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La Dottrina Fascista: la Rivoluzione Morale di cui il mondo ha bisogno!

Niccolò_Giani_tenente_alpini

Da sempre sosteniamo nei nostri lavori ed in tutto quanto scriviamo che, nonostante la chiarezza espositiva adamantina degli Ideologi Fascisti, nonostante la comprensibilità e semplicità del loro linguaggio, nonostante, ci sia consentito, l’approfondimento monumentale operato anche dalla nostra Associazione, improvvisati interpreti che pure sono a conoscenza di tutto ciò, nella stragrande maggioranza dei casi fintofascisti di estrazione politica destrorsa, dunque veri antifascisti di fatto, continuano a voler misconoscere e adulterare in modo premeditato il fondamento ideologico della Dottrina Fascista!

Oggi più che mai, proprio riguardo allo sconvolgimento ETICO in atto, prima che politico, economico, sociale, occorre ribadire a gran forza che la vera rinascita di un genuino umanesimo può aver un unico fondamento: la Rivoluzione Morale Fascista. Infatti, il Fascismo pone quale cardine della sua Rivoluzione, il RIBALTAMENTO dei Principi che oggi animano il Cittadino! Similmente alla Civiltà Romana, riprendendo lo sviluppo armonico della Cultura Italiana di OGNI TEMPO, il Fascismo fonda la propria Rivoluzione nel suo peculiare modello di Civiltà, che è Italiana e Universale ad un tempo. I Principi Morali che animano la Dottrina Fascista costituiscono esattamente la peculiarità che contraddistingue i motivi del Sacrificio di coloro che hanno combattuto PER ESSI e solo per ESSI, poiché è per l’affermazione di questi principi, prima ancora che per l’espansione territoriale della Nazione, come ci ricorda indelebilmente la Dottrina, che migliaia di Uomini, dello spessore morale di Niccolò Giani, la maggior parte dei quali sconosciuti, sono morti sacrificando volontariamente le loro vite. Il Suo testamento di Eroe, parla al figlio e a tutti i figli della nostra Civiltà latina, di Sacrificio UNICAMENTE per l’Italia Fascista. Il termine “Fascista” non è un accidente grafico, o un aggettivo transeunte, sparito il quale rimarrebbe solo la presunta “Italia”. Senza il termine “Fascista”, l’Italia perde il cardine della sua Civiltà; abbandona l’armonico sviluppo con la propria e peculiare Cultura; tronca il suo legame Storico, Filosofico, Morale e Politico con il proprio retaggio millenario europeo e mediterraneo, regredisce di fatto a mera “espressione geografica”. Dunque nella concezione del Fascismo solo per l’Italia FASCISTA si è pronti a qualsiasi sacrificio! A quale coraggio, quale senso del dovere, quale “rivoluzione” ci si può mai appellare al di fuori dei Principi spirituali che animano la Civiltà del Fascismo? La risposta è NESSUNA. Infatti, Benito Mussolini, fondatore e Capo del Fascismo, aveva affermato fin da SUBITO che il principio etico, Morale, che fonda la Dottrina del suo movimento non era caduto dal cielo all’improvviso, a causa delle presunte e mai esistite “anime” del Fascismo. Ed infatti Mussolini affermava che “… La guerra [1914-18] deve avere anche un contenuto sociale all’interno. Deve condurre a una elevazione materiale e morale delle masse, a un rinnovamento profondo di tutta la nostra vita nazionale” ( http://ilcovo.mastertopforum.net/-vp4.html#4 ). Esaminando i primi programmi politici del Fascismo Mussolini affermava che “si troveranno postulati comuni ai socialisti ufficiali, ma non per questo essi saranno identici nello spirito“( http://ilcovo.mastertopforum.net/-vp5.html#5 ) , poiché l’unica forma di “dittatura” che il Fascismo conosce è quella “della volontà e dell’intelligenza.” (Idem) Che non sono principi economici, ma Morali. Nel 1920, nei Postulati del Fascismo, dopo aver affermato una volta di più di considerarlo un gigantesco monolite Morale, per aver dichiarato di dover esso “durare” finchè non avesse raggiunto i suoi obiettivi, quindi inevitabilmente finchè non avesse ri-formato il carattere della cittadinanza, ecco cosa afferma: “..consideriamo la rivoluzione come un’elaborazione di nuove forze e di nuovi valori dal profondo, non già come un disfrenamento d’istinti e di egoismi precipitanti nella disintegrazione sociale” ( http://ilcovo.mastertopforum.net/-vp6.html#6 ). E così nel programma politico del Partito Fascista poteva coerentemente affermare che “…Il Partito Nazionale Fascista intende elevare a piena dignità i costumi politici cosí che la morale pubblica e quella privata cessino di trovarsi in antitesi nella vita della Nazione” ( http://ilcovo.mastertopforum.net/-vp8.html#8 ). Questi sono i fondamenti basilari dello Stato Etico Corporativo Fascista, che come ricordato da Benito Mussolini stesso, animavano DA SUBITO l’azione del Movimento! Essi sono stati focalizzati definitivamente nelle elaborazioni dottrinarie Ufficiali del Partito Nazionale Fascista per culminare nel punto di riferimento fisso e immutabile costituito dalla “Dottrina del Fascismo”! Edita e pubblicata invariata per tutta la durata del Regime, fino alla fine della guerra che provocò la sua caduta.

