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Lo Stato e la Chiesa nella concezione dottrinale fascista.

simbolo art. stato fasc.

Nell’anniversario della firma dei Patti Lateranensi, stipulati l’11 febbraio 1929, la “Biblioteca del Covo” propone ai propri lettori la lettura di un documento ideologico fondamentale per la comprensione del ruolo storico imprescindibile riconosciuto nella Dottrina fascista alla Chiesa Cattolico Romana.

STATO E CHIESA.

  1. « Nessuna persona morale, nemmeno lo Stato, assorbe completamente la vita individuale dei suoi componenti » (1). Il bene comune, considerato dalla dottrina politico-nazionale, pur essendo per eccellenza un bene dello spirito, ed anzi un bene morale, è pur sempre un « bene temporale », cioè un bene terreno. « Il promovimento del bene comune temporale è il fine proprio dell’autorità civile » (2). E per vero « il primo connotato del bene comune è quello di essere confinato nella vita presente, nella sfera terrestre, nell’ambito temporale » (3). Si è già detto d’altra parte che la trascendenza non va confusa col soprannaturale. Il problema dell’ al di là, del soprannaturale, dell’eterno, la nostra dottrina, lo riconosce di spettanza di un’altra società perfetta, del tutto sui generis, che si chiama la Chiesa e in genere delle « associazioni cultuali », trattandosi di confessioni diverse da quella cattolica. Però occorre distinguere i rapporti istituzionali fra lo Stato e le varie organizzazioni confessionali da quelli spirituali che avvincono alla religione la potenza. Estraneo al disegno di questo lavoro è l’argomento dell’origine del fenomeno religioso, solo avvertendo che « la nozione stessa di religione, coi suoi caratteri precisi e coscienti, è qualche cosa di recente nell’evoluzione umana » (4). Peraltro non possiamo disinteressarci dal problema, del compito che ha la religione nella storia, posto che dovunque e sempre noi troviamo la religione mescolata alla vita, sebbene la più stupefacente varietà di manifestazioni si accerti nel fenomeno religioso. E per vero, questo fenomeno si organizza in proprie istituzioni, le quali spesso sono state la salvaguardia delle istituzioni politiche. Controverso è il rapporto tra la religiosità e la moralità, indiscutibile è quello tra la religione e la civiltà, dacché l’elemento fideistico della religione (5) implica lo sforzo verso l’unità che è il grande tormento e il grande motore dello spirito. Il Fascismo non si ritiene affatto agnostico rispetto al fenomeno della religiosità. MUSSOLINI ha dichiarato: «Lo Stato fascista non rimane indifferente di fronte al fatto religioso in genere e a quella particolare religione positiva che è il cattolicesimo italiano. Lo Stato non ha una teologia, ma ha una morale. Nello Stato fascista la religione viene considerata come una delle manifestazioni più profonde dello spirito; non viene quindi soltanto rispettata, ma difesa e protetta. Lo Stato fascista non crea un suo Dio, cosi come volle fare ad un certo momento, nei deliri estremi della Convenzione, Robespierre; né cerca vanamente di cancellarlo dagli animi come fa il bolscevismo; il Fascismo rispetta il Dio degli asceti, dei santi e degli eroi, e anche il Dio, così come è visto e pregato dal cuore ingenuo e primitivo del popolo » (6). Anche su questo argomento la posizione della dottrina fascista è del tutto originale. Infatti, il rapporto tra il fenomeno religioso e il fenomeno politico è stato molto diversamente apprezzato nel corso della civiltà europea e i più svariati ordinamenti positivi sono stati sperimentati nei secoli per disciplinarlo. La « città classica » fu veramente un’entità perfetta e compiuta, nel senso più rigoroso della parola, sulla base di una religione cittadina o nazionale. « Ciascuna città aveva degli Dei che non appartenevano che ad essa» (7). Fu una comunità cultuale, cioè religiosa, oltre che una comunità politica. Anche per lo Stato romano lo jus sacrorum fu una parte dello jus publicum. Si deve al Cristianesimo se, nel quadro dell’unità romana, divenuta unità imperiale delle genti europee, si affermò una nuova dottrina, religiosa accessibile a tutti i popoli e annunciatrice di un solo Dio. Si deve al Cristianesimo e, in modo specifico, al Cattolicesimo la geniale, terribile, ma feconda riforma che venne introdotta nel mondo separando i compiti della società civile da quelli della società religiosa. Le parole di CRISTO: « Date a Cesare quello che è di Cesare, date a Dio quello che è di Dio », hanno aperto una serie di difficoltà che non si risolveranno mai. Da un lato esse hanno intaccato la pienezza dello Stato, perché hanno fondato una società religiosa visibile che si è giustapposta alla società civile. Dall’altro nella coscienza individuale hanno suscitato dubbi e incertezze sulla possibilità di conciliare i doveri della duplice destinazione dell’uomo; quelli verso Dio e quelli verso lo Stato. E pure l’indipendenza della religione dallo Stato, inesattamente presentata quale indipendenza dello « spirituale » dal « temporale », è una condizione indispensabile perché si possano salvare i valori fondamentali dello spirito. E’ indispensabile mantenere aperta una sorgente dei valori dello Spirito al di fuori dello Stato, per impedire che essi vengano sacrificati alla prevalenza degli interessi materiali e allo sfrenarsi delle passioni politiche. I valori fondamentali dello spirito si riassumono, infatti, nel sentimento della « dignità umana », che ebbe la sua dichiarazione assoluta dalla stessa voce di CRISTO col discorso dal monte Carmelo e che si riallaccia d’altronde alla tradizione romana del civis e della sua dignità di soggetto giuridico. Al sentimento della dignità umana corrisponde il principio della « responsabilità attiva » dell’individuo, che la Chiesa ha sempre difeso con la dottrina del « libero arbitrio » e con la dottrina della « salvazione mediante le opere ». Tale è il significato della « personalità » che il pensiero moderno ha travisato nel concetto egoistico dell’« individualità » assumendo che l’uomo debba ritrovare se stesso col mettersi e fuori della Chiesa e fuori dello Stato, vale a dire fuori delle due concrete manifestazioni superiori dello spirito. Si comprende perciò come la distinzione tra lo Stato e la Chiesa sia uno dei baluardi della civiltà e come il problema della « libertà religiosa » soltanto nei termini di siffatta esigenza acquisti un valore costruttivo.
