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LA “BATTAGLIA DI SICILIA” DEL 1943! …79°anniversario dello Sbarco degli Alleati e della campagna militare dell’Asse italo-tedesco, le “scomode” verità!

All-focusLa “Battaglia di Sicilia”, che nell’estate del 1943, tra il 9 luglio ed il 18 agosto, insanguinò l’isola per 39 giorni di fuoco, con duri combattimenti e massacri indiscriminati, vedendo scontrarsi tra loro le truppe dell’Asse italo-tedesco contro quelle degli Alleati anglo-americani, rappresentò una campagna militare fondamentale, le cui conseguenze politiche ancora oggi si proiettano in modo prepotente sul presente ed alla quale, dal punto di vista della conoscenza dei fatti storici, proprio noi fascisti de “IlCovo“, ci sia consentito scriverlo, in piccola parte abbiamo direttamente contribuito nel corso degli anni, volendo fare finalmente luce sulle reali dinamiche e gli eventi di quella che, a dispetto della propaganda martellante degli ultimi 80 anni orchestrata dai vincitori di allora e dai loro sodali nostrani, che occupano tutt’ora i vertici istituzionali della repubblica italy-ota, non fu affatto una “passeggiata di salute” per gli invasori anglo-americani, ma una sanguinosa e dura operazione bellica, dove questi ultimi ebbero a patire migliaia di perdite ed altrettante ne cagionarono tanto ai combattenti dell’Asse quanto alla popolazione civile dell’isola, la cui memoria vogliamo onorare per tramandare il ricordo di quei tragici fatti alle generazioni future, affinché rammentino che nessuno straniero sbarcò mai per “liberarci”, ma che orde di nemici invasori, ci attaccarono e massacrarono, depredando la nostra terra, considerandoci avversari da sconfiggere, annichilire ed umiliare!

Contrattacchi italiani in Sicilia contro gli Alleati - Biblioteca del CovoProprio noi fascisti de “IlCovo” abbiamo voluto ricordare una tale verità, negata sistematicamente per decenni tanto dalle autorità politiche antifasciste della repubblica italy-ota, quanto da pseudo-storici e pennivendoli della carta stampata, da queste ultime stipendiati per negare scientemente un fatto per loro inaudito e scandaloso e cioè che sul suolo italiano vi fu una dura e sanguinosa lotta, misconosciuta da decenni, tra l’Italia Fascista e gli anglo-americani, in una fase storica dove ancora ufficialmente risultava che il nemico anglo-americano fosse invasore della nostra penisola e non, come invece esso in modo propagandistico si auto-qualificava, “liberatore”. Proprio a causa di tale metamorfosi politica dei ruoli effettivi, dovuta alla propaganda orchestrata abilmente prima dagli Alleati anglo-americani e poi, nel dopoguerra, fatta propria acriticamente dalla repubblica antifascista ad essi asservita, i tanti episodi “scomodi” di caparbio valore e sacrificio degli italiani in quella campagna militare, che costarono loro almeno 4.578 morti, 36.072 dispersi e oltre 30.000 feriti (i tedeschi ebbero 4.325 morti, 4.583 dispersi), furono colpevolmente accantonati e cancellati, in favore di quelli numericamente inferiori di diserzione di fronte al nemico, a mezzo di una manovra di disinformazione propagandistica capillare e martellante, attuata per legittimare la falsa immagine di una nazione che, secondo l’antifascismo mondiale impadronitosi da allora dell’Italia, non avrebbe visto l’ora di “buttarsi fra le braccia” dei propri nemici.