Alfredo_Rocco

Nonostante tale chiarezza, si continua ancora a confondere l’ideale del Fascismo (una filosofia spirituale compiuta, organica ed univoca) con i fascisti (i cui percorsi intellettuali furono molteplici). In tal senso parlare di “scuole di pensiero”, di pluralità di “dottrine” del fascismo”, è un errore, poiché gli ideologi fascisti (su tutti Gentile, Rocco, Costamagna e Panunzio) che svolsero insieme a Mussolini il compito di chiarire i principi filosofici ed i fini politici del P.N.F. , condivisero tutti e integralmente i contenuti dell’unica Dottrina ufficiale mai esistita, quella firmata dal Duce! Solamente accettando tale incontrovertibile verità storica è possibile coglierne l’intima natura del progetto politico, e così comprendere perché gli ideologi del Fascismo, come il giurista Alfredo Rocco, potevano affermare, secondo la Dottrina di Benito Mussolini che “…quella che si trova, invece, risolutamente, in antitesi, non con questa o quella conseguenza della concezione liberale-democratica socialista della società e dello Stato, ma con la stessa concezione, è la dottrina fascista. Mentre il dissenso tra liberalismo e democrazia, fra liberalismo e socialismo, è dissenso di metodo, il dissenso fra liberalismo, democrazia e socialismo da una parte, e fascismo dall’altra, è dissenso di concezione. Anzi, il fascismo non fa questione di mezzi, e questo spiega come possa, nell’azione pratica, applicare volta a volta il metodo liberale, il democratico e il socialista, prestando il fianco alla critica di incoerenza degli avversari superficiali. Il fascismo fa questione di fini, e pertanto anche quando adopera gli stessi mezzi, proponendosi un fine profondamente diverso, agisce con spirito diverso e con diversi risultati. E nella concezione dell’essenza della società e dello Stato, dei suoi scopi, dei rapporti fra società e individui, il fascismo rigetta in blocco la dottrina derivata più o meno direttamente dal giusnaturalismo del XVI, XVII, XVIII secolo, che sta a base dell’ideologia liberale-democratica-socialista…Per il fascismo il problema preminente è quello del diritto dello Stato e del dovere dell’individuo e delle classi; i diritti dell’individuo non sono che riflesso dei diritti dello Stato, che il singolo fa valere come portatore di un interesse proprio e come organo di un interesse sociale con quello convergente. In questa preminenza del dovere sta il più alto valore etico del fascismo” ( http://ilcovo.mastertopforum.net/-vp20336.html#20336 ).

