
Siamo finalmente giunti all’80° anniversario dell’invasione della Sicilia, che fu storicamente la prima tappa dell’occupazione dell’Italia da parte degli anglo-americani (purtroppo perdurante a tutt’oggi!) e possiamo affermare con legittimo orgoglio che gli anni trascorsi da quando cominciammo come associazione “IlCovo” ad occuparci di ricordare taluni degli episodi relativi al contrasto attuato dai militari italiani relativi a quel tragico evento (nella maggioranza dei casi sconosciuti ai più e preferibilmente taciuti o mistificati dalla cosiddetta “storiografia istituzionale ufficiale”) non sono passati invano, come già scrivemmo nel nostro articolo dello scorso anno dedicato alle “scomode verità” della “Battaglia di Sicilia” (per leggerlo digitare QUI). Di fatto, la percezione della parte più cosciente del popolo italiano relativa a quell’epocale avvenimento storico, assai carico di significati connessi con il presente, è radicalmente mutata. Il prezioso e paziente lavoro attuato nel corso degli anni da tanti ricercatori indipendenti come Noi, svincolati da qualsiasi logica politico-clientelare legata al panorama istituzionale, indirizzato invece tanto alla riscoperta verace della “piccola Storia” – cioè di tutta una serie di minuti episodi bellici sconosciuti avvenuti in quel contesto – quanto al ricollocamento di ciascun avvenimento nel macro-insieme dei fatti in questione rappresentando idealmente ognuno di essi singole “tessere” di un più vasto “mosaico”, che una volta sistemate tutte al proprio posto e così collegate tra loro, ha restituito una nuova immagine d’insieme, che trasforma concretamente in modo radicale il senso ultimo della rappresentazione complessiva di quei 38 giorni di campagna militare per come essa è stata finora tramandata in modo mendace dalle istituzioni ufficiali; una immagine che adesso possiamo qualificare senza dubbio come storicamente falsa e politicamente tendenziosa. Ebbene, tale comprensione dell’effettiva realtà storica è adesso presente in una non piccola parte della cittadinanza e ciò è ampiamente riscontrabile in base al crescente interesse che quegli avvenimenti suscitano sempre più a livello di pubblica opinione, nonché dalla reazione della stampa e dei media del Sistema antifascista dominante, che tenta di correre ai ripari reiterando ed implementando la dose di bugie al riguardo da propinare alla cittadinanza. Nel nostro piccolo siamo fieri di aver contribuito a tutto ciò, così come siamo lieti che il disinteresse e lo schietto amore per la Verità che ci animano nel compiere un simile sforzo rivolto a conoscere la Verità dei fatti, vengano sempre più distintamente percepiti a livello pubblico da parte di chi legge quanto scriviamo, anche da parte di coloro che pur non condividendo il nostro orientamento politico schiettamente fascista, riconoscono però comunque il valore della nostra opera. E’ il caso del Signor Sabatini, che ci ha contattato per metterci a conoscenza dell’episodio bellico di cui suo padre, il Maggiore dei Bersaglieri Mario Sabatini, comandante del 527° battaglione, in quel frangente fu protagonista e che volentieri qui di seguito riportiamo…
Tornato da una bellissima vacanza in Sicilia con mia moglie Christine, francese ma di origini normanne, che ama quell’isola anche per questo, mi sono messo a guardare la cartina geografica dell’isola. E come se il destino avesse deciso di condurmi per mano, mi sono imbattuto in un nome da me udito quando ero ancora molto piccolo, negli interminabili racconti di guerra tra mio padre Mario e mio fratello Claudio: Palma di Montechiaro. Devo precisare che la seconda guerra mondiale per la nostra famiglia non è stata soltanto un brutto ricordo, ma ha impattato molto violentemente sulle nostre esistenze, infatti un altro fratello, al quale è stata riconosciuta poi la medaglia d’argento al valore, è stato ucciso da un gruppo di partigiani, ladri e assassini. I due fratelli Fabio e Claudio infatti, dopo lo sbarco americano si recarono verso il sud dove si stava ricostituendo l’esercito italiano per combattere con loro. In un primo tempo però furono messi a disposizione dell’OSS, per azioni di spionaggio. In una di queste Fabio riuscendo a fuggire dai tedeschi che lo avevano catturato, si unì alla banda suddetta che più che guerra partigiana faceva, appunto, solo vendette e ladrocini. Ingenuamente li minacciò che avrebbe detto tutto agli americani, e fu la sua fine. Ma torniamo a Palma di Montechiaro. Ricordavo vagamente che mio padre raccontava come il suo battaglione di bersaglieri, di cui era comandante, si era scontrato duramente