Oggi, 29 luglio 2020, 137° anniversario della nascita di Benito Mussolini, ci interrogavamo su quale fosse il modo più appropriato per ricordare onorevolmente e soprattutto fascisticamente, la figura politica del Duce! Fiori, canzonette e lamenti sono modi degni solo di nostalgici passatisti che del Fascismo non hanno mai compreso l’essenza ideale verace, non certo adeguati a chi fascista lo è concretamente e misticamente come Noi de “IlCovo”! E poiché il Fascismo è una concezione politico-morale nuova e migliore rispetto a tutto quel che lo ha preceduto e seguito, è proprio nello spirito che investe ed avvolge in modo totale ed onnicomprensivo la vita degli uomini che ad essa si votano, di cui è portatrice questa concezione davvero unica, che va rintracciato il lascito intramontabile di tale ideale a motivo del quale è possibile celebrare degnamente la figura dell’Uomo politico che di tale concezione fu artefice, o se preferite, il levatore, in quanto fu lo stesso Mussolini ad affermare di aver tratto il Fascismo dall’inconscio del popolo italiano! Ebbene, il documento che abbiamo ritrovato, attinente la Mistica dell’Autarchia Fascista, proprio attraverso le parole di due grandi esponenti del pensiero politico fascista come Tullio Cianetti e Niccolò Giani, pensiamo possa rendere giustizia all’azione rivoluzionariamente benefica che egli si assunse la responsabilità di intraprendere quale Guida del nostro popolo! Oggigiorno va di moda, tra i finto contestatori del sistema demo-plutocratico massonico al potere, il tema della sovranità economica e monetaria! Ci si illude (o si fa finta!) che esse possano essere conseguite senza pensare di mutare il disastroso quadro politico che caratterizza l’attuale entità pseudo-statale Italy-ota, asservita al Governo U.S.A., a sua volta retto dalla finanza speculatrice apolide! Ma, come illustra chiaramente il documento che abbiamo messo a disposizione dei nostri lettori, il perseguimento dell’indipendenza economica è indicato dal fatto stesso della Rivoluzione Fascista, che fu subito un fatto «mistico». Scrive Cianetti: … L’indipendenza economica fu l’obiettivo che il Duce indicò al Popolo italiano il giorno stesso in cui gli mostrò la necessità dell’espansione nazionale. Il Duce disse all’indomani del 9 maggio 1936: « L’autonomia politica, cioè la possibilità di una politica estera indipendente, non si può concepire senza una correlativa capacità di autonomia economica ». L’indipendenza economica è la conquista dell’Italia che assume l’iniziativa e la responsabilità del proprio destino nazionale. Non da oggi l’autarchia è naturale obiettivo di ogni Stato che esca dal guscio della minorità. Con altri nomi, è sempre presente. Quest’enorme visione politica è, per la dottrina fascista, niente altro che la più alta espressione dello spirito nazionale. Non si circoscrive nemmeno in un programma, perchè non si possono mettere confini nè allo spirito, nè al destino di una Nazione concepita come unità eterna e trascendente, liberata dagli egoismi delle classi e degli individui. In questo quadro l’autarchia economica è uno strumento di potenza morale, di volontà, di sacrificio, con sue proprie leggi che, per essere di natura spirituale, non sono meno definibili nella dottrina del Regime Fascista. Si tratta — come di tutti i fenomeni a fondo spirituale — di un apporto di valore internazionale che sarebbe erroneo circoscrivere ad un fattore della politica interna. L’autarchia è, sì, un fenomeno che si alimenta da un geloso amore nazionale: ma in quanto è il sentimento base di una società che intende farsi più perfetta, appartiene all’ordine internazionale, o, se si vuole, della giustizia internazionale che presuppone una collettività di Stati giusti, cioè compiutamente indipendenti. Tuttavia una teoria morale dell’autarchia non è nemmeno necessaria per chi sa intendere la dottrina fascista. Si può dire che essa è un aspetto della dottrina economica fascista, mentre è la manifestazione concreta della nascita della nazione imperiale. Ma solo con Mussolini si fonda una teoria veramente definitiva e creatrice, perchè supera i confini di una Nazione, per diventare uno dei fattori fondamentali dell’ingresso dei popoli giovani nel mondo. Difatti la dottrina autarchica italiana è squisitamente concetto internazionale perchè mira ad un radicale mutamento dei rapporti economici. L’autarchia fortifica la nostra posizione nel commercio internazionale, perchè ci sottrae dalla dipendenza nei rami vitali delle industrie e ci consente di negoziare importazioni ed esportazioni. Il principio autarchico, animato dall’equivalenza economia-morale, non è campato in aria, ma è logico progresso dal passato. Il sistema mercantilista suggeriva di accumulare ricchezze con gli scambi internazionali, ma riduceva le ricchezze