Come si può osservare, fra i primi a definire, dopo Mussolini, il valore Etico del Fascismo e dunque dello Stato fascista, non vi fu solamente Giovanni Gentile, che pure ha in tal senso una paternità indiscussa, ma anche il giurista Alfredo Rocco! Dunque, nel 1925, con sigillo e plauso del Capo del Fascismo, Rocco “sistematizzava” già più compiutamente la Dottrina Fascista, facendo semplicemente ciò che poi fece ufficialmente e definitivamente Benito Mussolini, cementando e fissando i cardini del Principio: riassunse i programmi del fascismo dandone struttura organica. Dunque Rocco ribadisce quanto diciamo: per il Fascismo è questione di Fini, di Scopi, di Civiltà, Di Valori… Non di mezzi! Per questo il Fascismo non si identificherà mai con il “mezzo” di attuazione dei propri scopi, in un qualsiasi campo (economico o sociale), bensì con la propria peculiare visione spirituale della Civiltà. Lo stesso Mussolini nel fare apologia con De Begnac del grande giurista napoletano, affermò che “…Rocco diceva chiaramente all’ ‘ala sinistra’ della rivoluzione fascista che il suo modo di definire l’evento del quale eravamo stati protagonisti, non era corretto. La rivoluzione andava ben oltre l’urto di piazza, lo scontro di contrada, la faida municipale. La rivoluzione non poteva ridursi a mito da venerare, era vicenda da vivere come uomini legati all’animo di una nuova socialità. Non si trattava di sostituire i poveri ai ricchi, ma di arricchire — tutti — di quell’amore di solidarietà, sino ad allora inesistente su piazza e fuori piazza” (http://ilcovo.mastertopforum.net/-vp20387.html#20387)

Da subito, da prima che fosse varata la Carta del Lavoro, che all’Articolo I sintetizza i valori politici, morali ed economici dell’Italia fascista, la Dottrina del Fascismo era ufficialmente intesa e praticata come una concezione Morale, il cui primato sull’economia e sulla prassi politica del momento storico in atto, era affermato e ribadito con forza! Una Rivoluzione morale che doveva ri-formare il carattere degli Italiani, e dunque impossibile da realizzare d’un sol colpo! Ma con una Pedagogia ad hoc (Gentile docet!), che certamente contempla l’ausilio di Leggi e istituti a tal guisa, un criterio di sviluppo sempre affermato e ribadito in ogni ambito, proprio dal Partito Nazionale Fascista!

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Così, sempre nel 1925, Giovanni Gentile, filosofo del Fascismo, poté dare la medesima, identica, definizione di Rocco. Che è quella di Mussolini; ovvero che lo Stato, fulcro della concezione fascista, è Etico poiché “questo concetto [del liberalismo] negativo e vuoto dello Stato, (quello incentrato sull’individualismo e l’edonismo materialista, Ndr.) il fascismo respinge risolutamente; non già perché presuma di porre uno Stato al disopra dell’individuo; ma perché, secondo l’insegnamento già ricordato di Mazzini, non è possibile concepire l’individuo in un astratto atomismo che lo Stato poi dovrebbe comporre in una sintesi impossibile… Noi pensiamo che lo Stato sia la stessa personalità dell’individuo…dove l’individuo sente come suo l’interesse generale, e vuole perciò come volontà generale” (http://ilcovo.mastertopforum.net/-vp3483.html#3483 )

Da ciò discende la definizione della Carta del Lavoro (21 aprile 1927), manifesto Sociale del Fascismo tramutato in legge, che alla base della sua emanazione pone quale primo articolo tale inequivocabile definizione: “La Nazione italiana è un organismo avente fini, vita, mezzi di azione superiori per potenza e durata a quelli degli individui divisi o raggruppati che la compongono. E’ una unità morale, politica ed economica, che si realizza integralmente nello Stato fascista”.

