare avanti non tornare indietro ».Per capire tutto questo importante articolo di Mussolini occorre sapere che il Capo della Repubblica Sociale non escludeva ancora, nel maggio 1944, la possibilità di trattative di pace separata della Germania con l’U.R.S.S.

(Cfr. Carlo Silvestri, Mussolini, Graziani e l’antifascismo, Milano, 1949, pp. 547/551)

« RITORNATE ! »

« L’ultimo appello.

« Più la propaganda nemica in questa vigilia si ingaglioffa nel­la disperata campagna mirante ad impedire che gli sbandati mili­tari e civili, gli appartenenti a bande armate, gli espatriati, i renitenti di qualsiasi categoria si regolino secondo il decreto 25 aprile che stabilisce la completa esenzione dalla pena per tutti coloro che si costituiranno prima delle ore 24 del 25 maggio, e più ci confermiamo nella convinzione che il decreto in parola non è stato soltanto un atto di sostanziale patriottismo, di com­prensione umana e politica, ma altresì un’intelligente, tempestiva ed efficace azione di guerra. « Per questa ragione opiniamo che il Duce sia rimasto indif­ferente a tutti i commenti e a tutte le interpretazioni, gli uni più arbitrari delle altre, circa le origini, il significato e le inten­zioni della decisione che ha portato al parossismo la esaspera­zione dei nemici. « Solo i fatti contano, e questi fatti si compendiano nel com­pleto perdono a tutti coloro i quali si presenteranno, entro il termine stabilito, in quella qualsiasi località che reputeranno più conveniente, alle autorità del governo della Repubblica Sociale. Si dica pure che il decreto 25 aprile sia stato una manifestazione di debolezza: la prova del contrario l’avranno coloro i quali dopo la mezzanotte del 25 maggio saranno inesorabilmente trattati alla stregua di traditori come complici e agenti del nemico.

« Ascoltateci prima che sia troppo tardi.

« Non più tardi di domenica 14 maggio Fiorello La Guardia, il rinnegato italiano sindaco di Nuova York, che si è specializzato nei discorsi ai cosiddetti ribelli (che noi ci ostiniamo a chiamare più blandamente “sbandati”) fece risuonare al microfono una en­nesima esortazione a restare alla macchia — ora che, a suo dire, proprio in Italia, ha avuto inizio il primo atto della grande offensiva finale, “per impedire i movimenti, distruggere i mate­riali dei nazisti ovunque possibile e uccidere proditoriamente quanti più fascisti e soldati repubblicani nonché militari germa­nici sarà fattibile”. « A questi sbandati intendiamo anche noi rivolgerci, oggi, con un ultimo discorso in presa diretta e con ben altra autorità. « Ascoltateci, prima che sia troppo tardi, prima che non ci sia più il tempo di pentirvi per aver dato ascolto agli oratori e agli agenti delle Centrali nemiche, con i quali collaborano servilmente quei dirigenti del sedicente Comitato di liberazione nazionale e dei sei partiti antifascisti che osano assumersi la tremenda respon­sabilità — essi che non rischiano nulla — delle pressioni, delle minacce e dei ricatti che voi subite così ad opera dei Comandi dei distaccamenti e delle cosiddette Brigate d’assalto intitolate a Garibaldi (eredi e continuatrici delle formazioni bolsceviche di­ventate tristamente famose nella guerra civile spagnola) come per iniziativa di ufficiali provenienti dal disciolto esercito regio e che, ancora, derivano la loro autorità da Vittorio Savoia e da Badoglio. « Specialmente voi, giovani italiani, non potete non sentire quanto ci sia di vile nelle direttive che vi impartiscono dai loro comodi studi i vari Fiorello La Guardia. Essi vi ingiuriano e vi offendono con un linguaggio che può essere apprezzato nei trivi di Nuova York, ma che non può non suscitare la ribellione in cuori italiani. « Anche un semplice coltello da cucina – così si è ripetutamente espresso Fiorello La Guardia — ‘ può diventare un’arma per fare la guerra contro i tedeschi. Una buona coltellata nella pancia di un qualsiasi soldato germanico isolato o di un fascista repubblicano, sarà sempre un’azione meritoria. Colpite, colpite — usa raccomandare il cuoco di Nuova York — senza pietà e senza discriminazione. « Se le parole di Fiorello La Guardia precisano il grado cui può giungere il disprezzo nemico verso di noi pur nel blandirvi, come potreste essere così ingenui da ritenere che, venuto il mo­mento di stabilire le condizioni della pace, gli alleati vittoriosi potessero trattarci sovra un piano di parità morale, civile, politica, economica? « No, la mentalità del padrone che si vale dell’opera del servo, la mentalità dello schiavista che si giova della fatica dello schia­vo, del delinquente di alto bordo che manda allo sbaraglio il disgraziato che non ha più la forza nè l’ardire per ribellarsi, questa mentalità determina un distacco incolmabile tra anglosassoni ed italiani: essi, se vincitori, sarebbero sempre in alto, noi sempre in basso: essi ordinerebbero, noi dovremmo ubbidire; essi continuerebbero a consumare i cinque pasti, noi avremmo appena da sfamarci con le briciole del loro banchetto; americani e inglesi tornerebbero a visitare l’Italia e noi dovremmo adattarci a lustrare le scarpe ai distruttori delle nostre città, delle nostre bellezze artistiche, agli assassini dei nostri fratelli, ai responsabili della no­stra miserabile condizione.

