Come scriveva il direttore della Scuola di Mistica Fascista, Niccolò Giani, la fonte ideale della Dottrina fascista risiede primariamente nel pensiero e nei discorsi del Duce, soltanto da essi allora è possibile trarre, per chi lo desidera, l’interpretazione sicura e verace in chiave autenticamente fascista, rispetto a tutti quei temi che di volta in volta interessano la vita politica in senso stretto e lato. Al riguardo, in certi casi commentare le parole di Mussolini può risultare cosa superflua quanto il rallentarne la scorrevole lettura con postille intercalate nel testo o con note pretenziose, tanto esse sono chiare nella lettera e nello spirito, correndo dirittamente al cuore ed incidendosi immediatamente nell’animo del lettore come vive verità umane. Un linguaggio attualissimo, tanto rispetto alla forma quanto riguardo ai contenuti. Quindi si è soltanto cercato di collegare le frasi mussoliniane — relativamente agli argomenti trattati, pure estratte da discorsi pronunziati anche a distanza di lustri — con un filo logico tematico che non disperdesse la caratteristica dello stile… buona lettura!
IlCovo
… “Andiamo energicamente contro corrente. Noi rappresentiamo un principio nuovo nel mondo, noi rappresentiamo l’antitesi netta, categorica, definitiva di tutto il mondo della democrazia, della plutocrazia, della massoneria, di tutto il mondo, per dire, in una parola, degli immortali principii dell’89. Siamo i primi ad avere affermato, di fronte all’individualismo demo-liberale, che l’individuo non esiste, se non in quanto è nello Stato e subordinato alle necessità dello Stato, e che, man mano che la civiltà assume forme sempre più complesse, la libertà dell’individuo sempre più si restringe. Qui è la stoltezza dello stato liberale; che dà la libertà a tutti, anche a coloro che se ne servono per abbatterlo. Noi non daremo questa libertà. Nemmeno se la richiesta di questa libertà fosse avvolta nella vecchia carta stinta degli immortali principii. Immortali principii, i quali consistono nel ritenere che ci sia un solo Governo buono in questo mondo, che esso sia applicabile a tutti i popoli, in tutti tempi, in tutte le parti del mondo. Ora il liberalismo sta per chiudere le porte dei suoi templi deserti, perché i popoli sentono, che il suo agnosticismo nell’economia, il suo indifferentismo nella politica e nella morale, condurrebbe, come ha condotto, a sicura rovina gli Stati. Si spiega con ciò che tutte le esperienze politiche del mondo contemporaneo sono anti-liberali. Il Fascismo si pone fieramente contro quel complesso di dottrine che l’esperienza più recente della storia ha irreparabilmente condannato. Il Fascismo rappresenta la negazione completa di tutta l’ideologia societaria, democratica, socialistoide. Se mi fosse concesso di chiudere in sintesi, quello che sembra il dato fondamentale di questi ultimi tempi, io direi che essi segnano il declino fatale ed inevitabile di tutte le dottrine e di tutte le esperienze socialistiche. Nel 1919, finita la guerra, il socialismo era già morto come dottrina: esisteva solo come rancore, aveva ancora una sola possibilità, specialmente in Italia, la rappresaglia contro coloro che avevano voluto la guerra e che dovevano « espiarla ». Non si può fare a meno di essere intransigenti contro tutti i residui del vecchio regime, perché soprattutto, non si può fare a meno di essere intransigenti contro le forze democratiche, massoniche, demagogiche, plutocratiche, che tentano di accerchiare il partito. La lotta contro le dottrine liberali, democratiche, socialistiche, massoniche, popolaresche fu condotta contemporaneamente alle « spedizioni punitive ». L’antitesi sistematica, sulla quale hanno giocato tutte le teorie socialistiche, non è un dato della realtà. Ne abbiamo abbastanza del socialismo di Stato! La generazione degli irriducibili, di quelli che non hanno capito la guerra e non hanno capito il Fascismo, ad un certo momento, si eliminerà per legge naturale. Ci troviamo di fronte a idee che hanno esaurito