all’oro e alla moneta. Per noi si accumula ricchezza col lavoro e con i mezzi di sussistenza. Da qui l’importanza, nel quadro autarchico, della bonifica integrale, della battaglia del grano, della colonizzazione interna, dell’incremento demografico, della preparazione militare. Tutti aspetti di un’identica necessità, modi di essere di una sola realtà. L’asse della potenza economica dovrà spostarsi dall’egemonia data dal possesso delle materie prime e dalla preponderanza geografica, alla giustizia internazionale voluta dalle forze del lavoro, della scienza, del genio; onde il Gran Consiglio nella sessione primaverile del 1937-XV chiese alla scienza e alla tecnica di « collaborare al sollecito raggiungimento di questo massimo di autarchia, perchè solo con la scienza, col dolore e con lo spirito pronto ad ogni evento, i popoli meno dotati possono resistere all’eventuale aggressione di paesi ricchi di denaro e possessori di maggiori risorse naturali ». Il principio italiano è chiaramente in funzione di un principio internazionale, non solo per gli scopi, ma anche per i presupposti. A prescindere da ciò, il valore morale del principio vale per tutti i popoli. Vale per tutti che la ricchezza e l’oro non sono più i despoti del mondo. L’Italia ha ormai sanzionato la legittimità della ribellione allo stato di fatto e di diritto della povertà. La conquista territoriale e la rivendicazione di sacrosanti diritti hanno sostituito l’adattamento passivo che aveva diviso il mondo in ricchi e in poveri. Peggio per chi non ha capito la Rivoluzione Fascista, se questa ha proiettato su un piano internazionale la lotta di classe.
Ma, evidentemente, senza un’alta tensione morale, non sarebbe stato possibile all’Italia creare questo nuovo atteggiamento internazionale; non sarebbe stato possibile neppure se il principio autarchico italiano non fosse stato sorretto da un sistema di vita politica ed economica; se, in altri termini, la mistica autarchica non avesse avuto già una base nella realtà dei fatti e della dottrina. E’ la dottrina fascista che afferma come economia e politica si identifichino, in quanto l’economia non è che un aspetto dell’etica che attua fini politici servendosi di una tecnica che si chiama appunto « economia ». Del resto, questa, nello Stato totalitario non potrebbe essere altro che adeguamento dei mezzi a fini di ordine etico e politico. Però non è vero che lo Stato corporativo risolva la politica in economia; è vero proprio il contrario, perchè uno Stato che è destinato a tracciare un solco maestro nella storia, è sempre uno Stato « politico ». Sull’autarchia è pertanto imperniata una vasta campagna che supera la stessa finalità economica. La mistica, cioè il senso della ineluttabilità, ci avverte che la battaglia antiliberista ha per principio tattico il principio autarchico. Il liberismo economico è, difatti, non solo anti-corporativo, ma anti-autarchico, secondo una logica che valse ad asservire i Paesi consumatori ai Paesi produttori. Ma quel che è essenziale tenere sempre ben a mente, interviene Giani, è… l’assunzione dell’identità Stato eguale concezione di vita, che a sua volta pone, come conseguenza logica e necessaria, l’abbandono e l’assoluta eliminazione e negazione, in questa vita — su questa terra — di qualsiasi valore o principio che sia non solo al di sopra ma anche semplicemente al di fuori dello Stato concepito fascisticamente. Ora, se lo Stato puntualizza ed assorbe tutta la vita terrena, sia spirituale che organizzativa, non può rimanere dubbio o riserva sull’assoluta e totale dipendenza dell’economia dalla politica. Questa subordinazione rappresenta indubbiamente il punto rivoluzionario d’origine del pensiero fasciata nel campo economico. Nessuno può invero negare che solo partendo da questa base si può arrivare al corporativismo e all’autarchia. È pacifico infatti che il problema fondamentale di ogni Stato, se nei suoi aspetti interni è un problema di giustizia — che noi fascisti chiamiamo giustizia sociale volendo dire che deve risolversi nella reale ed equa ripartizione, in funzione delle singole personalità, degli oneri e degli onori dei cittadini che formano lo Stato — nei rapporti con gli altri Stati si pone come un problema di potenza. Ora, se il corporativismo ha indiscutibilmente risolto il problema della giustizia sociale e se ha creato con ciò le condizioni necessarie ma non sufficienti per la soluzione del problema della potenza, per raggiungere questo secondo obiettivo lo Stato ha dovuto ricorrere all’autarchia. Corporativismo e autarchia perciò rappresentano la successione logica e storica dell’affermarsi dei principi politici del Fascismo prima nell’ambito statuale e poi nei rapporti internazionali… Potete scaricare il testo integrale del documento in formato Pdf. digitando QUI!
IlCovo