  1. Ma si comprende nel medesimo tempo come la distinzione non significhi né separazione né negazione. I compiti della Chiesa e dello Stato sono interferenti in tutte le cosiddette « materie miste »; nelle quali i due problemi si mescolano e i due poteri vengono a stretto contatto. Ed occorre, soprattutto, una positiva consapevolezza della reciproca interferenza in cui versano i fenomeni della religione e quelli dello Stato, tenuto conto, come avvertiva Vico, che « la religione unicamente è efficace a farci virtuosamente operare, perché la filosofia, è piuttosto buona per ragionare ». Questo ultimo tratto segna il profondo divario che intercede tra la concezione fascista e le concezioni liberali e socialiste del problema. Per il liberalismo prevaleva un criterio di svalutazione della religione, anche per ciò che essa si presenta come una forma di tradizione. Dalla propria concezione naturalistica della vita il liberalismo fu indotto a riconoscere una inferiorità della religione di fronte alla scienza e a prevedere la progressiva scomparsa del sentimento religioso. Per il liberalismo la religione non poteva essere un argomento di ordine pubblico, ma un semplice particolare nel solito sistema negativo delle « libertà », valutate rispetto all’individuo (« libertà di coscienza », « libertà di culto »). I liberali potevano appena arrivare ad ammettere che la famiglia monogamica costituisse un interesse generale; non già che lo costituisse la religione. In corrispondenza essi propendevano per la « morale laica », iniziata dalla rivoluzione protestante. La quale era, del resto, profondamente illogica, come quella che pretendeva di « umanizzare » la religione pur affermando di voler rispettare la rivelazione. « Se la riforma, come rivoluzione religiosa, non ha ucciso il diritto divino nella lettera, l’ha ucciso però nello spirito » (8). Nella socialdemocrazia i motivi areligiosi del liberalismo furono svolti dalla filosofia delle società segrete affermante una fiducia assoluta nel « progresso della scienza ». Essi vennero spinti fino all’irreligiosità programmatica ed ebbe corso ufficiale l’« anticlericalismo ». Il quale diventò il minimo comune denominatore di tutte le manifestazioni distruttive e antiumane. E’ notevole che l’atteggiamento anticlericale sia attenuato e quasi manchi nei paesi dove prevalgono le « chiese riformate ». Il marxismo, ripreso oggi dal bolscevismo, negò ogni valore alla religione. Si dichiarò nel « Manifesto ai comunisti » che la religione faceva parte delle soprastrutture « borghesi » della vita. Si insegnò: « Prima di abbattere lo Stato bisogna abbattere la Chiesa. Perché la religione è la base dell’ordinamento sociale esistente e solo la completa distruzione della religione può eliminare questo ordinamento. La pandistruzione è distruzione specialmente della fede. Basta distruggere questa per distruggere anche lo Stato; non vi ha, non vi può essere, Stato senza religione » (9). « La religione » — ha ieri rincarato LENIN, parafrasando MARX, — « è l’oppio per il popolo ». Si giunge così al « comunismo ateo: il quale non è una dottrina, non un istituto, non il principio di una nuova tradizione e di un diritto nuovo, con che si cesserebbe di negare e si ricomincerebbe ad affermare. Quel che resta è solo la materia, la massa umana, il numero, la forza, la tecnica, la macchina. Di questa quantità senz’anima bisogna fare la collettività » (10). Dovunque ha potuto il comunismo ateo non ha esitato a scatenare gli orrori della persecuzione religiosa. Invece in modo specifico il Fascismo riconosce il valore della religione col restaurare il senso dei valori inerenti all’elemento della tradizione. Mentre il bolscevismo aggrava fino all’estremo il dissidio tra il passato e l’avvenire, rincalzando sulla negazione originaria della filosofia cartesiana, le rivoluzioni nazionali e popolari si alimentano dalla coscienza della continuità della stirpe e professano che nella religione va riconosciuta la più profonda esperienza storica di un popolo.
  1. E veramente, la asserita impossibilità di conciliare la scienza, e la religione è priva di qualsiasi fondamento. L’antitesi fra, scienza e credenza, fra il sapere e la fede, è falsa. Lo è soprattutto nei termini nei quali dal pensiero individualista è stata intesa la scienza, ridotta a una semplice esercitazione delle facoltà cerebrali sulla materia. Se le indagini scientifiche riescono ad estendere l’orbita delle cognizioni nel mondo fisico, esse sono prive di qualsiasi efficacia nel mondo morale. È doveroso confessare che la « civiltà moderna » si trova per la conoscenza delle forze spirituali di gran lunga al disotto di parecchie civiltà antiche. Del resto, anche le frontiere del mondo fisico sono infinite. Il mistero si riaffaccia più potente appena è scoperto il segreto di un particolare. Giustamente MUSSOLINI ha dichiarato: « Non ritengo che la scienza possa arrivare a spiegare il perché dei fenomeni e quindi rimarrà sempre una zona di mistero, una parete chiusa. Lo spirito umano deve scrivere su questa parete una sola parola: Dio! Quindi a mio avviso non può esistere un conflitto fra scienza e fede. Queste