IMG-20180722-WA0013Ma la carneficina che nell’estate del 1943 insanguinò la Sicilia dimostra il contrario; cioè che quella battaglia non fu affatto una “scampagnata” per gli anglo-americani, che lamentarono perdite per decine di migliaia di uomini, cagionate non solo dai tedeschi (come ci siamo sentiti raccontare per decenni!) ma anche e dagli italiani. Mentre la corretta analisi dei fatti storici ci svela l’immagine inedita, tanto in Italia quanto all’estero, di un evento che, nella sua tragicità, vide però rifulgere nella maggior parte dei casi proprio il valore dei combattenti italiani; mostrando, attraverso le testimonianze di alcuni dei diretti protagonisti, il vissuto sconosciuto di una parte della Nazione, di una Sicilia fatta di civili e militari che sebbene stanchi e prostrati da privazioni di ogni genere, in una terra martoriata da una serie infinita di bombardamenti devastanti, nella maggior parte dei casi vollero e seppero ancora reagire alla protervia del nemico, benché la sproporzione di mezzi e forze in campo fosse loro nettamente sfavorevole. Questo rivelano le memorie del Generale Emilio Faldella, questo mostra il Diario storico del XII° Corpo d’Armata Italiano, questo provano le gesta dei Gruppi Mobili corazzati dell’esercito italianotutte testimonianze ignorate per anni che palesano incontrovertibilmente come, proprio in Sicilia nella calda estate del 1943, tanto nella zona occidentale contro gli americani, quanto nella zona orientale contro gli inglesi, migliaia di italiani scrissero l’ennesima pagina misconosciuta di immenso sacrifico e sublime valore. In proposito basterebbe citare il Bollettino di Guerra italiano 1152 del 21 luglio 1943 che così riportava testualmente: “Dal 10 al 20 luglio 228 carri armati nemici sono stati distrutti ed un centinaio danneggiati oltre ai molti perduti dall’avversario durante le operazioni di sbarco”.

Carro sherman distrutto zona Priolo (Sr)Ma è significativo che i pochi episodi di diserzione e sabotaggio nelle forze armate italiane vedessero nella massima parte dei casi come protagonisti pochi alti ufficiali in comando, piuttosto che quelli di rango intermedio o la stessa truppa; in tal senso appare indicativo il criminale comportamento tenuto da alcuni ammiragli della Marina italiana, che avrebbero brigato col nemico al fine di tenere ben lontane le navi della flotta da battaglia, in grado di contrastare le operazioni di sbarco degli Alleati in Sicilia, in seguito ad un accordo segreto siglato in precedenza con le forze anglo-americane nell’ambasciata di Lisbona (1), desiderosi con ciò di far cadere prima possibile il Regime fascista; come altresì indicativo al riguardo risulta l’evidente ruolo fondamentale giocato nell’abbassamento dello spirito combattivo e del morale degli italiani della destituzione e dell’arresto di Mussolini, perpetrati con l’inganno a mezzo di un vero e proprio colpo di stato militare avallato dalla regale “mezza tacca” savoiarda, un evento che da decenni, al contrario, ci sentiamo raccontare dalla propaganda antifascista, sarebbe stato accolto da tutta la popolazione italiana con grande sollievo. Commuove, invece, lo spirito combattivo di tutti quei semplici cittadini in divisa, siciliani e non, non soltanto militari di carriera, ma anche di leva, che persino insieme ai civili, in quelle tragiche giornate non esitarono ad imbracciare un fucile od una mitragliatrice per tentare di opporsi agli enormi carri armati statunitensi ed alla marea di truppe messe in campo dagli Alleati (qui), che contro ogni previsione più di una volta dovettero cedere all’impeto di coloro che, nella propaganda bellica anglo-americana, venivano sprezzantemente definiti “italiani straccioni”. Fa rabbia constatare che di tanti atti di eroismo così come dei molteplici crimini perpetrati dagli invasori “a stelle e strisce” contro militari e civili italiani, la massa italy-ota lobotomizzata da decenni di propaganda bellica filo-americana, non abbia alcuna conoscenza, dando per buona una versione falsa e bugiarda dei fatti, che vuole descrivere gli Alleati anglo-americani come i “buoni liberatori”, dispensatori di caramelle e cioccolata! Ebbene, nel nostro piccolo, noi fascisti de “IlCovo” abbiamo detto NO ALLA STORIA FASULLA DEI VINCITORI, che fino ad oggi ha “dettato legge” in virtù di mistificazioni e reticenze incredibili. Ma, come abbiamo avuto già modo di sottolineare, alcuni dati al riguardo dovrebbero invece far riflettere chi ancora possiede il bene dell’intelletto: in primis quello sui soldati Alleati che vi morirono e che, a fronte delle stime ufficialmente dichiarate, ad esempio nella pubblicazione dell’Ufficio Storico dello Stato maggiore dell’Esercito Italiano a cura di Alberto Santoni, in cui nonostante sia scritto testualmente che… “le forze terrestri alleate lamentarono in tutto 4.299 morti, suddivisi in 2.237 americani e 2.062 inglesi”,(2) vede di contro la presenza nei cimiteri militari di guerra del solo Commonwealth britannico presenti nell’isola a Catania, Siracusa e Agira, la presenza di 3.692 morti sui campi di battaglia, cioè oltre 1600 in più rispetto a quanto riportato dal Santoni! Per i caduti americani, poi, non è possibile nemmeno fare alcuna verifica attendibile, poiché gli stessi cimiteri di guerra che essi avevano allestito provvisoriamente a Gela, Licata, Palermo e Caronia, furono smantellati pochi anni dopo la fine del conflitto e le salme traslate altrove, ossia, in parte a Nettuno ed in parte rimpatriate negli Stati Uniti. Dunque, ci sono validissimi motivi per ritenere il numero ufficiale dei caduti anglo-americani decisamente e volutamente sottostimato!