la loro forza di propulsione; di fronte, dico meglio, a delle degenerazioni di queste idee, che il Fascismo rinnega superandole. Siamo i primi ad aver detronizzato la politica pura, cioè, la politica dei partiti, la quale è dovunque in decadenza e non interessa più le masse, come forti studiosi di sociologia hanno constatato. Regimi democratici possono essere definiti quelli nei quali, di tanto in tanto, si dà al popolo l’illusione di essere sovrano, mentre la vera effettiva sovranità sta in altre forze, talora irresponsabili e segrete. La democrazia è un regime senza re, ma con moltissimi re, talora più esclusivi, tirannici e rovinosi che un solo re che sia tiranno. Non ho nessuno scrupolo a dichiarare che il suffragio universale è una pura finzione convenzionale. Non dice nulla e non significa nulla. Di fronte alle dottrine liberali, il Fascismo è in atteggiamento di assoluta opposizione, e nel campo della politica e in quello dell’economia. Il Fascismo ha impegnato, secondo la buona strategia, le sue battaglie a scaglioni. Prima ha demolito il bolscevismo, poi ha affrontato la massoneria, finalmente il regime demo-liberale. Dopo il socialismo, il Fascismo batte in breccia tutto il complesso delle ideologie democratiche e le respinge, sia nelle loro premesse teoriche, sia nelle loro applicazioni o strumentazioni pratiche. Se per democrazia s’intende facilonismo, irresponsabilità, tendenza al compromesso e alla transazione, noi siamo recisamente antidemocratici. La democrazia ha tolto lo « stile » alla vita del popolo; cioè, una linea di condotta, cioè il colore, la forza, il pittoresco, l’inaspettato, il mistico; insomma, tutto quello che conta nell’animo delle moltitudini. Le negazioni fasciste del socialismo, della democrazia, del liberalismo, non devono tuttavia far credere che il fascismo voglia respingere il mondo a quello che esso era prima di quel 1789, che viene indicato come l’anno di apertura del secolo demo-liberale. Non si torna indietro. Noi lottiamo contro un mondo in declino, ma ancora potente, perché rappresenta una enorme cristallizzazione d’interessi. I fascisti se ne rendano conto. L’antifascismo non è morto, l’opposizione esiste ancora. Soltanto il terreno della lotta si è dilatato: ieri era l’Italia, oggi è il mondo, poiché dovunque si battaglia pro e contro il Fascismo. E’ perfettamente logico che il mondo internazionale della democrazia, del liberalismo, della massoneria, della plutocrazia, dei senza Patria, è perfettamente logico che tutte queste forze siano contro di noi. Si è osato perfino parlare di una guerra di dottrine, che doveva essere mossa dalla democrazia dagli immortali principii, contro questa irriducibile Italia fascista, antidemocratica, anti-liberale, antisocialista ed anti-massonica. Abbiamo frantumato tutti gli ostacoli all’interno, affronteremo, con la disciplina tenace dei forti, quelli che ci venissero dall’estero. Mondo antifascista, che sembra quasi offeso di dover constatare che, ancora una volta, è l’Italia che dà una parola d’ordine nuova nel campo politico e sociale. Oltre le frontiere, ci sono dei farneticanti, i quali non perdonano all’Italia Fascista di essere in piedi. Per questi residui, o residuati, di tutte le logge, è veramente uno scandalo inaudito che ci sia l’Italia fascista, perché essa rappresenta una irrisione documentata ai loro principii, che il tempo ha superato. Essi hanno inventato il popolo, non già per andargli incontro alla nostra franca maniera, ma lo hanno inventato, per mistificarlo, per dargli dei bisogni immaginari e dei diritti illusori. Costoro non sarebbero alieni dal considerare quella che si potrebbe chiamare una guerra di dottrina tra principii opposti, poiché nessuno è nemico peggiore della pace, di colui che fa di professione il panciafichista o il pacifondaio. Ebbene, se questa ipotesi dovesse verificarsi, la partita è decisa sin dall’inizio, poiché, tra i principii che sorgono e si affermano e i principii che declinano, la vittoria è per i primi, è per noi!