sono polemiche di venti o trent’anni fa, ma io credo che le menti delle nuove generazioni, siano già al di là di queste cose » (11). Ma il fenomeno religioso è legato a più profonde esigenze dello spirito che non siano quelle del sapere. Fino a che l’uomo sentirà il bisogno dei fini e dei valori soprannaturali, cioè fino a quando sarà soggetto alla morte, vi sarà una religione. Se religione e morale siano tutt’una cosa è questione dibattuta, alcuni degli studiosi della psicologia sociale pretendendo di connettere il fenomeno religioso soltanto al problema della conoscenza. « Errano coloro che credono che la Chiesa non possa conservarsi che a condizione di collaborare alla civiltà temporale » (12). Invece, non si può negare la stretta interferenza che esiste tra la religione e il sentimento. Come rilevava il WUNDT, per contestare che la religione derivi dalla mitologia, bisognerebbe anche dimostrare che la mitologia risponderebbe ad un bisogno della conoscenza, mentre essa è la creazione di un sentimento e si riduce al complesso delle rappresentazioni che il sentimento elabora. Si può anche ritenere, con HUXLEY, che la scienza possa incoraggiare uno spirito religioso più vero e più puro. Appunto il progresso scientifico può dimostrare che la vera certezza non è nel regno dell’intelletto, ma in quello del cuore; non nel dominio dell’esperienza scientifica, ma in quello della esperienza religiosa. Comunque il problema attuale della scienza è quello di liberarla dal carattere « antiumano » che essa ha assunto. La più grave antinomia della esistenza di oggi è quella costituita dall’insufficienza spirituale del sapere. Donde il programma di « umanizzare la scienza ». Anche in linea di fatto la previsione della « razionalizzazione integrale » dell’umanità appare fallita. L’attenuazione del sentimento religioso, nella sua forma tradizionale, era stata bensì determinata nei ceti operai dal prevalere della mentalità industrialista suscitata dalla macchina. Ma nella coscienza delle masse — e non soltanto di quelle operaie o contadine — domina tuttavia l’emotività; la quale dà luogo talvolta a pratiche superstiziose, oppure a stati di fede, del tutto irrazionali; anche a beneficio di agitatori volgari che spesso vengono fatti segno ad una vera e propria venerazione da parte dei loro seguaci. La propaganda antireligiosa ha suscitato nuovi fenomeni, per avventura meno elevati, di misticismo popolare. Nel disegno di ridurre i moventi della vita al mero « razionale » i regimi individualisti attaccarono le radici delle religioni storiche, col risultato di lasciar affiorare gli strati della passionalità primitiva, generatori di incubi ideologici e di utopie mostruose. Il motivo più efficace per la presa sulle coscienze esercitata dal socialismo marxista consistette nella speranza di una salvazione terrena, che esso presentava con la fatalità di una fantastica legge storica inserita sulla solita trama dell’evoluzionismo. Quello espresso dal bolscevismo è condensato nella formula, perfettamente assurda e falsa, ma tremendamente suggestiva, della « dittatura del proletariato ». Per contro nelle resistenze e nelle reazioni difensive e costruttive dei movimenti nazionali e popolari in corso è evidente la ripresa dei motivi religiosi custoditi dalla tradizione della stirpe e il prorompere di un nuovo « patriottismo sociale », capace di elevarsi a toni di vera e propria religiosità. Ed è appunto quello delle « alte tensioni ideali » il clima propizio ai grandi processi di rinnovazione religiosa.
  1. Altresì valore decisivo ha il riconoscimento di un rapporto positivo tra religione e politica; tra Chiesa e Stato. Questo è correlativo al rapporto che si deve riconoscere tra religione e morale. Al qual riguardo MUSSOLINI ha detto della religione che essa « è la rivelazione di quelle verità eterne senza di che la lotta dell’uomo contro l’uomo, di tutti contro tutti, finirebbe nel caos selvaggio e nel tramonto di ogni civiltà » (13). E già Vico aveva affermato che: « Senza la religione di una qualsiasi divinità giammai gli uomini convennero in nazione »; precisando: « perché la pietà era dalla Provvidenza ordinata a fondare le nazioni, appo le quali la pietà volgarmente è la madre di tutte le morali; economiche e civili virtù e la religione unicamente è efficace a farci virtuosamente operare, perché la filosofia è piuttosto buona per ragionare » (14). Il WUNDT ricusò il concetto di una rivelazione religiosa e di una originalità dell’idea di Dio. Ritenne peraltro di dover accertare uno svolgimento del fenomeno religioso in linea parallela allo svolgimento dello Stato. L’origine degli dei, nel senso evolutivo da lui ritenuto, implicherebbe alcuni concetti, come la residenza ultraterrena, l’immortalità e la responsabilità del Dio. Quest’ultima idea sarebbe nettamente legata all’idea dell’« eroe »; la quale non sorge se non dall’esperienza che si compie nella formazione dello Stato. G. FOOT MOORE (15), pur rifiutando di ammettere l’unità originaria di morale e religione, rileva che l’analogia degli dei con i re terreni, svolse il concetto del « Dio vendicatore dell’ingiustizia ». Ed aggiunge: « Che attraverso questo processo la morale abbia acquistato l’autorità e la sanzione religiosa è un fatto di grande importanza nella storia della religione ». È significativo che il tempio, edificio di protezione dell’altare, avesse la sua sede nella rocca, o acropoli, o cittadella, che era il presidio della comunità. La religione, nelle sue forme più remote appare, come si è detto, cittadina e nazionale. Sarebbe divenuta universale, per il WUNDT, quando la figura della divinità si sarebbe trasformata da personale in impersonale. Siffatto processo, dunque, sarebbe in rapporto col sorgere di una religione mondiale e pertanto