1391902_183604571827897_2051603051_nSe a questi dati, poi, aggiungiamo alcuni altri molto importanti, sempre presenti nella “relazione ufficiale” del Santoni, in cui si parla di 9.892 perdite americane e ben 11.590 perdite inglesi a causa della …malaria! (possibile mai che le super fornite truppe degli Alleati, in possesso non solo di tutti i mezzi ma anche di tutti i medicinali, abbiano patito così tanto per la malaria, che stranamente, invece, non ha falcidiato in tale misura le truppe dell’Asse?), di 13.083 soldati Alleati feriti (5.946 americani e 7.137 inglesi, stando ai dati ufficiali); di 3.242 soldati prigionieri (598 americani e 2.644 inglesi compresi i dispersi); di 546 marinai americani morti e 484 feriti; di 314 marinai inglesi morti e 411 feriti;
 di 156 aviatori americani tra morti, feriti e dispersi; di 736 aviatori inglesi della R.A.F., tra morti, feriti e dispersi; ebbene, facendo una somma di tutti codesti numeri, si arriva così ad un “totale ufficiale” di 46.383 uomini messi fuori combattimento in 39 giorni di campagna militare, ossia la media di circa 1.190 uomini al giorno …alla faccia della “allegra passeggiata”! Ma ancorché rivelatori della verità dei fatti negata per decenni, ancor più dei freddi numeri, per sfatare gli innumerevoli luoghi comuni fasulli montati ad arte da 80 anni di propaganda antifascista, abbiamo voluto ricordare tanto alcuni dei grandi scontri dimenticati tra i soldati dell’Asse italo-tedesco e gli Alleati anglo-americani avvenuti a ridosso del litorale siciliano, come la misconosciuta Battaglia di Agrigento (dal 10 al 16 luglio 1943) e la grande “Battaglia di Gela”(dal 10 al 12 luglio 1943), quanto i più piccoli ed ignoti combattimenti minori verificatisi nella parte occidentale dell’isola, come quelli avvenuti il 21 luglio presso le Case Tumminello (Portella Misilbesi) nel trapanese (3), la difesa di Palermo il 22 luglio del 1943, il 24 luglio nel territorio di Marsala, dove si sacrificò il Ten. Colonnello Sommaruga, Medaglia d’oro al valor militare. Clamorosa risulta poi la montatura storiografica imbastita sul mancato utilizzo dei treni armati della Marina italiana, notizie assurte magicamente al rango di verità assolute perché i cosiddetti storici dell’Italia antifascista, senza alcuna seria verifica, avevano preso per buone le notizie inventate di sana pianta dalla propaganda bellica inglese, notizie però confutate platealmente solo in anni recenti (qui).

