Carissimi lettori, il titolo di questo articolo getta luce su di una questione che, come Associazione “IlCovo”, rappresenta uno dei pilastri della nostra critica politica. Di recente, come abbiamo ricordato (es: qui), se ne sta discutendo sempre più negli ambienti della cosiddetta “contestazione” sovranista, sebbene inevitabilmente in modo edulcorato, all’insegna di un fumoso riformismo, nell’ottica per noi palese di assorbire e cancellare determinate istanze, secondo quanto attuano da decenni tutte le “quinte colonne” ben infiltrate dal Sistema di potere vigente, proprio perché ad un certo momento, risulta inevitabile che taluni argomenti nodali (i proverbiali “nodi che vengono al pettine!”), posti in risalto da chi muove la propria critica su basi storiche, senza personalismi né secondi fini di sorta come è nostro costume, prendano piede e si diffondano tra la gente, con grande scorno dei “Pupari” e dei “pupazzi” del Sistema dominante!
Ma perché riferirsi in modo specifico, al cosiddetto “Manifesto di Verona” del Novembre 1943? (1) Per due motivi essenziali che di seguito veniamo subito ad illustrare:
I°) Il “Manifesto di Verona” in senso lato NON E’ AFFATTO il programma politico contingente di “un partito”, tantomeno LO E’ in senso stretto del Partito Fascista Repubblicano, meno che mai di un gruppo politico di Destra o Sinistra di uno Stato antifascista.
Queste affermazioni potranno sembrare strane o contraddittorie solo per coloro che si sono “abbeverati” e credono alle varie “vulgate storiografiche antifasciste”, che purtroppo sono state diffuse ed inculcate a forza nella popolazione, spadroneggiando indisturbate per decenni. Difatti, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, dopo la carneficina subita dai fascisti “sconfitti”, l’assorbimento e cancellazione del consenso tributato al Governo di Mussolini, che pure era ancora ben presente nella popolazione, doveva avvenire con vari metodi, che abbiamo ricordato in più casi (es: qui). A livello politico, nel clima postbellico della neonata repubblica antifascista a trazione “Atlantica”, l’idea di spaccare la coesione ideologica interna a ciò che restava del Fascismo, creando a tavolino due “correnti”, una di “destra” ufficialmente “filo-atlantica” e presidenzialista, l’altra di “sinistra”, ufficialmente contestatrice dell’atlantismo e socializzatrice, ha contraddistinto permanentemente il mondo politico che proclamava apertamente la propria provenienza dal regime mussoliniano (o che come tale verrà sempre qualificato dalla stampa antifascista!), contribuendo con ciò in modo determinante a minare nell’opinione pubblica l’immagine ideologicamente unitaria dell’edificio filosofico-politico precedentemente diffusa in venti anni di regime fascista. Come abbiamo specificato nelle nostre ricerche (vedi qui), la tattica dei cosiddetti neofascisti missini, riferendosi al Fascismo come ad un movimento politico anti-ideologico inquadrabile nel sistema Liberale, ovvero, portatore di “correnti” che, secondo la loro fallace interpretazione, “soltanto il “Capo carismatico” era stato capace di “mantenere unite” per motivazioni meramente tattiche e “pragmatiche”, rese molto più semplice il loro già programmato assorbimento istituzionale nel nuovo Stato antifascista. Il cosiddetto “neofascismo”, creatura politica dei vincitori del secondo conflitto mondiale (al pari di tutti i partiti italiani!), nonché strumento DA SEMPRE utile per garantire gli equilibri già stabiliti a Yalta, è stato fondamentale anche in questo ambito. Il Movimento Sociale Italiano, creato proprio per stabilizzare tali equilibri, sfruttò ampiamente questo “doppio profilo” in modo spregiudicato, usando le proprie “correnti interne” di volta in volta sia per puntellare il partito di maggioranza di Governo, la Democrazia Cristiana, che facendo finta