Giovanni Gentile, cosa affermava, dunque, di diverso da Alfredo Rocco? La risposta è: NULLA! Infatti, come Rocco, Gentile aveva chiarissimo il concetto Mussoliniano di Civiltà, tanto da scriverlo ovunque, nella sua opera Ideologica, ma anche filosofica. Ad esempio quando afferma che “…d’altra parte, quando si dice che esso [il Fascismo] non è un sistema o una dottrina, non si deve credere che sia un’astratta tendenza, o una cieca prassi, o un metodo indefinibile e istintivo. Giacché, se per sistema o filosofia s’intende, – come si vuole intendere ogni volta che si desideri qualche cosa di vivo, – un principio di carattere universale nell’atto del suo svolgimento, un principio capace di manifestare a grado a grado, e quasi un giorno dopo l’altro, la propria fecondità e la portata delle conseguenze e applicazioni di cui è capace, allora il fascismo è un perfetto sistema, col suo saldissimo principio e con una rigorosa logica di sviluppo; e dal suo Duce fino ai suoi più umili gregari, quanti sentono in sé la verità e la vitalità del principio stesso, lavorano sempre al suo sviluppo, ora procedendo sicuri per la strada diritta alla meta, ora facendo e disfacendo, procedendo e tornando da capo, poiché il tentativo fatto non s’accorda al principio e rappresenta una deviazione dalla logica dello sviluppo.” ( http://www.ilcovo.mastertopforum.net/-vp3484.html#3484 ). E a Gentile forse poteva sfuggire il carattere Etico, Spirituale, dello Stato Fascista, dal quale sarebbe disceso ogni bene per la Comunità Nazionale? Certamente no! Ed infatti, con Mussolini, cosa afferma Gentile? Questo: “Lo Stato fascista dunque, a differenza di quello nazionalista, è una creazione tutta spirituale…Da questo carattere dello Stato fascista DERIVA pure la grande riforma sociale e costituzionale che il fascismo viene realizzando, istituendo il regime sindacale corporativo ” (http://www.ilcovo.mastertopforum.net/-vp3486.html#3486). Cosa ci sarebbe di diverso nella concezione di questi ideologi Fascisti? Quali “anime” ci sarebbero, se non quella UNICA che respira all’unisono con il fondatore, Benito Mussolini?

Ma ad onta di tale chiarezza vi è sempre chi ancora risulta ostinato e DURO DI COMPRENDONIO, tanto da voler dividere ciò che appare innegabilmente indivisibile, da misconoscere quanto è scritto a chiare lettere, ecco perché gioverà fare un ulteriore raffronto. Prendiamo ad esempio le seguenti affermazioni contenute nella Dottrina del Fascismo : “Il Fascismo è una concezione religiosa, in cui l’uomo è veduto nel suo immanente rapporto con una legge superiore, con una Volontà obiettiva che trascende l’individuo particolare e lo eleva a membro consapevole di una società spirituale. Chi nella politica religiosa del regime fascista si è fermato a considerazioni di mera opportunità, non ha inteso che il Fascismo, oltre a essere un sistema di governo, è anche, e prima di tutto, un sistema di pensiero…il Fascismo è contro tutte le astrazioni individualistiche, a base materialistica, tipo sec. XVIII; ed è contro tutte le utopie e le innovazioni giacobine. Esso non crede possibile la “felicità” sulla terra come fu nel desiderio della letteratura economicistica del `700, e quindi respinge tutte le concezioni teleologiche secondo cui per un certo periodo della storia ci sarebbe una sistemazione definitiva del genere umano…Lo Stato fascista, forma più alta e potente della personalità, è forza, ma spirituale. La quale riassume tutte le forme della vita morale e intellettuale dell’uomo. Non si può quindi limitare a semplici funzioni di ordine e tutela, come voleva il liberalismo. Non è un semplice meccanismo che limiti la sfera delle presunte libertà individuali. È forma e norma interiore, e disciplina di tutta la persona; penetra la volontà come l’intelligenza. Il suo principio, ispirazione centrale dell’umana personalità vivente nella comunità civile, scende nel profondo e si annida nel cuore dell’uomo d’azione come del pensatore, dell’artista come dello scienziato…Lo Stato fascista non rimane indifferente di fronte al fatto religioso in genere e a quella particolare religione positiva che è il cattolicesimo italiano. Lo Stato non ha una teologia, ma ha una morale. Nello Stato fascista la religione viene considerata come una delle manifestazioni più profonde dello spirito; non viene, quindi, soltanto rispettata, ma difesa e protetta. Lo Stato fascista non crea un suo “Dio” così come volle fare a un certo momento, nei deliri estremi della Convenzione, Robespierre; né cerca vanamente di cancellarlo dagli animi come fa il bolscevismo; il fascismo rispetta il Dio degli asceti, dei santi, degli eroi e anche il Dio cosi come visto e pregato dal cuore ingenuo e primitivo del popolo…Lo Stato fascista è una volontà di potenza e d’imperio. La tradizione romana è qui un’idea di forza. Nella dottrina del Fascismo l’impero non è soltanto un’espressione territoriale o militare o mercantile, ma spirituale o morale. Si può pensare a un impero, cioè a una nazione che direttamente o indirettamente guida altre nazioni, senza bisogno di conquistare un solo chilometro quadrato di territorio” (http://www.ilcovo.mastertopforum.net/-vp17044.html#17044)