IMG-20180723-WA0002Senza dimenticarci, però, del lato più oscuro dell’invasione degli Alleati, fatto di stragi a sangue freddo a danno di militari dell’Asse e di civili italiani, tutti eccidi compiuti in massima parte dalla Settima Armata americana. Testimonianza verace di quello che fu il vero volto dell’invasione risulta, ad esempio, l’ennesima strage misconosciuta dai più, perpetrata dai cosiddetti “liberatori a stelle e strisce” di cui siamo venuti a conoscenza in anni recenti e che si somma alle tante altre (Biscari, Comiso, Gela, Piano Stella, Caltanissetta) di cui già abbiamo riferito in passato (digitare QUI); un episodio ripreso persino da una pubblicazione curata dall’ “Istituto storico della resistenza” e di cui fu vittima un gruppo di soldati italiani. Presi prigionieri a Partanna, nei giorni dell’avanzata americane del luglio 43 in provincia di Trapani, portati verso Castelvetrano e lasciati marcire accampati all’addiaccio e digiuni per cinque giorni, sotto un oliveto; sicché quando finalmente i carcerieri presentarono loro un pentolone con qualcosa da mangiare, si precipitarono con tale foga sul cibo, che i soldati statunitensi di guardia, temendo una fuga di massa, “si misero a sparare con la mitraglia, ammazzando sette prigionieri”. (4)

Palermo sotto le bombeSettima Armata americana che fece ugualmente anche utilizzo di vergognosi e criminali espedienti, come l’avvalersi dei buoni uffici dei mafiosi locali (da essi prontamente liberati dalle patrie galere per meriti antifascisti!) al fine di “tener buona” la popolazione e spingerla a collaborare con gli occupanti, o di ignobili tattiche per avere ragione della resistenza degli avversari, come quella di utilizzare i prigionieri di guerra italiani come scudi umani (5). Una campagna militare dove gli autoproclamatisi “liberatori” avevano già fatto precedere il loro sbarco dalla famigerata pratica dei “bombardamenti di saturazione”, che si tradusse, a partire dal 9 maggio 1943, in quasi due mesi d’ininterrotti bombardamenti a tappeto indiscriminati, diurni e notturni su tutto il territorio siciliano, non solo su obiettivi militari ma anche e soprattutto su obiettivi civili, con migliaia di morti, che avevano letteralmente lo scopo di “terrorizzare” la popolazione e fiaccarne il morale; bombardamenti e mitragliamenti aerei, preceduti e seguiti poi dalla costante guerra psicologica dei messaggi lanciati dagli aeroplani con migliaia di volantini che invitavano civili e militari italiani alla resa immediata in cambio della sospirata pace! (6)

Stragi americane del 1943 in Sicilia, Giuseppe Giannola, l'unico testimone sopravvissuto.Ma com’era inevitabile, anche in virtù del nostro sforzo, unito a quello di una moltitudine di onesti e misconosciuti ricercatori che a livello locale hanno svolto un’infaticabile opera di certosina indagine, è palese che la verità su quei tragici fatti cominci ad emergere e ad imporsi all’attenzione della gente, se persino da parte di alcuni degli organi della peggiore stampa istituzionale antifascista (alludiamo, ad esempio, al quotidiano plutocratico, massonico e filo-sionista per eccellenza, “La Stampa” di Torino) si è costretti ad ammettere che la storia del cosiddetto “Sbarco in Sicilia” degli Alleati anglo-americani (non più dipinti fantasiosamente e servilmente come “liberatori” ma più realisticamente quali nemici, invasori e stragisti!) va necessariamente riscritta (QUI). Appare chiaro, allora, come il mito fasullo, creato ad arte dalla propaganda bellica anglo-americana e successivamente fatto proprio servilmente dall’antifascismo nostrano, secondo il quale le forze armate dell’Italia fascista non si opposero virilmente ai nemici inglesi e americani, si stia ormai “sciogliendo come neve al sole”, così come, contrariamente alle fesserie propagandistiche antifasciste che ci siamo dovuti sorbire per quasi 80 anni, appare, invece, sempre più evidente che gli Alleati sbarcarono quali nemici e invasori, che in Sicilia non fecero alcuna “allegra passeggiata”, lasciando sul campo migliaia di morti e commettendo una lunga serie di crimini e stragi. Addirittura, si è arrivati persino a riconoscere l’efficacia dei provvedimenti politici attuati dal vituperato Regime fascista – in barba alla nuova generazione di immancabili pennivendoli che mettono in dubbio persino tutte le opere materiali del governo mussoliniano – ossia le realizzazioni sia nella lotta alla mafia che nella bonifica denominata dal Duce “assalto al latifondo siciliano”, a motivo dei quali tanto il locale ceto dei latifondisti quanto la loro manovalanza mafiosa, furono ben contenti di mettersi al servizio degli invasori atlantici sbarcati sull’isola nel luglio del ’43, che per essi rappresentarono effettivamente dei “liberatori”. In conclusione, se è vero, allora, che in virtù della disparità delle forze in campo, lo Sbarco anglo-americano non poteva essere impedito perché, come scrisse l’Ammiraglio della flotta americana Morison, “gli Alleati avevano chiuso in una muraglia di navi un buon terzo della Sicilia e nessuna forza al mondo avrebbe potuto impedire loro di stabilirvi le loro teste di ponte” è altrettanto vero però che, come puntualizzò il Generale italiano Emilio Faldella, essi di fronte si “trovarono dei fanti e degli artiglieri che pur sapendo di combattere la lotta della carne contro l’acciaio, l’affrontarono per l’onore d’Italia e seppero anche sacrificare la vita”.(7)

