La frase retorica, di maggior impatto, pronunciata durante i “festeggiamenti” della guerra civile italiana (il 25 aprile) che si concluse con una carneficina ad armi deposte (il calcolo delle vittime è incerto, ma verosimilmente vicino ai 100.000 morti). è quella che titola questo scritto: la “resistenza antifascista” ci avrebbe “donato” la “libertà”. Tale retorica è seguita anche dal : “se tu puoi dissentire (!) è grazie ai partigiani, che ti hanno donato la libertà”. Non si sa quale sia più falsa, tra le due citazioni apodittiche. Gli anglo-americani hanno sempre tenuto il punto, e bisogna dire con piena ragione, sulla paternità della vittoria nella campagna italiana: è loro. Questo è indiscutibile, i fatti lo dicono, soprattutto le stragi immani che hanno accompagnato tale “obiettivo” (es: qui). Il “proclama Alexander” del novembre del 1944, ha il merito di definire chiaramente a cosa servissero “i patrioti”, armati e usati dagli “alleati” durante la campagna d’Italia, e quale funzione politica (più che militare) avessero. In tempi recenti, poi, studiosi di varia estrazione (es. N. Farrell, qui), hanno ribadito l’ovvio: la “resistenza antifascista” non ha “liberato l’Italia”, ma la guerra è stata vinta dagli anglo-americani, che non avevano necessità, per poterla portare a termine, di nessuna guerriglia locale organizzata. Invece, tale guerriglia, era (ed è) necessaria per far rimanere diviso il popolo italiano, in modo fittizio, e per garantire la stabilità dell’occupazione militare permanente della penisola. Quello, infatti, che ci è stato “donato”, dopo il “25 aprile”, è esattamente questo: una occupazione militare permanente, che viene mantenuta attraverso governi di amministrazione locale, che si avvicendano per mantenere, politicamente, la divisione della popolazione al fine della prosecuzione, indisturbata, della dittatura militare in atto. Tale elemento fattuale è precisato, nei suoi termini più netti, dal Trattato (diktat) di Parigi del 1947. Poi: dalla occupazione militare concreta del territorio della penisola, usato come “portaerei” naturale e base militare generale della cosiddetta “Alleanza atlantica”, nella quale la (ex) Italia non ha possibilità alcuna di decidere. Quindi, la propaganda secondo cui chiunque possa “dissentire” da tale scenario, è esattamente una fandonia. Nessuno può dissentire, infatti, chi lo fa, viene perseguito. In vari modi. La “libertà” (qui), parafrasando Mussolini, è quella che i “vincitori” riservano per sè, e negano agli altri. Si è “liberi” nella misura in cui si fa, e si dice, ciò che è consentito. Un articolo di Mussolini, del dicembre 1943, con incredibile preveggenza, descrive la situazione attuale. Descrivendo la situazione del meridione d’Italia, e della occupazione militare che subiva, poi estesa a tutta la penisola, sancita dal “25 aprile”. La “menzogna” di cui parla l’articolo è sostenuta in modo immancabile e assolutamente necessario dai Media (la “radio”). Al giorno d’oggi, i “festeggiamenti” della guerra civile infatti si producono esattamente in ciò che descrive l’articolo: enfatizzare (o addirittura inventare) rappresaglie (la legge della rappresaglia, in guerra, era seguita da TUTTI i belligeranti, qui), trasformarle in “eccidi, stragi, sterminii”, e unicizzarle alla parte nemica. Poi, nel convincere la popolazione che quella che è stata ottenuta, sia la “libertà”. Tutto questo è negato dai fatti, in primis. Poi, dalla condizione specifica di ogni singolo cittadino della ex Italia, ormai inesistente come Nazione e come Stato. Infatti, il primo atto che ha succeduto la cosiddetta “liberazione”, è stato quello di negare processi agli sconfitti, inaugurando la carneficina proprio con l’impiccagione del cadavere di Mussolini in piazzale Loreto, a Milano. La “Patria”, dunque, di cui i cosiddetti “Patrioti” si facevano alfieri, attraverso la guerra civile, era morta. La “Libertà” era (ed è) la prima vittima di tale omicidio, e la riconciliazione nazionale, di cui il giornalista antifascista Carlo Silvestri (es qui), sulla linea di Giovanni Gentile, si fece promotore, fu (ed è) impedita per strategia militare in atto. L’articolo di Mussolini colpisce, perchè fa comprendere il motivo per cui, in genere, il centro-meridione d’Italia è lontano dalla retorica “liberazionistica”, e perchè invece, il Nord Italia subisca una linea resistenzialistica radicale, con un apparato di vigilanza politica (polizia) attivo ed operante, a mo’ di esempio per il resto della cittadinanza. Il Nord Italia è stato infestato dalla guerra civile, che si è trasformata in “permanente”, e che ha generato la carneficina di cui patiamo ancora il drammatico e assoluto male. Per questo motivo, ogni attività che miri alla vera riconciliazione nazionale, presupposto fondamentale per la rinascita della vera Patria, viene minata e osteggiata in ogni modo e con ogni mezzo. Attività che non può che fondarsi sulla Verità storico-politologica, diffusa, finalmente, tra la cittadinanza. Attività che, a Dio piacendo, porteremo avanti, fino a quel benedetto giorno in cui gli Italiani, torneranno a chiamarsi tali. Buona lettura
RomaInvictaAeterna
Menzogna e verità della radio nemica
(Pubblicato in « Corrispondenza Repubblicana », 29 dicembre 1943)
di Benito Mussolini
La propaganda nemica, nel descrivere le condizioni interne dell’Italia non occupata dagli anglonordamericani, ampliando isolati episodi e spesso inventando di sana pianta, dipinge la situazione a colori così foschi che davvero non si comprende per quale ragione i « liberatori » non abbiano raggiunto il Brennero in otto giorni. Rivolte, stragi, battaglie con relativo impiego di carri armati e di aerei vengono ogni giorno illustrate e propinate a dosi crescenti, prima e dopo i pasti, agli ingenui ascoltatori.