con gli americani in quel paese, facendoli fuggire. Aiutato solo, diceva, da tre motocarrozzette dotate di tre mitragliatrici. Forse pungolato dalla curiosità o da un certo complesso di colpa per la noia con cui ascoltavo da piccolo questi racconti, decisi di saperne di più. Mi accorsi che non conoscevo neanche il numero del battaglione di cui mio padre era maggiore. Pensai allora di rivolgermi allo “Stato Maggiore dell’Esercito” per avere notizie più precise. C’è da aggiungere che mio padre non doveva essere proprio uno sconosciuto alle forze armate, dato che aveva partecipato già come pilota di aerei alla prima guerra mondiale, era stato richiamato nella seconda e sbattuto in Albania, e quindi poi dopo esser guarito da una ferita avuta in combattimento, inviato a difendere la Sicilia, nonostante fosse solo un ufficiale di complemento. Eppure nessuno mi sapeva dare una traccia. Parlai con un ufficiale dello stato maggiore che mi disse come molti archivi fossero andati distrutti, che loro non potevano darmi alcuna notizia. Ma non era così, e forse c’era una spiegazione anche perché dovevano sapere che tutti gli ufficiali avevano rilasciato una memoria alla fine della guerra. Infatti, dopo una serie di ricerche infinite, dopo aver contattato decine di siti, che parlavano di questi bersaglieri come dei pazzi presi dal furore bellico, capii la verità che si era voluta occultare. Il 527° bersaglieri che aveva combattuto eroicamente a Palma di Montechiaro, perdendo forse l’8o% degli effettivi, e che non si era arreso mai al nemico, non andava bene al mainstream nazionale, dove dobbiamo apparire un popolo di vili e tutti contro il fascismo. Sia chiaro, mio padre non era fascista, ma era un patriota, i suoi figli non erano andati a combattere per i tedeschi, perché l’educazione ricevuta era un’altra. Tuttavia la vera storia non è quella raccontata, ma è molto più complessa. C’è gente nel nostro paese che ha pagato con il sangue il suo essere italiano, poi ci sono i ciarlatani e i sedicenti antifascisti, mentre i veri antifascisti sono purtroppo morti. Forse sarebbe il caso di fare un po’ di chiarezza. Ma torniamo alla vera storia del battaglione “fantasma”, ma che non lo era poi tanto. Il generale Ottorino Schreiber, che comandava la zona oggetto dell’invasione americana, cercò più volte, tra il 10 e 11 luglio del 43 di contrastare l’occupazione di Palma di Montechiaro, snodo cruciale per l’invasione dell’isola, senza riuscirci. Quasi in estremi ordinò al 527° bersaglieri, che aveva base a Masseria Logiudice di attaccare e riconquistare il paese. Nella notte il 527° comandato dal maggiore Sabatini, si avvicinò all’obbiettivo, e all’alba, come si dice in un famoso film, scatenò l’inferno. Gli americani sorpresi fuggirono dal paese, che fu per alcune ore in mano agli italiani. Ma la battaglia fu feroce, come dicono gli stessi resoconti americani: casa per casa. Intanto a dare manforte alle truppe alleate arrivarono gli aerei, i carri armati, altre truppe e soprattutto i cannoni delle loro navi che, mi ricordo ancora i racconti di mio padre, facevano alzare tanta terra quanto un campo di calcio. Nessun rinforzo invece da parte italiana, ed il 527° seppur decimato riuscì a rompere l’accerchiamento, credo nel pomeriggio. Tutto quello che ho raccontato è la pura cronaca degli avvenimenti, tra l’altro supportata dalla relazione dello stesso generale Schreiber, citata da Mino Tramonti nel suo libro dal Mincio al Don, (il 527° come un colpo di vento si abbatté su Palma di Montechiaro) e che invece viene travisata da testi forniti dallo stato maggiore i quali, assurdo, parlano di euforia di combattimento da parte del battaglione. Se così fosse, tutti gli atti eroici, tutti i soldati morti, i nostri caduti, sarebbero stati presi dall’euforia del combattimento. E’ meglio ridere per non piangere di fronte a tanto servilismo e chi legge questa storia sappia che sotto il sole di Sicilia abbiamo combattuto con coraggio e dignità. Solo un’immagine che spesso mio padre ricordava. Lui con la sua Beretta d’ordinanza dietro il suo aiutante di campo, il sottotenente Giordano, che sparava raffiche di mitra, finché fu falciato dal fuoco nemico. Scusate ma concludo con un invito per il turista italiano o straniero che passa davanti a Palma di Montechiaro. Come la lapide per i 300 di Leonida: ricordati viandante del 527° battaglione bersaglieri che qui si immolò per obbedire agli ordini ricevuti e servire la patria. I Greci, dopo più di migliaia di anni, ricordano ancora il valore dei loro eroi spartani. Per noi, invece, i nostri eroi devono morire nell’oblio.