« Se l’Asse fosse sconfitto dovreste combattere contro il Giappone».

« Oh, minoranza di uomini smarriti che credete di servire in armi la causa della futura rivoluzione italiana, voi, se ascoltate ancora gli ordini delle Centrali nemiche, una sola causa servirete in realtà, quella dell’Internazionale capitalistica coerente nel ten­tativo di raggiungere, attraverso tutti i mezzi e tutti i maschera­menti, il fine che per essa sovrasta ad ogni altro, il fine del per­petuarsi del regime di ingiustizia sociale ed economica che ha permesso ai finanzieri di Londra e di Nuova York di dividersi finora il dominio del mondo. « Se si avverasse il programma di Badoglio, del Savoia e dei partiti antifascisti, il programma del tradimento contro l’alleato, e le forze germaniche dovessero realmente venire espulse dall’Ita­lia, il Governo costituito a beneplacito delle cosiddette « Potenze Unite », presieduto ancora da Badoglio oppure da chiunque altro gli fosse allora preferito, non mancherebbe di imporre in tutta l’Italia quella mobilitazione generale che è già in via di realiz­zazione nelle provincie occupate dal nemico. E allora, non avendo voluto combattere per riscattare l’onore dell’Italia i giovani reni­tenti agli imperativi del Dovere avrebbero l’umiliazione di venire irreggimentati nuovamente nelle Divisioni dell’Esercito italiano – diventato un esercito dì mercenari, di soldati carne da cannone per andare a combattere nel settore dell’Oceano Pacifico, alle frontiere dell’India, nei mari della Cina la guerra dell’imperialismo americano ed inglese contro il Giappone e, chissà?, contro la Russia.

« Sappiate ragionare con il vostro cervello.

« Oh, inesperti, delusi, illusi, disillusi, deviati, traviati, esaspe­rati, sappiate essere intelligenti, non diventate gli strumenti pas­sivi di una propaganda e di direttive che si trastullano con voi come il gatto fa col topo. Sappiate ragionare con il vostro cervello, vedere con i vostri occhi. Se nel nome d’Italia sarete capaci di disintossicare le vostre anime, voi non potrete non vedere negli anglo-americani il vero, il principale nemico della Patria. Ed allora comprenderete che ogni ordine a voi dato, ogni direttiva a voi segnata, sono sempre impartiti nell’interesse di un supremo ed unico comando, quello del nemico che ha voluto l’avvilimento del­l’Italia, che ha compiuto la sua rovina materiale e morale per vendicarsi non solo di Mussolini, non solo di un regime, ma dell’Italia tutta che aveva osato ribellarsi alla Gran Bretagna. « Oh giovani, oh lavoratori, quella ribellione fu compiuta in nome del proletariato italiano dei campi e delle officine con nes­sun’altra preoccupazione che quella del suo avvenire, del suo diritto al lavoro, del suo diritto ad una vita migliore, la stessa preoccupazione che ha oggi il Governo repubblicano quando pro­clama che il combattere è necessario per risalire dalle profondità di abbiezione e di rovina materiale e morale in cui fummo preci­pitati. « Si dice ora alla maggior parte di voi — quelli non appar­tenenti alle formazioni tuttora badogliane — che non combatte­rete più per Vittorio Savoia e Badoglio, ma per l’Italia libera, per un’Italia che sarà repubblicana e socialista (o comunista). Vi si inganna, voi combatterete — se i piani di Churchill e Roose­velt saranno realizzati — per un’Italia che sarà libera soltanto di ubbidire alla Gran Bretagna e agli Stati Uniti.