carlini_armando

Ebbene, cosa vi sarebbe di diverso in tali affermazioni, rispetto a quanto è stato osservato finora? Dove mai sarebbero evidenziate le presunte “anime” conflittuali del Fascismo? Dove sarebbe affermato il ciarpame ideologico di cui le correnti del cosiddetto neofascismo hanno fraudolentemente voluto ammantare il movimento mussoliniano, invocando l’impossibilità di riconoscere una chiara, definita e incontrovertibile identità fascista? Ciò che si riscontra oggettivamente invece sono proprio i valori morali e spirituali della “Civiltà Nazionale e Universale Fascista”!

In verità, solo che si leggesse quanto essi hanno scritto, è possibile riconoscere le medesime affermazioni, in relazione ai valori politici di riferimento del Fascismo, da parte di tutti coloro che rivestirono un ruolo ufficiale nel formulare i principi dell’ideale fascista; ad esempio Armando Carlini, discepolo di Gentile, nel suo libello “Filosofia e Religione nel pensiero di Mussolini”, edito dal Partito Fascista scrisse: “…Come in guerra tutte le forze materiali e spirituali della Nazione vengono organizzate, senza residuo, per la vittoria delle armi; così in pace lo Stato fascista ha bisogno di tutte le forze, fisiche, morali e intellettuali, dei suoi cittadini per vincere quella più grande battaglia che determina il posto di uno Stato nel mondo e il corso della storia stessa. Quindi nulla, di quanto l’individuo può dare, sfugge all’interesse dello Stato fascista: la sua cultura, la sua educazione, la sua coscienza morale, la stessa sua coscienza religiosa. Ma questo non implica un “assorbimento” dell’individuo nel senso che lo Stato ne succhi e svuoti la personalità! Tutt’altro: lo Stato fascista ha ogni interesse, anzi, a potenziare la personalità fisica e morale dell’individuo, a sollecitarne la libera iniziativa, a trar profitto dalla sua vocazione e dalle sue inclinazioni, e, ove occorra, anche dalle sue ambizioni e dalle legittime aspirazioni al benessere e agli agi materiali. Non, dunque, che sia erronea la cosiddetta identificazione dell’individuo con lo Stato; ma, presentata in quella dialettica astratta, non dice nulla di positivo, e può condurre, ripetiamo, anche a dire il contrario . Così, per la questione economica. Stato corporativo, sì, certo: è un caposaldo dello Stato fascista, che qui si lascia di nuovo dietro le spalle il socialismo e il liberalismo insieme. Ma se, da questo si vuol dedurre che l’originalità e importanza dello Stato fascista sia tutta in questo punto, nell’aver immessa una “coscienza statale” nel giuoco degli interessi materiali che governano l’economia di un Paese, c’è l’evidente pericolo di fare del Fascismo un’antitesi, sì, del comunismo e bolscevismo, ma sullo stesso piano. Insomma: economia, etica, politica sono, bensì, legate indissolubilmente nello Stato fascista, ma non per questo l’una è la stessa cosa dell’altra…Lo Stato fascista, proprio perché è uno Stato etico, sa che, per parlare in termini bergsoniani, ci sono due fonti [Temporale e Trascendente], o si dica due punti di vista, della vita morale e religiosa dell’uomo, a seconda che questa si consideri nella realtà sociale-politica della storia, ovvero in quella interiorità dell’uomo e della personalità che è la sua spiritualità pura. Abbiamo spiegato a sufficienza, dianzi, che questi due punti di vista non si escludono, anzi sono vitalmente e indissolubilmente legati” (http://www.ilcovo.mastertopforum.net/-vp20305.html#20305)