Andrea Sabatini
Fin qui il racconto filiale del signor Sabatini, che abbiamo integralmente riportato perché ci è parso doveroso onorare il ricordo di quegli eroici soldati dell’Italia Fascista, che ad ogni costo fecero di necessità virtù ed il proprio dovere fino in fondo, anche se il signor Sabatini ha giustamente precisato, nel caso di suo padre, che non tutti quei militari erano per forza di cose fascisti. Eppure, riflettendo sulle sue parole, non vi sarebbe stato nulla di strano né di disdicevole in sé, qualora il Battaglione di bersaglieri in questione (il 527° a sua volta inquadrato nel 177° reggimento), constatando che in virtù del proprio impeto battagliero il nemico si dava alla fuga, fosse stato preso da “euforia di combattimento” tentando il più possibile di incalzare il nemico e di travolgerne la resistenza. Che cosa dunque lo Stato Maggiore dell’Esercito italiano (S.M.E) della repubblica antifascista ha da rimproverare concretamente all’azione intrepida di quei soldati, tanto da stigmatizzare la loro “euforia di combattimento”? Per comprenderlo abbiamo consultato quella che a tutti gli effetti è la relazione ufficiale dell’Ufficio Storico dello “Stato Maggiore dell’Esercito” inerente quella campagna militare, ossia il testo del defunto Alberto Santoni, già docente dell’Università di Pisa, che relativamente all’episodio in questione così riporta:
Frattanto, in direzione di Palma di Montechiaro, era iniziata la controffensiva del DXXVII btg. bersaglieri giunto da Favara e mossosi da Masseria Giudice. Questo battaglione era stato rinforzato per l’occasione da un plotone della 1° cp. motomitraglieri ed era appoggiato dalla 2a btr. Da 105/28 del XXII gruppo. Tali reparti si scontrarono durante la mattina e il primo pomeriggio dell’11 con il III/7° gruppo tattico reggimentale americano sia all’interno dell’abitato di Palma di Montechiaro, sia sulle alture circostanti, finché la lotta cessò alle 15:30 con il sopravvento statunitense. A quell’ora infatti il Diario Storico Militare del XII C.A. reca annotato che il DXXVII btg. bersaglieri aveva oltrepassato la stretta ad un chilometro ad ovest di palma ed era penetrato nell’abitato, dove « attardandosi in combattimenti episodici veniva circondato e catturato dall’avversario » (A.U.S.E. , cartella 2011 « Diario Storico Militare del XII Corpo d’Armata », pagg. 16 – 17 : ore 15.30 dell’11 luglio 1943.) La batteria del XXII gruppo art. restava da parte sua quasi totalmente distrutta da attacchi aerei lungo la rotabile costiera 115, mentre il Comando del XII C.A. lamentava che ripetute richieste di protezione dal cielo rivolte nella mattinata non erano state soddisfatte dalla Regia Aeronautica a causa di varie difficoltà operative e burocratiche (A.U.S.E. , cartella 2011 « Diario Storico Militare del XII Corpo d’Armata », pag. 17 e allegato 31).