Ma senza lo Stato, non c’è Nazione. Ci sono soltanto degli aggregati umani, suscettibili di tutte le disintegrazioni che la storia può infliggere loro. Non so nemmeno pensare nel secolo XX uno che possa vivere fuori dello Stato, se non allo stato di barbarie, allo stato selvaggio. E’ solo lo Stato che dà l’ossatura ai popoli. Se il popolo è organizzato, il popolo è uno Stato, altrimenti è una popolazione che sarà alla mercé del primo gruppo di avventurieri interni o di qualsiasi orda di invasori che venga dall’estero. Incontestabile merito del Fascismo è di aver dato agli italiani il senso dello Stato. Lo Stato Fascista, sintesi suprema ed equilibratrice di tutte le forze e di tutti gli interessi, è la creazione originale della rivoluzione fascista. L’idea centrale del nostro movimento è lo Stato: lo Stato è l’organizzazione politica e giuridica delle società nazionali e si intrinseca in una serie di istituzioni di vario ordine. Lo Stato non rappresenta un partito, lo Stato rappresenta la collettività nazionale, comprende tutti, supera tutti, protegge tutti, e si mette contro chiunque attenti alla sua imprescrittibile sovranità. Lo Stato non è soltanto presente, ma è anche passato, e soprattutto futuro. Lo Stato, autorità suprema in cui tutto si accentra e si armonizza: individui e gruppi, passato e futuro, spirito e materia. La nostra formula è questa: tutto nello Stato, niente al di fuori dello Stato, nulla contro lo Stato. Stato uno e intangibile, come dev’essere lo Stato Fascista. Lo Stato non intende abdicare davanti a chicchessia. Lo Stato non è soltanto presente, ma è anche passato, e soprattutto futuro. Lo Stato, autorità suprema in cui tutto si accentra e si armonizza: individui e gruppi, passato e futuro, spirito e materia. Lo Stato corporativo fascista non vuole essere il semplice guardiano notturno nella politica, non vuole nemmeno essere soltanto una specie di congregazione di carità, dal punto di vista sociale. Lo Stato fascista è quello che più direttamente è entrato nella sfera dell’« economico » creando una disciplina nei conflitti degli interessi collettivi, riconoscendo giuridicamente i gruppi professionali, conferendo ad essi la rappresentanza di tutte le categorie. E’ lo Stato italiano, fascista e corporativo, anzi fascista perchè corporativo e viceversa, poiché, senza la costituzione corporativa, elaborata nelle memorabili e ardenti ed entusiastiche sedute del Gran Consiglio degli anni 1925-26, fissata nella legge del 3 aprile e coronata con la Carta del Lavoro, non è rivoluzione fascista; poiché una rivoluzione è molto di più della semplice costituzione di un governo forte, che può garantire in ogni evenienza l’ordine pubblico. Questa concezione filistea, piccolo-borghese, della Rivoluzione fascista è da respingere come una parodia e un insulto. Noi fascisti, che governiamo da fascisti, non possiamo assolutamente tollerare che ci siano di coloro, che sono nello Stato, prendono il denaro dello Stato e tradiscono o sabotano lo Stato. L’epoca delle agitazioni, degli agitati, degli agitatori a rotazione permanente è finita. Chiunque si erga contro lo Stato, sarà punito. Il Governo è duro, perché considera che nello Stato non abbiano diritto di cittadinanza i nemici dello Stato. Il Governo, voi lo vedete, governa, governa per tutti, al disopra di tutti e, se è necessario, contro tutti, perché si tiene conto degli interessi generali, governa contro tutti, quando categorie, siano borghesi, siano di proletari, vogliono anteporre i loro interessi a quelli che sono gli interessi generali della Nazione. La gente del lavoro fu sino a ieri misconosciuta o negletta dallo Stato, vecchio regime. La gente del lavoro si accampò fuori dello Stato e contro lo Stato. Oggi tutti gli elementi della produzione — il capitale, la tecnica, il lavoro — entrano nello Stato. Nel regime fascista, l’unità di tutte le classi, unità politica, sociale e morale del popolo italiano, si realizza nello Stato e soltanto nello Stato Fascista. Non si crei il dissidio anacronistico, grottesco ed assurdo, di credere che l’autorità