Le varie radio nemiche che gareggiano fra loro nel superarsi con le notizie più sensazionali non sanno che cosa ancora creare per accontentare il pubblico, che, ormai abituato alle grosse panzane, non può appagarsi con le menzogne di modesta entità.
Ci limitiamo a ripetere alcune delle notizie di maggior « effetto », scelte fra le emissioni radiofoniche degli ultimi giorni.
Innanzitutto si apprende che i cosiddetti « ribelli », i quali sono, piuttosto, degli « sbandati », che, in nome di un non ben identificato « patriottismo », rapinano ed uccidono, in agguati e in imboscate notturne, agirebbero sotto un’unica guida. Si tratterebbe, secondo una emittente nemica, di un « tutto organico, con un comandante per ogni formazione militare e con forti aiuti politici e finanziari ». Organizzazione che ricorda molto da vicino quella dei gangsters di buona memoria, di cui Hollywood ci ha fatto conoscere metodi, imprese ed eroi.
Anche la popolazione civile prenderebbe parte ad operazioni in grande stile contro i tedeschi. Tanto è vero che sarebbero scoppiate poderose rivolte, in questi ultimi giorni, in numerose città. A Firenze sarebbe stato addirittura assediato un quartiere cittadino, per liberare il quale si sarebbero resi necessari una settimana di tempo e l’impiego di carri armati. Presso Pistoia le truppe germaniche avrebbero dovuto sgombrare parecchi villaggi e nei dintorni di La Spezia, parla sempre la solita radio nemica, i contadini avebbero organizzato squadre di difesa armate « contro militi che andavano girando per la campagna ». Sul lago Maggiore si starebbe svolgendo, né più né meno, che una battaglia fra opposti eserciti. Da una parte decine di migliaia di sbandati, rinforzati da un gran numero di ex-prigionieri francesi, britannici, russi, greci, jugoslavi, americani, e chi più ne ha più ne metta; dall’altra duemila tedeschi, che cercherebbero di fronteggiare inutilmente la pressione avversaria.
Precisi particolari sullo svolgimento della singolare contesa, inscenata dai registi della propaganda anglonordamericana, dovrebbero essere chiesti alle popolazioni delle ridenti colline che sovrastano il quietissimo lago.
Ci sono, poi, le notizie che ai creduli ascoltatori, dovrebbero apparire « inoppugnabili » perché vi si citano nomi e località. Si è così verificato lo strano caso del podestà di Salò, Domenico Milanesi, che, secondo una comunicazione ufficiale di radio Mosca, sarebbe stato giustiziato nella piazza della città. Il quale podestà, ignorando la sua sorte, continua ad esercitare, come nella trama di un libro giallo, le sue normali e non mai interrotte mansioni.
Naturalmente, anche le legittime sanzioni della giustizia italiana vengono travisate ed esagerate sino a far loro assumere l’aspetto di eccidi senza motivo, compiuti su larga scala. Ecco, per esempio, un compiacente giornale svizzero annunziare che « duecento padri Italiani, i cui figli hanno eluso la costrizione militare, sono stati trucidati come ostaggi ». Il giornalucolo elvetico trae, naturalmente, la notizia dalla radioemissione nemica.
Per contro, quanto avviene nell’Italia meridionale occupata dagli anglosassoni è minimizzato o del tutto passato sotto silenzio.