contemporaneamente di contestarlo. Ma in relazione al tema principale oggetto di questo nostro scritto, ci pare peculiare il riferimento che tutto il MSI, anche se principalmente nella sua “ala sinistra contestatrice”, aveva nel “Manifesto di Verona”. Infatti, quella che per l’opinione pubblica verrà sempre dipinta da Giornali e Televisioni come la “Destra”, si auto-definiva comunque da sempre come “sociale” (Movimento Sociale…), proprio perché vantava l’eredità del Manifesto e della REPUBBLICA di Mussolini, che era SOCIALE e ITALIANA, dunque Fascista. Invece, chi dall’interno di quel partito contestava tale linea, denunciando il tradimento di quell’eredità politica, però, lo faceva ugualmente sempre in base a quel “Manifesto”, attaccando la condotta politica della “dirigenza” del MSI qualificata come puntello dell’atlantismo, volendo utilizzare come “cavallo di Troia” proprio alcuni principi Sociali fascisti, che si diceva di voler perseguire concretamente e non soltanto in modo propagandistico. La paventata rivendicazione del fondamento “Sociale” del Fascismo (che sfociava non poche volte in veri e propri appelli al Socialismo!) da parte della “sinistra neofascista”, in contrapposizione con la “destra”, fu così non meno deleteria e funzionale nei riguardi della cosiddetta “strategia della tensione” rispetto al contraltare istituzionale rappresentato dalla “dirigenza” (emblematica al riguardo la vicenda di Vincenzo Vinciguerra, qui). Il risultato politico voluto ed ottenuto da chi manovrava gli equilibri dell’intero arco partitico italiano, fu in questo caso quello di sgretolare l’Identità Fascista e di fagocitare il cosiddetto neofascismo nel Sistema di potere dominante, ideologicamente a traino dei due “blocchi” egemonici, USA ed URSS, con le rispettive “correnti” di “destra” e di “sinistra”, in tutto uguali agli altri gruppi politici istituzionali dell’arco parlamentare, sebbene tenendo sempre ad assumere esteriormente una patina di radicalità. Esattamente quello che ancor oggi avviene nel barcollante teatrino della pseudo-politica italiana, sebbene nomi e sigle siano mutate nel corso dei decenni ed il giochino sia ormai ampiamente sbugiardato, mettendo così a nudo la natura di quella che è una vera e propria “repubblica delle banane” senza alcuna sovranità e sottoposta all’arbitrio di poteri sovranazionali (qui). Proprio sulla base della interpretazione falsa che il “Manifesto di Verona” rappresenti il programma di un partito (per giunta “di sinistra”!) e che il Partito Fascista in quel frangente storico avesse “abbracciato” o fosse “ritornato” su di una linea politica di “sinistra”, si è riusciti a puntellare per decenni la “macchina dell’elettoralismo” post-bellico, coinvolgendo sia sul versante “destro che sinistro” quel consenso che prima era stato del Fascismo! Anche per questo motivo, oggi, come ieri, durante le immancabili “tornate elettorali”, utili solo a dare ai cittadini l’impressione menzognera di conservare un imprecisato potere decisionale nel processo politico, torna in voga la caccia ai “fascisti”, definendo come tali da parte dei media del Sistema, tutta una serie di soggetti politici che ideologicamente col Fascismo non hanno nulla a che vedere, ma casomai, ne rappresentano la diretta negazione con la loro stessa esistenza finalizzata esclusivamente a legittimare il moribondo baraccone liberal-democratico e le sue divisioni fittizie del corpo politico e sociale! (qui) Tutto ciò, ovviamente, mantenendo sempre quel “doppio profilo”, istituzionale e ufficioso che caratterizza da sempre tutti gli pseudo gruppi politici italy-oti, in virtù del quale è stato possibile puntellare per oltre 70 anni la “macchina del consenso” manipolato di cui sopra. Di fatto, tale architettura politica non è MAI cambiata, e lo schema si ripete ciclicamente dal 1946!