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Vogliamo chiudere idealmente questa panoramica, assolutamente sintetica per ovvie ragioni, ma abbastanza chiara per dare un’idea globale della forza degli argomenti e della loro inoppugnabile coerenza ideologica, con uno dei massimi teorici del P.N.F., Carlo Costamagna che, al pari dei suoi colleghi in “camicia nera”, in merito agli elementi pratici, ai Mezzi usati dal Fascismo ribadiva quanto segue: “Per l’appunto, lo Stato è l’unica società necessaria, perfetta ed è quindi la «comunità» per eccellenza e l’unica «persona morale» riconoscibile come tale di fronte all’individuo. Ma di fronte all’individuo è una personalità morale di grado superiore, perchè è una «personalità perfetta». «Civitas» — disse S. TOMASO — «est communitas perfecta» (13). Diciamo «società perfetta», non perchè sia esente da ogni imperfezione e da ogni vizio, ma perchè è l’unica società «compiuta», cioè l’unica la quale possegga i mezzi per bastare a se stessa, almeno nel senso relativo nel quale la sufficienza può ottenersi nelle cose umane. Lo Stato in quanto comunità è la società, non solo necessaria, ma sufficiente allo svolgimento della personalità umana ( http://www.ilcovo.mastertopforum.net/-vp11801.html#11801 ).… In primo luogo va ritenuto che l’ordinamento sindacale corporativo fascista non solo non è il sistema sufficiente per l’attuazione dello stato come unità economica, ma nemmeno è un sistema necessario per il conseguimento di tale scopo. L’unità economica dello stato si può ottenere, anche a prescindere dal riconoscimento delle formazioni professionali e dalla loro elevazione al grado di pubbliche istituzioni, nella semplice sede di una organizzazione amministrativa ordinaria. La costituzione della Repubblica di Polonia, del 23 aprile 1935, arrivava fino a dichiarare: «La responsabilità delle generazioni successive è dovuta alla loro reciproca dipendenza» e proclamava che «nessuna attività può contraddire ai fini dello stato». Ma non introduceva alcun apparato corporativo professionale. Per contro, l’azione delle istituzioni professionali deve essere integrata, per raggiungere l’effetto, con le misure relative all’ordinamento del credito, della moneta, dei mercati internazionali, dei tributi, ecc., misure che appartengono all’attività generale del governo. Indispensabile poi al funzionamento dell’ordinamento corporativo è, come si è visto, l’azione morale e politica del «partito unico ». Per l’appunto, come si è espresso MUSSOLINI (Scritti e discorsi, VIII, p. 155), «l’ordinamento sindacale e corporativo esige un partito unico, per cui accanto alla disciplina economica entri in azione la disciplina politica e ci sia al di sopra dei contrastanti interessi un vincolo che tutti unisce in una fede comune». …In questo tipo di stato, come già si è accennato, il corporativismo non è affatto il criterio esclusivo adottato per la ricostruzione generale del sistema del governo, ma soltanto l’apparecchio per il quale, utilizzandosi la competenza di formazioni speciali, corrispondenti alle diverse categorie professionali, si attua una politica economica e una politica sociale, in termini ignoti al pensiero individualistico che tali scopi aveva abbandonato all’ autonomia degli individui. Il «corporativismo fascista» si oppone e si contrappone, di conseguenza, a tutte le dottrine