dello Stato fascista sia autorità dalla quale si può prescindere, cadendo, cioè, in quella mentalità demagogica, stolta ed anarcoide, che noi abbiamo cauterizzata col ferro e col fuoco. Abbiamo creato lo Stato unitario italiano. Pensate che dall’Impero romano in poi, l’Italia non fu più uno Stato unitario. L’unità italiana è stato sforzo di popolo. Accanto a questa unità politica e geografica mancava l’unità morale: la coscienza di sè stessi e dei propri destini. Ora questa unità della Patria è intangibile. Noi la difenderemo a qualunque costo, anche a prezzo di lacrime e di sangue, contro i tiranni di fuori e contro i vigliacchi di dentro. Non si parli, dunque, di federalismo e di autonomismo, perché dal federalismo provinciale e così via di seguito, per una catena infinita, l’Italia ritornerebbe a quella che era un secolo fa. Uno dei grandi meriti del fascismo è di avere abolito le distanze tra regione e regione. Il disagio morale di un tempo è finito. Per il Regime, nord e sud non esistono; esiste l’Italia ed il popolo italiano. L’Italia è, oggi, un grande Stato politicamente unitario, unicamente omogeneo, moralmente compatto, splendidamente ordinato, come nessun altro in Europa. Siamo cioè in uno Stato che controlla tutte le forze che agiscono in seno alla Nazione. L’autorità è una e autoritaria. Siamo i primi ad aver rialzato l’idea dello Stato. Il Fascismo ha restituito alla Stato la sua attività sovrana, rivendicandone contro tutti i particolarismi di classe e di categoria l’assoluto valore etico; ha restituito al Governo dello Stato, ridotto a strumento esecutivo dell’assemblea elettiva, la sua dignità di rappresentante della personalità dello Stato e la pienezza della sua potestà di imperio; ha sottratto l’amministrazione alle pressioni di tutte le faziosità e di tutti gli interessi. L’eliminazione della setta massonica dalla vita italiana si riconnette intimamente a questa funzione epuratrice del Regime nel campo dell’organizzazione amministrativa. Per il Governo fascista la giustizia dell’amministrazione non è una vana formula abbandonata alle disquisizioni teoriche dei giuristi solitari, ma un programma politico concreto. L’amministrazione fascista, non legata a nessun compromesso di parte ed a nessun interesse di categoria, non può essere che un’amministrazione giusta. Un regime totalitario, come quello fascista, deve porre la massima diligenza e lo scrupolo sino all’estremo per quanto concerne l’amministrazione del pubblico denaro. Tutti coloro che amministrano pubblico denaro devono essere di specchiatissima probità. Ci vantiamo di essere un regime autoritario e non si deve nemmeno pensare, nemmeno dubitare, che abbiamo adottato questa severa disciplina, semplicemente per nascondere qualche cosa che non sia purissima e cristallina. Abbiamo portato al primo piano il potere esecutivo, intenzionalmente, perché il portare al primo piano il potere esecutivo è veramente nelle linee maestre della nostra dottrina. Il potere esecutivo è il potere onnipresente ed operante nella vita della nazione, è il potere che esercita il potere ad ogni minuto, è il potere che in ogni momento si trova di fronte a problemi che deve risolvere. Naturalmente, da questa preminenza del potere esecutivo, discende, per ragione diretta, tutta la nostra legislazione. Il potere esecutivo è il potere sovrano della nazione. Le costituzioni non sono che degli organi strumentali, risultati di determinate circostanze storiche, delle quali seguono lo sviluppo, la nascita, il declino. Non possono essere un gancio, al quale si devono appiccare tutte le generazioni italiane. La Camera sarà l’organo attraverso il quale si attua la collaborazione sul terreno legislativo tra i rappresentanti della Nazione e il Governo. La Camera di domani potrà liberamente discutere l’opera del Governo; beninteso, non a scopo di rovesciamento, ma a scopo di critica e di collaborazione. Ma il Governo deve essere rimorchiato dal Parlamento? il Governo deve essere in balia del Parlamento? il Governo deve essere abulico ed acefalo dinanzi al Parlamento? No. Non