II°) Il “Manifesto di Verona” in linea generale rappresenta il necessario preambolo alla vera Costituente popolare e sovrana e il suo fine riguarda l’odierna situazione nazionale italiana.
Certamente il Manifesto conserva tutti i tratti di una traccia di idee da sviluppare ulteriormente, principii che presuppongono la conoscenza del pregresso sviluppo politico ideologico e normativo del Partito Fascista e che si radicano nel Costituzionalismo Statuale proprio della Dottrina Fascista attuata fino al 1943 (ne abbiamo parlato qui), la cui eredità doveva proseguire nella forma della Repubblica Sociale Italiana. Sicuramente, all’interno dei punti di cui esso è composto, si ritrovano tanto temi ideologici-cardine del Fascismo (sebbene essi non esauriscono affatto la Dottrina Fascista dello Stato!) aventi valore assiomatico ed irrinunciabile, così come evidenti temi politici contingenti che attengono all’evento bellico globale che fungeva da cornice storica di quel particolare frangente nel quale vennero elaborati, dunque suscettibili di cambiamenti e modifiche in ragione della mutabilità degli eventi. Uno di questi punti è palesemente il numero 7, in cui si trova la classificazione degli Ebrei quale “Nazione” in guerra contro l’Italia e pertanto considerati quali “nemici” “per la durata del conflitto”. Ma, esattamente al contrario di quanto viene propagandato in modo tanto ossessivo quanto pretestuoso dalla vulgata antifascista, proprio quell’articolo fa intendere chiaramente come tale status fosse contingente insieme alla relativa qualifica, entrambi aventi un vincolo legato ad un particolare evento storico, ambedue destinati pertanto a decadere con la fine delle ostilità (tema di cui abbiamo già scritto appositamente, es. qui). Innegabilmente, poi, se si vuol comprendere come sia stato possibile riuscire a degradare la concezione organica del Fascismo in una forma più o meno radicale di “Stato Sociale”, altrimenti detto Welfare State, va riconosciuto che la causa risiede nell’assolutizzazione forzata dell’articolo 12 del “Manifesto di Verona”, indebitamente trasformato in “punto cardine del programma di UN partito”, con ciò decontestualizzandone il contenuto tanto a livello ideologico che storico-politico. Ovviamente riconoscendo che tutto questo non sarebbe potuto accadere se taluni di coloro che avevano avuto rapporti col “regime Fascista”, non avessero contribuito essi stessi a frantumarne l’unità ideologico-dottrinale, generando così la “transizione morbida” verso il correntismo di “destra e sinistra” congeniale alla repubblica antifascista a trazione anglo-americana. Tuttavia quel che contraddistingue davvero in modo peculiare il “Manifesto di Verona” rivelandone l’intima essenza, venne specificato direttamente da Benito Mussolini, nello storico discorso tenuto al Teatro lirico di Milano il 16 Dicembre del 1944: “Nel mese di Ottobre (1943) fu da me elaborato e riveduto quello che nella storia politica italiana è il “manifesto di Verona”, che fissava in alcuni punti abbastanza determinati il programma non tanto del Partito, quanto della Repubblica.” (2) Dunque, viene autorevolmente confermato dallo stesso Duce che non di “programma di partito” si tratta, bensì di “programma della Repubblica”, più specificamente – come campeggiava persino nei titoli dei quotidiani del periodo e viene specificato ulteriormente nel punto 18 dello stesso documento – di un preambolo alla Assemblea Costituente. Proprio il “Congresso Fascista di Verona”, doveva confermare le linee politiche guida della ventura Assemblea Costituente, di cui gli articoli del Manifesto da esso approvato rappresentano le basi iniziali per la Costituenda Repubblica Fascista. In virtù di tali caratteristiche il Manifesto NON PUO’ assumere oggettivamente i caratteri di “programma di partito”, perché non gli sono propri. In proposito, va specificato che nell’esporre una serie di indirizzi di carattere politico e sociale, risulta indubitabilmente