Tuttavia gli stessi inglesi e nordamericani non riescono a celare la tragica situazione in cui versano i civili delle terre devastate e dissanguate dalla loro occupazione.
Gran parte del raccolto del grano è stata distrutta dagli stessi « liberatori », i quali, ancor prima dell’invasione, hanno demolito, con feroci e indiscriminati bombardamenti, ferrovie, molini, case coloniche, acquedotti, ospedali.
A Napoli la razione del pane è di cento grammi al giorno; gran privilegio codesto di fronte ai settanta grammi – quando ci sono! – di molte a1tre zone.
« Si era sperato di poter aumentare la razione del pane sino a centocinquanta grammi il giorno, ma questo non è stato possibile », ha dichiarato testualmente il capo della Commissione economica e dei rifornimenti della famigerata A.M.G.O.T., colonnello Gleive, il quale ha soggiunto che « i rifornimenti coprono appena il dieci e mezzo per cento del fabbisogno » e che altri cibi, la carne, il latte e le uova, non esistono virtualmente a Napoli.
La fame, e soprattutto la mancanza di elementi sostanziosi, spingono la popolazione a nutrirsi di quello che capita fra le mani: erbaggi (quando non siano erbacce) raccolti ove è possibile, frutta avariata e, persino, rifiuti. Le condizioni igieniche sono, per questo, cadute a un livello bassissimo; e prima conseguenza è stato lo scoppio di una violenta epidemia di tifo petecchiale, che, secondo quanto annunzia ufficialmente la Reuter, ha indotto il generale Clark a proibire alle truppe della quinta Armata l’ingresso nella città.
In tutta l’Italia meridionale, e particolarmente nei maggiori centri, la miseria spinge i bimbi all’accattonaggio e, sovente, le donne alla prostituzione.
L’United Press scrive (e questa volta siamo a Bari) che torme di ragazzi circondano i soldati americani, chiedendo loro una piccola elemosina e insistendo fino a quando non riescono a ottenere qualche soldo. E perché il quadro sia più efficace, il corrispondente dell’United Press ricorre a questo originale paragone:
« I bambini di Bari hanno diviso la città in tanti quartieri, precisamente come facevano i contrabbandieri di alcolici degli Stati Uniti durante il proibizionismo e come, probabilmente, faranno di nuovo nell’avvenire ».
E così continua:
« Ogni bambino che incontrate vi chiederà di regalargli qualche cosa o di acquistare qualche oggetto. Questi bambini domandano dolciumi, denaro e sigarette e, in cambio, vi offrono di procurarvi vino, pranzo di pollo, bella signorina. Questi bambini vi venderanno tutto e qualsiasi cosa, dalle mandorle in su, per una lunga gamma, che termina con la proposta di vendervi la propria sorella maggiore ».
E il triste quadretto tira avanti ancora, con un tono di brutale cinismo, pienamente degno di un cronista nordamericano.
Sono codesti, visti da vicino e secondo quello che essi stessi dicono e scrivono, i veri «liberatori», che le disgraziate popolazioni dell’Italia meridionale hanno imparato a odiare con un odio profondo e tenace, che già si è manifestato in concrete espressioni e che non può non portare un efficace contributo alla liberazione della Patria dall’oppressione anglonordamericana. E tanto è vero anche questo che la stessa United Press è costretta ad ammettere che la popolazione « sopporta le truppe alleate perché non può fare altrimenti ».
In questo modo la propaganda nemica, mentre da un lato, non sempre riesce a nascondere compiutamente quanto avviene nei territori occupati, cerca, d’altra parte, di svisare la realtà con allettanti promesse e con fantastiche invenzioni.
Per le prime vi sono già milioni di italiani che hanno avuto modo di constatare, con l’esperienza, come esse siano state e siano mantenute. Per quanto riguarda, invece, i fantasiosi avvenimenti che si verificherebbero nell’Italia non occupata dal nemico, non vale la pena di rispondere, volta per volta, caso per caso, alle impudenze delle varie radio delle cosiddette « nazioni unite ». Lo facciamo oggi, una volta per sempre.
Non stupisce che la propaganda avversaria usi di codesti mezzi, poiché essi sono i mezzi che, appunto, la caratterizzano. Stupisce, invece, che una parte del popolo italiano possa prestare ancora ascolto alle affermazioni delle radio nemiche.
Conforta tuttavia la speranza che quanto quotidianamente avviene nelle regioni occupate giovi, perlomeno, ad aprire gli occhi agli ultimi illusi, e, soprattutto, conforta la certezza che nell’Italia meridionale sì stanno ora preparando le testimonianze per la storia.