con lo svolgimento imperiale dello Stato. Noi vedremo fra poco come la concezione popolare dello Stato conferisca allo Stato medesimo un contenuto e una dignità morale e vedremo altresì come nello svolgimento dello Stato fino all’idea dell’Impero si esprima il tentativo di una sintesi tra la morale e la religione. Ma, anche sotto il profilo più ristretto del problema della potenza in rapporto al fatto del governo, e al principio dell’autorità, giammai i poteri costituiti hanno potuto prescindere, senza proprio pregiudizio, dal suffragio della religione. Indiscutibile è che la coscienza mediterranea della civiltà europea ha per lungo tempo mantenuto ferma la convinzione di un rapporto necessario fra la missione imperiale di Roma e la missione cattolica della Chiesa. La definizione ufficiale di Chiesa Cattolica Apostolica Romana conferma siffatto riconoscimento; il quale fa parte ormai del contenuto storico della stessa confessione cattolica. Anteriore a Dante era l’opinione che il popolo romano avesse ricevuto da Dio il compito di preparare la dominazione della Chiesa. Dante non fece che capovolgere il rapporto, indicando nella circostanza che Cristo fosse nato sotto Augusto, il segno della « prevalente santità dei Romani ». Tutta la grande contesa del medioevo sul rapporto tra i due poteri vuol riguardarsi uno dei più elevati dibattiti della nostra civiltà, anche se le corrispondenti posizioni pratiche sono ormai venute meno. È doveroso, infatti, apprezzare con equanimità la pretesa teocratica durante l’età di mezzo. Le condizioni di barbarie, determinate dalle ondate germaniche, avevano concentrato nel clero non soltanto le cure della religione, ma anche quelle della cultura e della stessa politica. La quale non è davvero esclusivamente esercizio di forza. La Chiesa aveva titoli di primo ordine al comando. Nota il FISCHER: « I sovrani teutonici erano abilissimi nell’inseguire cinghiali e cervi, nel massacrare e nel saccheggiare i nemici. Ma senza l’aiuto della Chiesa non avrebbero saputo governare » (16) Comunque, la contesa fra i due poteri attesta la connessione inestricabile tra il problema religioso e quello politico. La quale S. TOMMASO aveva creduto risolvere affermando: « In his autem quae ad bonum civitatis pertinent est magis oboediendum potestati saeculari quam spirituali ». Donde BELLLARMINO (17) dedusse poi: « Pontificem ut pontificem non habere, directe et immediate, ullam temporalem potestatem, sed solum spiritualem ». Con notevole grettezza di concetti la riforma di LUTERO, pur respingendo la religione tradizionale, riconfermò la necessità di una coordinazione tra lo Stato e le confessioni religiose. Il movimento dovette in definitiva il suo successo, ove l’ebbe, all’intervento del potere politico. La formula cuius regio et eius religio tradusse le preoccupazioni della ragione di Stato dei piccoli potentati germanici. E in ultima analisi la storia delle rivoluzioni protestanti nei vari paesi dell’Europa, può essere considerata l’impresa regalistica del potere a danno delle pretese teocratiche. Scrisse TREITSCHKE (18): « l’istinto naturale di conservazione del potere terreno risorse di nuovo con l’opera risvegliatrice della riforma. Si formarono dovunque chiese di Stato che, al primo aspetto, assomigliano al cesaropapismo dell’Europa orientale ». MELANTONE aveva fissato così il diritto dello Stato nelle materie religiose, secondo lo spirito della riforma: « È dovere dell’autorità terrena, la custodia utriusque tabulae, vale a dire anche la tutela della prima tavola della legge che contiene i doveri dell’uomo verso Dio ». Forse è la secessione dell’Inghilterra dalla Chiesa di Roma l’avvenimento che rivela nel modo più brutale l’intervento del potere regio nel problema religioso, perché nessuna questione di dogma motivò la rivoluzione religiosa inglese. Anche i paesi cattolici videro col « giurisdizionalismo confessionale », caratteristico nel « gallicanesimo » francese, l’autorità politica che tentava di riaffermare la sua preponderanza sulla Chiesa e di rifare della Chiesa uno strumento della propria sovranità. La Chiesa gallicana era bensì un membro della Chiesa universale; ma non era unita a Roma che per l’esterno; nell’interno era sottoposta al re. Il re era il « vescovo comune di Francia » (19). Il consolidamento del potere nel quadro dello Stato territoriale dell’epoca moderna non poteva restare indifferente al fenomeno della religiosità, anche per ciò che esso esprime un aspetto dei problemi della libertà e dell’autorità. In simili processi si potrebbe riconoscere il tentativo dello Stato di porsi come « ordine morale » e si dovrebbe rilevare come, a tale effetto, lo Stato non credesse di potersi dispensare dal valore organizzativo e dalla virtù coesiva di una religione positiva. I termini del problema mutarono con l’avvento delle rivoluzioni individualiste. La soluzione negativa che prevalse durante il secolo XIX col « separatismo », secondo la formula « libera Chiesa in libero Stato », implicò l’atteggiamento dell’indifferenza, autorizzato, come si è detto poc’anzi, dalla svalutazione razionalista dell’esperienza religiosa. Significato ostile ebbe invece il metodo del « giurisdizionalismo anticonfessionale », adottato alla fine del secolo scorso da alcuni regimi socialdemocratici (Francia, Portogallo) e diretto contro le manifestazioni di qualunque organizzazione confessionale della religione, coi risultati di anarchia che sono a tutti noti. Vero è che il problema dell’ordine è un problema essenzialmente morale e che esso non può venir risolto se non si utilizzano anche le risorse che provengono da quella forza dello spirito che si manifesta nella religione.