inoppugnabile che essi PRESUPPONGONO quale loro fondamento filosofico, morale e politico il contenuto della Dottrina del Fascismo, assunta integralmente a valore fondamentale di riferimento della Costituzione della Repubblica (che resta Fascista!), senza voler affatto sostituirsi ad essa dando vita a nuove teorie politiche. In breve, il Manifesto di Verona, espunto da tutto ciò che aveva esclusivamente a che fare con le contingenze belliche del particolare momento storico in cui venne elaborato, per quel che invece concerne i principi etici, politici e sociali generali che esso esprime, mostra tutt’ora la propria vitale attualità, proprio perché in assoluta continuità ideologica con gli assiomi dottrinali ufficiali del Fascismo, incentrati sulla peculiare concezione Spirituale ed organicista che ne contraddistingue la visione del mondo (qui). Invece, anche in virtù della manipolazione attuata da parte delle istituzioni politiche della repubblica antifascista, di cui il neofascismo è parte integrante, essa ha potuto perseguire l’obiettivo della “strategia della tensione permanente” finalizzata a dividere il corpo politico e sociale della Nazione, avvalendosi della propria interpretazione distorta e occultando fino ad oggi persino il più reiterato dei messaggi politici di quel documento, che manifesta chiaramente quella che da 79 anni costituisce LA PIU’ IMPELLENTE NECESSITA’ STORICA DELL’ITALIA, ossia, di convocare una VERA ASSEMBLEA COSTITUENTE SOVRANA, che ancor oggi attende di essere indetta, coinvolgendo TUTTO il Popolo Italiano, nel momento in cui esso sarà davvero Libero!
Dunque, il “nodo gordiano” da sciogliere per essere davvero cittadini liberi e “Sovrani”, è quello di attuare la Sovranità Statale-Nazionale nel solco della nostra CIVILTA’, che è Romana e Cristiana, che nell’attuale situazione politica in cui versa la Nazione italiana, nessun pretestuoso ricorso ad elezioni fasulle, nessun partito, gruppo, associazione o “sindacato” quinta colonna del Sistema pluto-massonico globalista vigente, potrà mai recidere, essendo tutti costoro solo tentacoli di un potere criminale e satanico. Riuscirà solo IL POPOLO ITALIANO finalmente risvegliatosi dall’incubo distopico in cui è stato precipitato da un’accolita di farabutti prezzolati (qui), riuscirà alla luce del Costituzionalismo espresso dalla Dottrina del Fascismo e dalla Fede che deve ritrovare, riuscirà nel solco della vera identità espressa dal “Manifesto di Verona”!
IlCovo
NOTE
1) Testo integrale dei 18 Punti del Manifesto del Congresso del P.F.R., del 14 novembre 1943:
IN MATERIA COSTITUZIONALE E INTERNA
- – Sia convocata la Costituente, potere sovrano di origine popolare, che dichiari la decadenza della monarchia, condanni solennemente l’ultimo re traditore e fuggiasco, proclami la repubblica sociale e ne nomini il capo.
- – La Costituente sia composta dai rappresentanti di tutte le associazioni sindacali e di tutte le circoscrizioni amministrative comprendendo i rappresentanti delle province invase attraverso le delegazioni degli sfollati e dei rifugiati sul suolo libero. Comprenda altresì le rappresentanze dei combattenti; quelle dei prigionieri di guerra, attraverso i rimpatriati per minoranze; quelle degli italiani all’estero, quelle della magistratura, delle Università e di ogni altro Corpo o Istituto la cui partecipazione contribuisca a fare della Costituente la sintesi di tutti i valori della Nazione.
- – La Costituzione repubblicana dovrà assicurare al cittadino – soldato, lavoratore e contribuente, il diritto di controllo e di responsabile critica sugli atti della pubblica amministrazione. Ogni cinque anni il cittadino sarà chiamato a pronunciarsi sulla nomina del Capo della Repubblica. Nessun cittadino, arrestato in flagrante o fermato per misure preventive, potrà essere trattenuto oltre i sette giorni senza un ordine dell’autorità giudiziaria. Nell’esercizio delle sue funzioni la magistratura agirà con piena indipendenza.