« Il richiamo della Patria.

« La repubblica c’è già in Italia; l’ha fondata Mussolini depo­nendo la monarchia traditrice della Patria; essa sarà la repubblica dei lavoratori italiani e ha già impostato la decisa realizzazione di tutti quei postulati che, durante quarant’anni, furono inscritti sulle bandiere dei movimenti socialisti. Oramai il dado è tratto, ed indietro non si può tornare. Il lavoro diventerà il soggetto dell’economia e la base infrangibile dello Stato. I ceti parassitari dovranno essere annientati, la plutocrazia resa innocua. I profittatori e i traditori dell’Idea, alleati delle plutocrazie, dovranno essere inesorabilmente eliminati. Col ritorno di Mussolini al Go­verno — non ne dubitiamo, altrimenti non staremmo a questo posto — la rivoluzione sociale si è messa in cammino ed è ben decisa a travolgere tutti gli ostacoli frapposti dalle idee retrive e dagli interessi offesi, i quali invocano come paladine le armate delle plutocrazie anglo-sassoni, le sole capaci di imporre nuova­mente all’Italia il mantenimento del vecchio ordine dell’ingiustizia sociale ed economica. « La rivoluzione è un’idea che ha trovato delle baionette: le baionette sono quelle dell’Esercito repubblicano italiano, che sta per affiancarsi all’Esercito rivoluzionario della Grande Germania. « Per la repubblica, per la rivoluzione italiana, per il nuovo Stato nazionale dei lavoratori, dei contadini e degli impiegati, è necessario combattere e lavorare sotto le bandiere del Governo repubblicano di Mussolini. Rialzate la testa, giovani delusi, illusi, sorgete in piedi giurate fedeltà alla causa della Rivoluzione Ita­liana. « Alle armi, al lavoro! « L’Italia, la gran madre, vi chiama al combattimento ed alle opere per la sua salvezza. Essa vi si mostra indulgente per le colpe di cui non siete i soli colpevoli. Essa apre le braccia ai figli fuggiaschi che ritornino a lei. C’è bisogno di tutti in famiglia, c’è bisogno di unità, di concordia per lo sforzo immane che ci attende. « Però chi non ascolterà questo appello non potrà più ottenere indulgenza, chi persisterà nella ribellione e nei propositi della violenza contro i poteri costituiti e contro l’alleato germanico, dimostrerà un’intenzione matricida alla quale non potranno con­cedersi attenuanti. Chi vuole uccidere la madre merita la puni­zione estrema. E chi non si svincola dalle male compagnie dei congiurati del matricidio, chi accetta o subisce il comando o l’in­flusso di uomini che se non fanno il gioco di Londra e di Wa­shington fanno quello di Mosca, non merita altra sorte, e altra sorte non avrà. « Sappiamo — e possiamo rendercene garanti — che a nessuno si chiede delle abiure, dei rinnegamenti ideologici, delle genufles­sioni, dei gesti di viltà. Gli sbandati di tutte le categorie sono invitati a sottomettersi alla maestà della Patria in armi.

« MUSSOLINI »

(Da La Repubblica fascista del 24 maggio 1944)

Ecco, anche noi fascisti de “IlCovo” rinnoviamo a tutti i nostri lettori l’invito a saper ragionare con la propria testa, come scrisse un tempo Mussolini; a capire quanto di quel che egli disse in quell’articolo, per certi versi profetico, oggi trova amaramente corrispondenza nei fatti e nella vita tormentata del popolo italiano. Soprattutto vi invitiamo a notare l’antitesi esistente tra l’atteggiamento delle cosiddette autorità ufficiali della repubblica antifascista, che oggi nella ricorrenza del 25 aprile invitano, di fatto, a festeggiare lo sterminio dei fascisti, e le parole di Mussolini scritte nel precedente articolo, che proprio il 25 aprile del 1944 aveva decretato una amnistia generale per coloro che si erano dati alla macchia, prestando fede ai proclami dei comandi anglo-americani che incitavano il popolo italiano alla guerra civile! …meditate!

IlCovo

 

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