  1. Contro, dunque, il « giurisdizionalismo anticonfessionale », concetto programmatico della socialdemocrazia e contro la determinata persecuzione del fenomeno religioso da parte del sistema sovietico, il Fascismo ha voluto addivenire ad una sistemazione e definizione dei rapporti fra lo Stato e la Chiesa, nonché ad un regolamento in genere dell’esercizio cultuale, che segna un indirizzo radicalmente nuovo nella serie dei sistemi della politica religiosa. « Chi nella politica religiosa del regime fascista si è fermato a considerazioni di mera opportunità, non ha inteso che il Fascismo, oltre ‘ad essere un sistema di governo, è anche, e prima di tutto, un sistema di pensiero » (20). Il problema presentava un’eccezionale gravità per l’Italia, sede dell’organo direttivo della Chiesa e avente per sua capitale la città che per un lungo corso di secoli il Papato aveva rivendicato quale proprio patrimonio. L’11 febbraio del 1929, mediante il « trattato del Laterano », approvato con la legge 17 maggio 1929, n. 819, si è definita la contesa temporale con la Chiesa, sorta in seguito all’annessione di Roma al regno d’Italia. All’effetto si è creato, d’accordo con la Santa Sede, lo « Stato città del Vaticano ». E nel contempo, mercé un corrispondente « concordato », si è fatta cessare la « legge delle guarentigie » del 13 maggio 1871, n. 214, legge che non era mai stata accettata dalla Chiesa. Il « concordato ha sancito la rinuncia da parte dello Stato a tutti i diritti giurisdizionali che con detta legge esso si era ancora riservato. Una speciale protezione ha assicurato agli atti dell’autorità ecclesiastica; ma esso ha garantito allo Stato la salvaguardia completa della sua sovranità nel campo civile politico ». « Grandioso evento » — ha potuto dire MUSSOLINI — « quello dell’11 febbraio 1929 che suggellava la pace fra Chiesa e Stato con un problema che pesava da sessant’anni sulla coscienza della nazione. Il Fascismo lo ha risolto… E’ di una importanza eccezionale nella vita di un popolo che Stato e Chiesa si siano riconciliati nella coscienza dell’individuo e nella coscienza collettiva dell’intera nazione » (21). In effetti, il Fascismo è riuscito alla « conciliazione », alla quale era fallito il liberalismo. E ciò per virtù della rivalutazione positiva che esso ha saputo fare dei motivi spirituali. Sicché quello che per lo Stato liberale sarebbe risultato un atto di debolezza, poiché andava contro al suo principio costituzionale, fu ed è per lo Stato fascista un’affermazione di potenza. Mediante la legge 24 giugno 1929, n. 1159 sui culti ammessi nello Stato, finalmente, si è regolata la posizione dei culti acattolici considerati nelle loro specifiche associazioni, alle quali è stato fatto un trattamento analogo a quello della Chiesa. Soltanto è dubbio che a tali culti sia consentito il proselitismo. In tal modo, pur senza disconoscere il principio della libertà di coscienza, il Fascismo ha ammesso che la Chiesa, communitas fidelium, ha fini autonomi da quelli dello Stato, communitas populi. Ed ha dichiarato in modo inequivocabile l’interessamento del potere pubblico al sentimento religioso, considerando la tutela di questo un fine di pubblico interesse. Tra l’altro, il nuovo codice penale del 1930 ha introdotto figure di reato non più contro la libertà religiosa, ma contro « il sentimento religioso e la pietà per i defunti ». Sin dal 1924 MUSSOLINI aveva dichiarato: « Un popolo non può divenire grande e potente, conscio dei suoi destini, se non si accosta alla religione e non la considera un elemento essenziale della sua vita pubblica e privata » (22). Nel medesimo tempo, senza adottare per lo Stato un culto determinato, il Fascismo ha riconosciuto che la religione cattolica è quella che esprime il preponderante sentimento religioso della popolazione italiana e che è legata allo svolgimento storico del popolo italiano. In tal modo lo Stato fascista non è più né uno Stato separatista, né uno Stato confessionale. Esso può definirsi uno « Stato religioso », come quello che ammette la utilità del sentimento religioso; non peraltro la esclusività di interessi dogmatici e rituali, nel qual caso sarebbe ricaduto nel giurisdizionalismo confessionale (23).   « L’esteriore somiglianza del Fascismo con lo stile organizzativo della Chiesa Cattolica e il fatto di avere attribuito allo Stato e alla Nazione le forze psichiche della religione, dovrebbe in teoria condurre a un antagonismo fra le due potestà; ma la pratica rivela che esse si trovano fondamentalmente d’accordo perché fondate sui medesimi principi » (24). Infatti, la religiosità dello Stato fascista non è generica; essa tiene conto preciso di ciò che l’istituzione della Chiesa rappresenta per il popolo italiano. « L’unità religiosa » ebbe a scrivere MUSSOLINI, « è una delle grandi forze di un popolo. Comprometterla o anche soltanto incrinarla è commettere un delitto di lesa nazione » (25). Inteso a riaffermare nella coscienza del popolo italiano i motivi del dovere, del disinteresse e della disciplina il Fascismo doveva ritenere, e ritenne, il fattore religioso indispensabile, quale scaturigine dei motivi più alti della trascendenza, al risultato di una etica civile per cui si costituisce lo Stato in quell’« unità morale » che è dichiarata dal § 1 della Carta del lavoro. In specie doveva ritenere, e ritenne, meritevole di una particolare considerazione, quella interpretazione cattolica della religione cristiana che ha sanzionato il dovere verso la patria fino al sacrificio della vita; che ha sostenuto con mezzi spirituali la collaborazione dei popoli dell’Europa nei tempi più aspri; che ha ispirato le più audaci imprese della stirpe nel cozzo con le altre civiltà. Per ciò MUSSOLINI ha definito la Chiesa « un altro dei pilastri della società nazionale » (26). Le due anime dell’eterna Roma hanno trovato la loro identificazione nel concordato.