- – La negativa esperienza elettorale già fatta dall’Italia e l’esperienza parzialmente negativa di un metodo di nomina troppo rigidamente gerarchico contribuiscono entrambe ad una soluzione che concili le opposte esigenze. Un sistema misto (ad esempio, elezione popolare dei rappresentanti alla Camera e nomina dei Ministri da parte del Capo della Repubblica e del Governo e, nel Partito, elezioni di Fascio, salvo ratifica, e nomina del Direttorio nazionale da parte del Duce) sembra il più consigliabile.
- – L’organizzazione a cui compete l’educazione del popolo ai problemi politici è unica. Nel Partito, ordine di combattenti e di credenti, deve realizzarsi un organismo di assoluta purezza politica, degno di essere il custode dell’idea rivoluzionaria. La sua tessera non è richiesta per alcun impiego od incarico.
- – La religione della Repubblica è la cattolica apostolica romana. Ogni altro culto che non contrasti le leggi è rispettato.
- – Gli appartenenti alla razza ebraica sono stranieri. Durante questa guerra appartengono a nazionalità nemica.
IN POLITICA ESTERA
- – Fine essenziale della politica estera della Repubblica dovrà essere l’unità, l’indipendenza, l’integrità territoriale della Patria nei termini marittimi ed alpini segnati dalla natura, dal sacrificio di sangue e dalla Storia, termini minacciati dal nemico con l’invasione e con le promesse ai governi rifugiati a Londra. Altro fine essenziale consisterà nel far riconoscere la necessità degli spazi vitali indispensabili ad un popolo di 45 milioni di abitanti sopra un’area insufficiente a nutrirli. Tale politica si adopererà inoltre per la realizzazione di una comunità europea, con la federazione di tutte le Nazioni che accettino i seguenti principi fondamentali :
- a) eliminazione dei secolari intrighi britannici dal nostro continente;
- b) abolizione del sistema capitalistico interno e lotta contro le plutocrazie mondiali;
- c) valorizzazione a beneficio dei popoli europei e di quelli autoctoni delle risorse naturali dell’Africa, nel rispetto assoluto di quei popoli, in specie musulmani, che come l’Egitto sono già civilmente e nazionalmente organizzati.
IN MATERIA SOCIALE
- – Base della Repubblica Sociale e suo soggetto primario è il lavoro, manuale, tecnico, intellettuale, in ogni sua manifestazione.
- – La proprietà privata, frutto del lavoro del risparmio individuale, integrazione della personalità umana, è garantita dallo Stato. Essa però non deve diventare disintegratrice della personalità fisica e morale di altri uomini, attraverso lo sfruttamento del loro lavoro.
- – Nell’economia nazionale tutto ciò che per dimensioni o funzioni esce dall’interesse singolo per entrare nell’interesse collettivo, appartiene alla sfera d’azione che è propria dello Stato. I pubblici servizi e, di regola, le fabbricazioni belliche devono venire gestiti dallo Stato a mezzo di enti parastatali.
- – In ogni azienda (industriale, privata, parastatale, statale) le rappresentanze dei tecnici e degli operai coopereranno intimamente, attraverso una conoscenza diretta della gestione, all’equa fissazione dei salari, nonché all’equa ripartizione degli utili tra il fondo di riserva, il frutto al capitale azionario e la partecipazione agli utili stessi per parte dei lavoratori. In alcune imprese ciò potrà avvenire con una estensione delle prerogative delle attuali commissioni di fabbrica, in altre sostituendo i consigli di amministrazione con Consigli di gestione composti da tecnici e da operai con un rappresentante dello Stato. In altre ancora in forma di cooperativa parasindacale.