posso accettare questa teoria dell’abulia e dell’acefalia del Governo dinanzi al Parlamento. Non il Governo abulico e amorfo, che si lascia insidiare e insultare in una specie di duello ridicolo, per cui l’opposizione sarebbe sacra e intangibile: avrebbe tutti i diritti, mentre il Governo avrebbe l’unico dovere di costituire un comodo e indulgente bersaglio. Un popolo non rispetta un Governo che si lascia vilipendere. Il popolo vuole rispecchiata la sua dignità, nella dignità del Governo. Non vi è autorità dello Stato, se l’ordine pubblico non è perfettamente normale. L’illegalismo, anche se fascista, non solo non è tollerato, ma severamente punito. La disciplina deve essere accettata. Quando non è accettata, deve essere imposta. Il Governo fascista, quando impone delle leggi o attua delle riforme, obbedisce sempre a criteri di ordine generale e nazionale, non già ad interessi singoli o di categoria. Il senso dello Stato grandeggia nella coscienza degli italiani, i quali sentono che solo lo Stato è l’insostituibile garanzia della loro unità e della loro indipendenza: che solo lo Stato rappresenta la continuità nell’avvenire della loro stirpe e della loro storia! Questo stile di Governo, che è il mio stile e del quale rivendico orgogliosamente tutta la responsabilità, non impedisce di andare al popolo, di andare verso il popolo che lavora e che soffre, che non turba l’ordine pubblico, verso il popolo che è la base granitica sulla quale si costruisce la grandezza delle Nazioni, di andare verso questo popolo non vendendogli del fumo, ma dicendogli la verità aperta con cuore fraterno. Se mai vi fu nella storia un regime di democrazia, cioè, uno stato di popolo, è il nostro. Si lancia un trinomio che, in Regime Fascista non è una formula soltanto, ma una realtà: autorità, ordine e giustizia. Fuori di questi termini, ve lo dico con assoluta schiettezza, fuori di questi termini, non vi può essere che rovina e miseria. Reazionari noi? No: precursori, anticipatori, realizzatori di quelle nuove forme di vita politica e sociale. Quanto di giusto, di pratico, di effettuabile le vecchie dottrine contenevano è applicato coraggiosamente dal mio Governo. Oggi annunziamo al mondo la creazione del potente Stato unitario italiano, dall’Alpi alla Sicilia, e questo Stato si esprime in una democrazia accentrata, organizzata, unitaria, nella quale democrazia il popolo circola a suo agio, perchè, o voi immettete il popolo nella cittadella dello Stato, ed egli la difenderà, o sarà al di fuori ed egli l’assalterà. Se democrazia significa non respingere il popolo ai margini dello Stato, il Fascismo poté, da chi scrive, essere definito una «democrazia organizzata, centralizzata, autoritaria ». Ma la nostra non è una democrazia rinunciataria e vile e condiscendente agli istinti meno nobili delle masse, una democrazia che ha sempre paura e soprattutto, ha paura, quando ha avuto un pò di coraggio. Il Regime fascista è, in fatto di legislazione sociale, all’avanguardia di tutte le Nazioni, anche di quelle che battono bandiera sovietica o bandiera democratica. Tutta l’opera del Governo Fascista, anche quella minuta quotidiana, tutta la legislazione è stata diretta a un solo scopo: quello di migliorare materialmente e moralmente il popolo italiano. Ogni aiuto materiale occorre però che abbia un substrato educativo e morale: senza la luce dello spirito nessuna opera è feconda o duratura. Lo Stato, così come il Fascismo lo concepisce e lo attua, è un fatto spirituale e morale, poiché concreta l’organizzazione politica, giuridica, economica della Nazione; e tale organizzazione è, nel suo sorgere e nel suo sviluppo, una manifestazione dello spirito. Lo Stato è garante della sicurezza interna ed esterna; ma è anche il Custode ed il trasmettitore dello spirito del popolo, così come fu dai secoli elaborato nella lingua, nel costume, nella fede. Viviamo nello Stato fascista, abbiamo sepolto il vecchio Stato demo-liberale…”
(Estratto da “Fascismo e Popolo”, Roma, 1933, pp. 31 – 48 / 229 – 232)
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