NOTE

(1) MICHOUD, Le théorie de la personnalité morale, II, n. 243

(2) Pio XI, Enc. « Divini illius Magistrì », 31 dicembre 1929

(3) BRUCCULERI, Op. cit., pag. 42-43.

(4) BERR, En marge de l’histoire, op. cit., pag. 182

(5) H. DELACROIX, Traité de Psychologie, II, pag. 266, 208.

(6) Scritti e Discorsi, VIII, pag. 70-87.

(7) FUSTEL DE C0ULAUNGES, Le cité antique, op. cit., pag. 168.

(8) MALINSKY e DE PONCINS. La guerra occulta, ediz. ital., 1935,

(9) BAKUNIN, Dio e lo Stato, ediz. Ital., 1918

(10) MURRI, L’idea universale di Roma, 1937, pag. 259.

(11) MUSSOLINI, Scritti e Discorsi, V, pag. 464.

(12) G. SCHNURER, L’eglisie et la civilisation au moyen age, op. cit., III, pag, 592

(13) Discorso commemorativo di Luzzatti, 1927.

(14) VICO, Scienza nuova, IV, Del corso che fanno le Nazioni.

(15) FOOT MOORE, Origine e sviluppo della religione, ediz. ital., 1923.

(16) FISCHER, OP. Cit., I, pag. 181.

(17) BELLARMINO, De potestate pontificis temporali.

(18) TREITSCHKE, La politica, ediz. ital., 1918, II, pag. 131.

(19) F. FUNK-BRENTANO, Le Roi, 1913, pag. 173.

(20) Scritti e Discorsi, VIII, pag. 70.

(21) Ibid., pag. 181.

(22) Scritti e Discorsi, IV, pag. 277.

(23) In senso contrario vedi A. IEMOLO, Lezioni di diritto ecclesiastico, 1933.

(24) I. BERNHARD, Il Vaticano potenza mondiale, ediz. ital.,1937, p. 436.

(25) Scritti e Discorsi, IX, pag. 39.

(26) Ibid., III, pag. 224.

(Carlo Costamagna, DOTTRINA DEL FASCISMO, 2a ediz. 1940, Torino, Utet, cap. V, §. XXI, pp. 275 – 289)

3 commenti su “Lo Stato e la Chiesa nella concezione dottrinale fascista.

  1. Ottimo lavoro, grazie.

    Valerio Divona

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  2. E’ importante precisare che il Fascista non necessariamente deve essere cattolico. Ne genericamente credente in Dio. Ciò che ripudia il fascista è la visione materialistica della vita e la conseguente mancanza di spiritualità.

    Allo stesso modo rispettare e difendere la Religione Cattolica non significa necessariamente condividerne i valori e gli obbiettivi. “nessuno pensi di cambiarci le carte in tavola” diceva Mussolini in merito agli accordi.

    “Fascisti Cattolici o Cattolici Fascisti se preferite….. ma Fascisti!” (Giani) E’ questa la cosa più importante: CREDERE nella RIVOLUZIONE FASCISTA. La religiosità cristiana di un individuo era un aiuto, un completamento, ma non era necessaria per un rivoluzionario.

    Poi non dimentichiamoci che l’accordo con la Chiesa ebbe motivazioni anche e soprattutto politiche…..se è vero che il Fascismo rispetta e difende ideologicamente la religione cattolica in quanto tale perchè volontà di una bella fetta di popolo (in quegli anni quasi tutti in Italia erano cattolici convinti) non è così scontato che intendesse difendere e rispettare all’infinito il potere della Chiesa. Se l’Italia avesse vinto la guerra e la Rivoluzione fosse proseguita si sarebbe arrivati, con molte probabilità, ad uno scontro vero e proprio. (più vasto e importante di quello del ’31 con l’azione cattolica…)

    Ma veniamo ad oggi e cerchiamo di attualizzare il Fascismo Mussoliniano

    Mussolini difese la religione cattolica proprio perchè una bella fetta di popolazione era cattolica convinta e quindi aveva un obbligo politico e morale verso il popolo….come la mettiamo oggi? Oggi come oggi in Italia siamo sicuri che sia volontà del popolo difendere la chiesa e il cattolicesimo? Come si comporterebbe lo Stato Etico Corporativo in una situazione del genere, non avendo quindi ne obbligo morale ne politico di venire in contro alle necessità della Chiesa?