- – Nell’agricoltura, l’iniziativa privata del proprietario trova il suo limite là dove l’iniziativa stessa viene a mancare. L’esproprio delle terre incolte e delle aziende mal gestite può portare alla lottizzazione tra braccianti da trasformare in coltivatori diretti, o alla costituzione di aziende cooperative, parasindacali o parastatali, a seconda delle varie esigenze dell’economia agricola. Ciò è del resto previsto dalle leggi vigenti, alla cui applicazione il Partito e le organizzazioni sindacali stanno imprimendo l’impulso necessario.
- – E’ pienamente riconosciuto ai coltivatori diretti, agli artigiani, ai professionisti, agli artisti il diritto di esplicare le proprie attività produttive, individualmente, per famiglie o per nuclei, salvi gli obblighi di consegnare agli ammassi la quantità di prodotti stabilita dalla legge o di sottoporre a controllo le tariffe delle prestazioni.
- – Quello della casa non è soltanto un diritto di proprietà, è un diritto alla proprietà. Il Partito iscrive nel suo programma la creazione di un Ente nazionale per la casa del popolo, il quale assorbendo l’istituto esistente e ampliandone al massimo l’azione provvede a fornire in proprietà la casa alle famiglie dei lavoratori di ogni categoria, mediante diretta costruzione di nuove abitazioni o graduale riscatto delle esistenti. In proposito è da affermare il principio generale che l’affitto, una volta rimborsato il capitale e pagatone il giusto frutto, costituisce titolo d’acquisto. Come primo compito, l’Ente risolverà i problemi derivanti dalle distruzioni di guerra, con requisizione e distribuzione di locali inutilizzati e con costruzioni provvisorie.
- – Il lavoratore è iscritto d’autorità nel sindacato di categoria, senza che ciò impedisca di trasferirsi in altro sindacato quando ne abbia i requisiti. I sindacati convergono in un’unica Confederazione che comprende tutti i lavoratori, i tecnici, i professionisti, con esclusione dei proprietari che non siano dirigenti o tecnici. Essa si denomina Confederazione Generale del Lavoro, della Tecnica e delle Arti. I dipendenti delle imprese industriali dello Stato e dei servizi pubblici formano sindacati di categoria, come ogni altro lavoratore. Tutte le imponenti provvidenze sociali realizzate dal Regime fascista in un ventennio restano integre. La Carta del Lavoro ne costituisce nella sua lettera la consacrazione, così come costituisce nel suo spirito il punto di partenza per l’ulteriore cammino.
- – In linea di attualità il Partito stima indilazionabile un adeguamento salariale per i lavoratori attraverso l’adozione di minimi nazionali e pronte revisioni locali, e più ancora per i piccoli e medi impiegati tanto statali che privati. Ma perché il provvedimento non riesca inefficace e alla fine dannoso per tutti occorre che con spacci cooperativi, spacci d’azienda, estensione dei compiti della “Provvida”, requisizione dei negozi colpevoli di infrazioni e loro gestione parastatale o cooperativa, si ottenga il risultato di pagare in viveri ai prezzi ufficiali una parte del salario. Solo così si contribuirà alla stabilità dei prezzi e della moneta e al risanamento del mercato. Quanto al mercato nero, si chiede che gli speculatori, al pari dei traditori e dei disfattisti, rientrino nella competenza dei Tribunali straordinari e siano passibili di pena di morte.
- – Con questo preambolo alla Costituente il Partito dimostra non soltanto di andare verso il popolo, ma di stare col popolo. Da parte sua il popolo italiano deve rendersi conto che vi è per esso un solo modo di difendere le sue conquiste di ieri, oggi, domani: ributtare l’invasione schiavistica della plutocrazia anglo-americana, la quale, per mille precisi segni, vuole rendere ancora più angusta e misera la vita degli italiani. V’è un solo modo di raggiungere tutte le mete sociali: combattere, lavorare, vincere.
2) Benito Mussolini, Opera Omnia, vol. XXXII, p. 130