corporative, esaminate precedentemente, a cagione del valore totalitario e integrale e quintessenzialmente politico che esso professa dello stato. L’ordinamento corporativo fascista non è altro se non l’aspetto dell’ordinamento gerarchico delle volontà pubbliche, specializzate per la disciplina degli interessi economici e derivanti il loro titolo di autorità dal ministero del pubblico bene che assolvono nella propria sfera. In conclusione, è fuori luogo la pretesa di voler definire lo «stato nuovo» creato dal Fascismo, cioè lo «stato fascista», come stato corporativo omettendo la qualificazione fascista. La pretesa muove da equivoci di terminologia. Con essa si concluderebbe, in sostanza, ad instaurare un « federalismo economico », per il quale dovrebbero consolidarsi, con nuova veste, quelle situazioni di privilegio e di monopolio contro le quali la civiltà europea ha sostenuto la sua lunga lotta nell’uscire dal Medioevo verso la creazione dello « stato nazionale ». Vale al riguardo il monito di MUSSOLINI (Scritti e discorsi, V, p. 240): « Lo stato è uno, è una monade inscindibile; lo stato è una cittadella nella quale non vi possono essere antitesi né d’ individui né di gruppi ». Né tanto meno di gruppi professionali, poiché di tutte le forme pensabili di federalismo, quella economica e di mestiere è il tipo che più deprime il tenore di un regime. In effetto lo stato fascista è «stato religioso» . ed è «stato militare»; al medesimo grado almeno che esso è «stato economico» e «stato professionale» cioè «corporativo». Estrema improprietà è quella di voler designare nel suo complesso il tipo di uno stato movendo dalla constatazione di un particolare aspetto del suo essere. E pericoloso equivoco è quello che si tenta con l’insinuare che la formula di «stato corporativo» vorrebbe riferirsi alla essenza stessa, cioè al principio costituzionale, dello «stato nuovo», in un valore che trascenderebbe così il motivo economico come il dato professionale. E invero, se anche può ammettersi che il termine «corporativismo» indichi in senso lato non solo i corpi di mestiere, ma qualunque enucleazione di vita collettiva nell’ interno di una collettività politica, si deve tuttavia avvertire che il significato prevalente delle parole è pur sempre quello economico e professionale. Bisogna aggiungere, poi, che in ogni modo il principio corporativo, letteralmente inteso come principio giuridico della «corporazione», è centrifugo, perché riflette l’interesse dei consociati, laddove il principio fascista è centripeto, ed ha per obiettivo l’interesse del popolo nella sua indivisibile unità. In altre parole il corporativismo è sempre il principio del pluralismo, del decentramento, della coordinazione federale, mentre il Fascismo reclama la concentrazione gerarchica delle iniziative pubbliche e private secondo la formula della «democrazia organizzata, centralizzata, autoritaria» dichiarata da MUSSOLINI”. (http://www.ilcovo.mastertopforum.net/-vp20672.html#20672 )

Ancorché suscettibile degli ulteriori necessari approfondimenti, quanto scritto fin qui riteniamo possa comunque bastare per chi in tutta onestà voglia comprendere come il Fascismo, nella sua essenza più profonda, costituisca la perentoria e unitaria affermazione di un gigantesco Imperativo Morale, fondamento di una nuova CIVILTA’!

ILCOVO

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