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Quarta opera della Biblioteca: “L’IDEOLOGIA DEL FASCISMO – il fondamento razionale del totalitarismo” di A. James Gregor

     Gregor

La “Biblioteca del Covo”, nata con l’intento di favorire lo studio dei fondamenti dottrinali del Fascismo attingendo direttamente alle fonti ideologiche primarie del “ventennio”, prosegue nel solco di tale direzione e va oltre, ampliando la propria offerta editoriale presentando la ristampa di quello che è stato il primo studio storico dedicato all’Ideologia Fascista. Scritto nel 1969, “all’insegna della buona fede, dell’imparzialità e della assoluta indipendenza”, come ebbe già a definirlo Giuseppe Prezzolini, L’IDEOLOGIA DEL FASCISMO dell’americano A. James Gregor, ha portato una ventata di aria nuova nella storiografia dedicata al Regime mussoliniano. L’autore, infatti, avvalendosi dello studio di un’ampia documentazione di fonti primarie, anche e soprattutto fasciste, sebbene lungi da qualsiasi intento interpretativo apologetico del fascismo stesso e ugualmente distante da polemiche moralistiche demonizzanti, tipiche di certa storiografia politicizzata in senso antifascista, rilevò nello “Stato Etico fascista” il mito politico razionale (ma non razionalista!) che stava a fondamento della concezione totalitaria e religiosa dello “Stato Nuovo” mussoliniano, ovvero quel “fondamento razionale di matrice gentiliana che assunse la funzione di elemento ideologico comune nel quale tutti i più illustri teorici dell’elite politica fascista, da Costamagna a Panunzio, passando per Rocco oltre che naturalmente allo stesso Gentile, al di là dei differenti ambiti culturali e politici di provenienza, si riconobbero senza riserve. Di più, Gregor vi sosteneva che l’ideologia del Fascismo rifiuta le categorie di “destra” e “sinistra”, incarna una dittatura di sviluppo attivamente nazionalista, con un impianto ideologico razionalmente coerente, animata da una sorta di concezione religiosa della politica, guidata da un capo carismatico e diretta da un partito unico, inserito in un sistema dominato dallo Stato etico, risultando perciò storicamente e intellettualmente un “unicum” in quanto, secondo la sua personale interpretazione, prodotto di un particolare insieme di idee prevalenti nel corso dei primi decenni del ventesimo secolo. Ancora, rileggendone il senso dell’esperienza storica quale risposta a problemi politici e sociali generali, tale ideologia assume un’importanza molto più vasta di quanto la sua breve esistenza storica lasci supporre, poiché il Fascismo rappresenta un tipo estremo di movimento rivoluzionario di massa, il primo esempio maturo di movimento di modernizzazione, il primo che aspirò a impegnare la totalità delle risorse umane e naturali di una comunità storica per lo sviluppo nazionale e che per il raggiungimento dei propri fini richiese un organismo centralizzato per la mobilitazione, la dislocazione e la direzione delle risorse, il primo esempio dove comparvero lo Stato totalitario ed il partito unico autoritario che promosse i mutamenti in direzione di un capitalismo di Stato totalitario; in breve, Gregor ritiene che il Fascismo appare come il primo rappresentante di quelle rivoluzioni chiamate «rivoluzioni progressiste». E’ indubbio che molte di tali conclusioni abbiano anticipato e influenzato parecchi dei successivi lavori di altrettanti specialisti; come ad esempio quelli di Emilio Gentile, in merito alla “sacralizzazione della politica” nonché alla valenza specificamente totalitaria del Fascismo, sebbene legata a peculiari individualità ideologiche, sociali, storiche e nazionali italiane; o quelli di Zeev Sternhell, riguardo la continuità ideale tra la revisione antimaterialistica del socialismo elaborata nell’ambito del “sindacalismo rivoluzionario”, quale “nuova aristocrazia politica della volontà” votata alla lotta contro gli “inganni borghesi” del liberalismo parlamentare, e il Fascismo, nei quali si evidenzia la valenza politica rivoluzionaria, l’originalità intellettuale e la piena maturità ideologica di quest’ultimo; o persino i lavori assai più recenti di Alessandra Tarquini, in cui si sottolinea l’esistenza e l’uniformità ideologica di una specifica “cultura totalitaria fascista” condivisa tanto dai fascisti “gentiliani” quanto da quelli “antigentiliani” e capace di analisi e soluzioni politiche di valore. Di fatto, Gregor realizzò nel 1969 quella che a tutt’oggi rimane un’opera fondamentale e insuperata, sia per l’accuratezza e l’ampiezza delle fonti, che per l’estensione cronologica della ricerca e il rigore dell’analisi, risultando pertanto imprescindibile nello studio storico del totalitarismo fascista. E tutto ciò, va ugualmente osservato, nonostante le conclusioni dell’autore appaiano in evidente contrasto tanto con le interpretazioni della “vulgata antifascista”, di “defeliciana” memoria, quanto con le stesse analisi espresse ufficialmente dagli ideologi del P.N.F. e dai “mistici fascisti” in merito all’essenza primariamente “spirituale” ed antieconomicista della dottrina mussoliniana, una caratteristica questa che, seppure certamente osservata nel lavoro del professore americano, è stata decisamente sottovalutata. Un contrasto evidente e inevitabile, accentuatosi ulteriormente nei suoi ulteriori studi più recenti, poiché dovuto, come lo stesso Gregor ha più volte evidenziato, alla natura essenzialmente apolitica ed all’orientamento prevalentemente sociologico della sua peculiare interpretazione del Fascismo. La “Biblioteca del Covo”, dopo decenni di assenza dai cataloghi librari, ne ripropone integralmente il contenuto, arricchendo il testo di una nuova introduzione dell’autore nonché di un’ulteriore contributo presente in appendice dedicato alla politica economica” del Regime mussoliniano.

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