    Mi spiego meglio: nel 22 si fa la Marcia su Roma con intenti bellicosi nei riguardi del potere della Chiesa. Poi successivamente ci si rende conto che non conviene e che non è giusto far la guerra alla Chiesa perchè, in fondo, non è quello che vuole il Popolo e si è cercato di creare una sintesi tra Rivoluzione Fascista e Istituzioni Cattoliche.. Ma oggi? E’ ancora così? E’ abbastanza chiaro che la gente, anche se crede genericamente Dio, non ha più alcuna fiducia nelle istituzioni religiose. E non venitemi a dire che sarebbe compito del Fascismo ripristinare la credibilità della Chiesa e farsi baluardo del cattolicesimo! 🙂

  3. Che commento favoloso! …lascia (quasi) senza parole! Al di là del fatto che nella sostanza risulta già ampiamente confutato nelle discussioni presenti nel nostro forum e sul nostro ultimo saggio, “Pro Caesare” ( Qui ), basterebbe però saper semplicemente leggere (ma abbiamo visto che i borghesi difettano molto nella capacità di lettura… saranno anche poco alfabetizzati?) per trovare risposta a cotali “dubbi”! Anzitutto bisognerebbe prima leggere e comprendere questo articolo. Ma se la lettura di un testo che supera le 5/6 parole dovesse risultare gravosa, la citazione della seguente parte di esso sarebbe già comunque sufficiente a stroncare sul nascere commenti inopportuni ed insensati come quello precedente: Contro, dunque, il « giurisdizionalismo anticonfessionale », concetto programmatico della socialdemocrazia e contro la determinata persecuzione del fenomeno religioso da parte del sistema sovietico, il Fascismo ha voluto addivenire ad una sistemazione e definizione dei rapporti fra lo Stato e la Chiesa, nonché ad un regolamento in genere dell’esercizio cultuale, che segna un indirizzo radicalmente nuovo nella serie dei sistemi della politica religiosa. «Chi nella politica religiosa del regime fascista si è fermato a considerazioni di mera opportunità, non ha inteso che il Fascismo, oltre ad essere un sistema di governo, è anche, e prima di tutto, un sistema di pensiero »

    Ora: nel periodo sopra citato, la risposta è chiara è definitiva. Ma, siccome nella galassia variegata di finto-fascisti, grazie alla fanfaluca del “Socialismo Nazionale”, sono “cicciati” anche i borghesi SocialDemocratici, tinti in varii colori, allora ci siamo dovuti sorbire gli “pseudo-fascisti borghesi”!
    Abbiamo la sensazione che la società borghese liberale, abbia talmente infettato l’Uomo, da generare individualisti, materialisti, razionalisti, ecc, ecc, CONVINTI di essere la quintessenza dei “rivoluzionari” (della domenica, ed anche del lunedì. Dipende da quando lo decidono “in modo personale e libero”!). Ne sono assolutamente convinti! E noi prendiamo atto di questa “convinzione”, che è appunto solo tale. Poichè chiamiamo le cose col loro nome: il bianco è bianco; il nero è nero; e i borghesi sono borghesi!
    Con l’idea insensata che Mussolni possa cambiare le carte in tavola…a se stesso, o che il buon Niccolò Giani, Mistico Fascista, Martire della Rivoluzione (QUELLA VERA!), possa relativizzare ciò che nei suoi stessi scritti Assolutizza (ovvero la Religione, la fede in DIO!), il mondo dell’iperuranio borghese che pretende di piegare a sè tutto, davanti all’altro dio, quello della “sacrosanta opinione personale”, si materializza! Ma si materializza come il liquame. E come tale diffonde olezzo. Per disperderlo, appunto, c’è l’aria buona di Carlo Costamagna, ma non basta nemmeno lui! Eh no, perchè Mussolni (Benito Amilcare Andrea) non basta; Giovanni Gentile nemmeno; né Alfredo Rocco o Sergio Panunzio, Armando Carlini peggio ancora; il Mistico Spinetti pure; e allora? Allora ci sono i borghesi socialisti, spesso NAZI-onali, che ci insegnano come va inteso il fascismo dall’alto della loro “opinione personale”! E noi? Noi siamo “presuntuosi”, perchè invece obbediamo consapevolmente a tutti quei Fascistacci di cui sopra, che però del Fascismo, a detta degli “attualizzatori”, non ci capivano un tubo, e noi dietro a loro!
    E allora ripetiamo daccapo: il Fascista può essere ateo? NO ! Non lo può essere ! Per la naturale adesione, che fonda la Dottrina, allo SPIRITUALISMO ! Ineludibile adesione, per chi afferma di non essere materialista! Eh già, perchè noi che ci ostiniamo a voler usare la logica, consideriamo che il materialismo ha un opposto: lo SPIRITUALISMO! E che lo Spiritualismo è una dottrina filosofica IMPRESCINDIBILMENTE LEGATA A IDDIO ONNIPOTENTE! Mussolini lo scrive nella Dottrina, lo anticipa negli anni che vanno dal 1919 al 1922 (quindi non sospetti!), dice che i Fascisti sono “imbevuti di dottrine spiritualiste”! . I fascisti, chiaramente! Ma si sa, “al giorno d’oggi” bisogna “attualizzare”. Il Fascismo è “pragmatico”. Certo: talmente pragmatico, che lorsignori “borghesi” decidono di polverizzarlo, facendolo sparire annegandolo nella SocialDemocrazia, che il buon Carlo Costamagna descriveva come la quintessenza dello schifo! Dunque: Socialdemocrazia=Schifo -> Fascismo=Socialdemocrazia -> Fascismo=Schifo! Questo è il giochetto che noi abbiamo compreso, mangiando la foglia già da un bel po’ di tempo a questa parte. Ma, diranno: Carlo Costamagna era un’ “anima” del Fascismo. NO! Carlo Costamagna era membro del Partito Fascista (iscritto ai Fasci di combattimento dal 1920!); membro della Camera dei Fasci e delle Corporazioni; giurista, IDEOLOGO Fascista che partecipa a tutte le principali iniziative culturali del Regime. Lui, e gli altri membri dirigenti del Partito, delle istituzioni del Regime Fascista e dello Stato Totalitario Fascista, impartivano l’ interpretazione UFFICIALE , non privata, nè personale, nè “critica”, tantomeno eretica. NIENTE ANIME dunque! Il Fascismo ha un’unica “Anima POLITICA”: quella espressa da Benito Amilcare Andrea Mussolini il cui ideale egli condensò nella DOTTRINA DEL FASCISMO !… condivisa integralmente da TUTTI gli uomini e le donne del P.N.F. e da questi portata e diffusa capillarmente nella Società, attraverso le istituzioni del Partito Fascista, tutti diretti dall’UNICO DUCE che la Rivoluzione Fascista abbia mai avuto e riconosciuto!