Alberto Santoni, Le operazioni in Sicilia e Calabria (Luglio – Settembre 1943), Roma, 1989, Ufficio Storico Stato Maggiore dell’Esercito, p. 213)
Ebbene, il lavoro del Santoni (pace all’anima sua!), che pure ricevette l’imprimatur dello S.M.E., ci ha già dimostrato di essere impreciso e tendenzioso, come ad esempio nel caso in cui descrive (alle pagine 317 – 318) l’ingresso delle truppe americane a Palermo come “abbastanza agevole” ed avvenuto “tra il giubilo della popolazione”, fatti questi che abbiamo già ampiamente contestato in un nostro apposito articolo dedicato agli scontri colà avvenuti tra truppe statunitensi e italiane (per leggerlo digitare QUI), che sembrano mostrare come in modo erroneo il docente universitario al riguardo pare aver preso per buone esclusivamente fonti e resoconti di parte Alleata. Ma nella presente occasione specifica, seppure egli non riferisce affatto di “euforia di combattimento” da parte del 527° battaglione bersaglieri, chiarisce comunque implicitamente il perché della critica rivolta a quest’ultimo, giacché rivela come « attardandosi in combattimenti episodici veniva circondato e catturato dall’avversario » citando al riguardo direttamente nientemeno che il Diario Storico del XII Corpo d’Armata compilato nel 1943, nell’ambito del quale agì la predetta unità. Stando così le cose, al fine di appurare i fatti, abbiamo consultato direttamente il documento in questione, che rappresenta al riguardo la fonte documentale primaria per parte italiana e che provvidenzialmente possediamo, avendola a suo tempo messa a disposizione dei lettori della “Biblioteca del Covo” in formato Pdf. (per scaricarlo e leggerlo digitare QUI). A questo punto però le “sorprese” non sono mancate! Ma procediamo gradualmente con la descrizione cronologica dei fatti in questione, mostrando direttamente i relativi estratti del documento.

In data 10 luglio 1943, a pagina 10 è riportato:

Qui per la prima volta si nomina il 177° rgt. bersaglieri, in cui è inquadrato il 527°btg. del Maggiore Sabatini, nonché la missione affidatagli. Successivamente, in data 11 luglio 1943 a pagina 16 è scritto:

Dunque si accenna che la controffensiva italiana per rioccupare anche Palma di Montechiaro è partita all’alba dell’11 luglio, avendo un buon esito ma precario, senza alcuna descrizione particolareggiata dei fatti. Nulla rispetto a quanto citato dal Santoni, né a pagina 16 tantomeno a pagina 17, ma una svista da parte del professore ci può anche stare. Piccoli errori al riguardo capitano anche ai più esperti e puntigliosi ricercatori. Tanto è vero che alle pagine 18 e 19, registrato alle ore 15:30, sempre in data 11 luglio 1943 ecco che compare presente proprio il brano riportato nella relazione S.M.E. firmata dal Santoni: 
Ma questo piccolo brano risulta invero assai rivelatore. In primis perché finalmente si accenna all’entusiasmo del 527° battaglione bersaglieri, poi perché vi si specifica che “attardandosi in combattimento episodico viene circondato dall’avversario“, ma non vi è affatto alcun riferimento alla cattura dello stesso da parte dell’avversario, secondo quanto affermato invece dal Santoni. Possibile che il rinomato docente abbia preso una simile cantonata? Proseguendo nella lettura però, vi è un ulteriore elemento che non permette di dubitare più sulla volontarietà di forzare a bella posta l’interpretazione dei fatti da parte del rinomato accademico (pace all’anima sua!). Infatti, la dove egli sostiene testualmente che “La batteria del XXII gruppo art. restava da parte sua quasi totalmente distrutta da attacchi aerei lungo la rotabile costiera 115″, nel testo della relazione del XII Corpo d’Armata si legge invece che la suddetta batteria “era invece fortemente danneggiata“! Insomma, a furia di interpretare liberamente la documentazione, debordando verso la forzatura, di supposizione in supposizione, pare che l’esimio ricercatore sia scivolato nella supponenza! E non già che mancassero elementi nello stesso diario del 1943 atti ad invalidarne le “ardite congetture”, giacché a pagina 30 in data 13 luglio 1943 compare un indizio assai rivelatore sulla sorte del 527° battaglione bersaglieri:

Ecco allora come “magicamente” salta fuori “di nuovo in libertà” il battaglione bersaglieri già “ufficialmente catturato” l’11 luglio! Inoltre, il buon Santoni (pace all’anima sua!) forse non sapeva che nel 1944 fu costituita la Commissione per l’interrogatorio degli Ufficiali reduci da prigionia di guerra, il cui fondo – custodito da decenni proprio presso l’archivio dell’Ufficio storico dello Stato Maggiore Esercito – nella parte riguardante la Serie Sicilia, comprende 45 buste per un totale complessivo di oltre 6.900 verbali di interrogatorio di altrettanti ufficiali; tra di essi vi sono i nominativi di tre ufficiali: il Tenente Mattucci Tommaso, ufficiale vettovagliamento del 527° btg. bers. catturato in Favara (AG) il 16.07.1943; il Sottotenente Apicella Fernando, comandante 3° plotone mitraglieri, 3a compagnia del 527° btg. bers. catturato in Favara (AG) il 16.07.1943 e il summenzionato Maggiore Sabatini Mario, Comandante del 527° battaglione bersaglieri del 177° reggimento, catturato in Agrigento il 18.07.1943. (Cfr. Andrea Crescenzi, “Fondo M-9, Serie Sicilia, Inventario, a cura dell’Ufficio storico dello Stato Maggiore Difesa, pp. 67, 199, 249). Ma come si suole dire, a “tagliare la testa al toro” definitivamente ci pensa anche la relazione ufficiale dell’esercito americano firmata dal tenente colonnello Garland, la stessa che cita proprio il medesimo Santoni, come nel caso dell’occupazione di Palermo, ma che, a quanto pare, forse si era dimenticato di leggere relativamente ai fatti di Palma di Montechiaro. Essa infatti afferma testualmente che (la traduzione dall’originale inglese è nostra)…
Il 3° battaglione del 7° fanteria (tenente colonnello John A. Heintges), guidò l’avanzata su Palma di Montechiaro all’inizio dell’11 luglio. Attraversando il ponte sul fiume Palma senza incidenti, il battaglione urtò contro il pesante fuoco delle truppe italiane che occupavano posizioni forti lungo una linea di basse colline appena a sud del paese. Dispiegando le proprie truppe, costruendo una base di fuoco e utilizzando armi di supporto con ottimo vantaggio, Heintges avanzò lentamente e spinse gli italiani dentro il paese. Mentre il battaglione si preparava a entrare a Palma intorno alle 11:00, numerose bandiere bianche apparvero sugli edifici del borgo. Il colonnello Heintges inviò una piccola pattuglia per accettare la resa. Sfortunatamente, ad esporre le bandiere bianche erano stati i civili, non i soldati, così la piccola pattuglia americana finì sotto il fuoco nemico. Due uomini furono uccisi, altri due rimasero feriti. Infuriato, Heintges radunò dieci uomini e li condusse personalmente in campo aperto fino a un edificio che sembrava ospitare il fuoco più intenso. Raggiunsero l’edificio sani e salvi, piantarono cariche di demolizione al piano inferiore, si ritirarono per un breve tratto e fecero detonare gli esplosivi. L’esplosione segnò l’inizio dell’attacco e il battaglione entrò in città dietro il suo comandante. I difensori di Palma erano stati rinforzati da una task force che era scesa dal fiume Naro, e su e giù per la via principale scoppiarono pesanti combattimenti. Per due ore la battaglia infuriò casa per casa. Intorno alle 13:00, avendone avuto abbastanza, gli italiani sopravvissuti iniziarono a ritirarsi verso ovest lungo la strada statale 115. Riorganizzando rapidamente il suo battaglione, Heintges lo accompagnò all’inseguimento, liberò rapidamente le colline sul lato sud della statale, trincerandosi lì in attesa del resto della squadra di combattimento.
Garland, H. M. Smith, M. Blumenson, “Sicily and the surrender of Italy”, Center of Military History United States Army, Washinghton, 1993 (prima edizione 1965), pp. 193 -194.
Ebbene, anche questo brano, seppure succinto e dal “sapore assai cinematografico” di inconfondibile marca U.S.A., ci rivela delle notizie parecchio interessanti, stavolta da parte americana: cioè che essi vi fanno finta di dimenticare che già il 10 luglio erano arrivati sino a Palma di Montechiaro e che all’alba dell’11 ne erano stati scacciati dalla controffensiva italiana; che non si fa alcun accenno ad uno stato di “euforia” o di “entusiasmo” delle truppe italiane, tale da spingerle troppo baldanzosamente in avanti e consentirne così la cattura da parte di forze nemiche soverchianti, dopo essere state circondate da queste ultime; che gli italiani dopo alcune ore di battaglia erano ritornati sulle posizioni dalle quali avevano sferrato l’attacco mentre gli americani, successivamente, si erano trincerati in attesa di ricevere nuovi rinforzi. Insomma, come avete potuto osservare, vi sono modi e modi assai diversi di raccontare la stessa Storia, noi fascisti de “IlCovo” anche quest’oggi abbiamo voluto farvi vedere il Nostro, convinti di essere riusciti a mostrarvi la Verità dei fatti e con ciò a rendere onore nel miglior modo possibile ai valorosi soldati dell’Italia fascista, che 80 anni fa diedero eroicamente e letteralmente TUTTO per quella Italia, dimostrando al riguardo coi fatti e col sangue versato (il proprio e quello dei nemici!), di non dover mai temere il giudizio storico di nessun altro uomo! …e vogliate scusarci se vi pare poco!
IlCovo