    Questa semplice constatazione, evidente e desumibile esclusivamente dalla lettura dei documenti, è stata appurata anche dagli antifascisti (cfr: Alessandra Tarquini!)! I presunti Fascisti, ancora la negano! Ma la negano per un motivo: NON SONO AFFATTO FASCISTI! Sono Borghesi! Sono radicalisti di destra! Sono Liberali! Sono Socialisti! Ecc. ecc. ecc. E lo sono perchè il Sistema antifascista ha prodotto i suoi tristi frutti! Ha INSERITO i cosiddetti “dissidenti” (della pancia!), negli schemi da esso precostituiti! In modo che possano sempre abbaiare forte, senza mai essere in grado di mordere!

    Dunque: il Fascismo nella Dottrina non si “attualizza”, poiché ciò servirebbe solo a snaturarlo. Il suo adattamento è nei mezzi, non nei fini! La “concezione spiritualista” è un FINE, non un mezzo! E dunque il Cittadino Nuovo Fascista è un CREDENTE per definizione, perchè il fondamento della sua rivoluzione è un fondamento Spirituale, Morale, Elevato! Per questo la sua Rivoluzione VINCE! Perchè si eleva! Altrimenti sarebbe una buffonata alla “New deal”! E tale da parte antifascista la si vuole far diventare!
    Come ci permettiamo? Abbiamo la Verità in tasca! Ci permettiamo in nome e per conto di Benito Amilcare Andrea Mussolini, degli Ideologi Fascisti e, prima di tutto, IN NOME DI DIO (così recitava in principio il giuramento a cui era tenuto ogni Fascista!), che ce li ha con bontà donati! E sì, ABBIAMO LA VERITA’ IN TASCA! E l’abbiamo anche tirata fuori dalle tasche, visto che la Verità non è degna di essere messa in un cassetto o dentro una tasca! Va tirata fuori e diffusa! Con SACRIFICIO! Altro termine indigesto ai Borghesucci.
    Di che cosa pensi la gente, la “maggioranza o la minoranza”, non ce ne importa un tubo! Il Fascismo STA! E il “cambiamento” della direzione della Società, sta primariamente in chi, AMANDO IL FASCISMO, SACRIFICANDOSI PER IL FASCISMO, possa mostrare la Bellezza, lo Splendore di questa magnifica Idea di Civiltà, Italiana e Universale! E certamente se la “gente”, “maggioranza o minoranza” non importa, è oggi atea, materialista, razionalista, individualista, panciafichista, pacifondaia, opulenta, egoista, menefreghista, e chi più ne ha più ne metta, il Fascismo per un presunto e altrettanto inammissibile “pragmatismo”, NON SI TRASFORMERA’ IN CIO’ CHE I CAPRICCI “INDIVIDUALI” VORREBBERO!. Non si trasformerà, anche se tutti i presunti pseudo-fascisti, messi tutti insieme (formando uno 0,00000000000000000012), lo usurpassero! Perchè la Verità è Superiore a tutte le piccole transizioni… A tutte le egoistiche volontà di riempimento di stomaci!
    Dunque, all’ultima domanda possiamo rispondere: SI’! CERTO! Il Fascismo potrebbe far riavvicinare alla Religione il Cittadino formato alla sua Dottrina di Civiltà! Perchè l’Uomo è necessariamente UOMO INTEGRALE! E dunque, se decidesse, finalmente, di RIALZARE LA TESTA, con essa alzerebbe anche lo sguardo al CIELO! E non sarebbe solo per guardar volare gli uccelli! D’altra parte, visto che IDDIO ha ispirato questa Dottrina magnifica, nulla di strano se attraverso essa, gli Uomini lo cercassero nel Luogo dove Egli E’: i Sacri Altari, vicino ai quali riposano le spoglie mortali degli Eroi e dei Martiri!

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