IlCovo

NOTE

1) Tale particolare è stato ufficialmente divulgato durante il convegno storico organizzato dalla Regione Sicilia nel 2013 per i 70 anni dello Sbarco, dal giornalista saggista (antifascista!) Alfio Caruso. La notizia  è riportata sul forum de IlCovo:
http://ilcovo.mastertopforum.net/novita-importanti-sullo-sbarco-in-sicilia-nel-1943-vt2697.html

2) Alberto Santoni, Le operazioni in Sicilia e Calabria (Luglio-Settembre 1943), a cura dello Stato Maggiore Esercito, Roma, 1989, pp. 401-402.

3) Il 21 luglio 1943, secondo testimonianze statunitensi, il 504° Rgt. fanteria-paracadutisti della 82a Divisione Aviotrasportata americana, lungo la strada che da Sciacca portava a Marsala, venne attaccato frontalmente non lontano dal paese di Santa Margherita Belice, presso il “Passo Tumminello”, da unità di fanteria italiana sostenute da una batteria di cannoni da 75 mm e due da 90 mm, ne seguì una lunga e dura azione di fuoco, con una serie di vittime da entrambe le parti, dove gli americani lamentarono la perdita di 14 uomini. Cfr. Phil Nordyke,  All American, All the Way: A Combat History of the 82nd Airborne Division in World War II: From Sicily to Normandy , p. 92, Zenith Press, 2009. Sebbene non abbia trovato traccia, di un “Passo Tumminello” superato il paese di Santa Margherita, esiste invece un luogo chiamato “Case Tumminello” situato a poche centinaia di metri dal passaggio di “Portella Misilbesi”, luogo nel quale era stata dislocata la 5ª cp. e il nucleo comando 102º btg., gruppo mobile “C”, inquadrata nel 102º (CII) btg. (successivamente, a sua volta, protagonista degli scontri con la 3a divisione di fanteria americana alla stazione di Cammarata). Mi pare più probabile che proprio li fosse collocato lo sbarramento difensivo nel quale incapparono i paracadutisti americani della 102a Divisione aviotrasportata.

4) Cfr. Mario Carlesso, “Memorie di un soldato prigioniero degli americani, 1943-46”, Istituto per la storia della resistenza e della società contemporanea della Marca Trevigiana, Cierre, Treviso, 2005, pp. 22-25.

5) Il primo ad occuparsi dei prigionieri italiani utilizzati come scudi umani dai soldati americani durante la campagna di Sicilia del 1943 è stato il ricercatore gelese Nuccio Mulé, i cui articoli sono stati ripresi dal ricercatore Ezio Costanzo, che sul tema ha pubblicato, a sua volta, un articolo sul quotidiano “La Repubblica” del 23 luglio 2011 intitolato “I segreti dello sbarco – soldati siciliani scudi umani dei marines”. Il professor Mulè così scrive al riguardo:

…”la motivazione della resa di interi reparti italiani che combatterono strenuamente a Gela, probabilmente fu dovuta anche ad un altro motivo. Lo scrivente, in merito ad una ricerca nell’archivio storico militare di Roma, è nelle condizioni di dimostrare che sicuramente un caso di resa di un reparto italiano, avvenuto nella prima giornata dello sbarco Alleato a Gela, fu dovuto al fatto che gli americani in un’azione di guerra avanzarono dietro una moltitudine di prigionieri italiani, questi ultimi dunque “utilizzati” come scudi umani, tant’è che i nostri soldati allora non poterono fare altro che arrendersi anziché sparare sui loro commilitoni; già lo sbarco sulla spiaggia di Gela era iniziato fin dalle ore 3,00 e posizione su posizione i soldati italiani arretrarono, martellati incessantemente dai cannoni delle navi americane. Mi piace qui reiterare un passo riportato nella “Relazione cronologica degli avvenimenti” di cui sopra: “…Ore 9,20: il Col. Giuseppe Altini comunica che la 49° btr. si è arresa perché il nemico veniva avanti facendosi coprire dai nostri soldati presi prigionieri…”. Una comunicazione di tre righe su una pagina ingiallita dal tempo, a firma di un colonnello dell’Esercito Italiano, rimasta sconosciuta all’interno di un faldone, che mette in luce per la prima volta in assoluto un caso così clamoroso. Certamente questo espediente fu purtroppo vincente e nulla vieta a pensare che sia stato utilizzato dai comandi americani anche in altre occasioni”.

Successivamente alla pubblicazione di tali fatti, il professor Mulè mi ha personalmente riferito di aver ricevuto una lettera scritta dal figlio di un reduce siciliano, il sig. Pietro Mirabile, il quale scriveva che il padre, ormai defunto,  tutte le volte che parlava dello “Sbarco” gli spuntavano le lacrime per la rabbia ed il disprezzo che provava per gli invasori. Egli aveva fatto la guerra da richiamato ed era sergente maggiore del 18° Comando Brigata Artiglieria Costiera, il 10 Luglio del ‘43 si trovava tra Palma di Montechiaro e Licata. Raccontava che nella primavera di quell’anno c’erano stati avvicendamenti nella linea di comando degli Ufficiali superiori, e raccontava sempre che tutta la batteria aveva ricevuto l’ordine di non togliere le cappotte ai cannoni quella notte. Preso prigioniero dagli americani, lo avevano usato come scudo umano fino quasi a Leonforte dove c’erano le retrovie tedesche.

Una ulteriore testimonianza di tale indegna pratica attuata dai soldati statunitensi è presente nell’articolo del ricercatore Francesco Paolo Calvaruso, intitolato “Sergio Barbadoro: un eroe dimenticato”, in Rassegna siciliana di Storia e Cultura n°19, a cura dell’Istituto Siciliano Studi Politici ed Economici; il testo è consultabile al seguente indirizzo:

http://www.isspe.it/news/45-numeri-rassegna-siciliana/rassegna-siciliana-di-storia-e-cultura-n-19/159-sergio-barbadoro-un-eroe-dimenticato-di-francesco-paolo-calvaruso.html , alla nota numero 60.

Qui risulta che il tenente Barbadoro, stanziato alle porte di Palermo in difesa di una delle portelle di accesso alla città (Portella della Paglia), vide avanzare la colonna corazzata americana preceduta da prigionieri italiani che facevano da battistrada. Il tenente, nonostante ciò, attaccò la colonna nemica, bloccandola per 9 ore al prezzo della propria vita. Dunque, in tre distinti casi ed in tre zone differenti della Sicilia (Gela, Licata, Palermo), ci sono testimonianze dell’uso di prigionieri italiani come scudi umani, sempre da parte della Settima armata americana.

6) Per un resoconto puntuale e dettagliato sulla guerra aerea nei cieli siciliani e sui bombardamenti Alleati nell’isola, Alessandro Bellomo, 1943, Il martirio di un’isola – La guerra aerea sulla Sicilia nei diari Usaaf, Raf, Regia Aeronautica e Luftwaffe, Genova, 2011.

7) Emilio Faldella, “Lo sbarco e la difesa della Sicilia”, Roma, 1956, L’Aniene, p. 298.

2 commenti su “LA “BATTAGLIA DI SICILIA” DEL 1943! …79°anniversario dello Sbarco degli Alleati e della campagna militare dell’Asse italo-tedesco, le “scomode” verità!

  1. Che Iddio vi benedica e vi dia la forza di continuare questa cruciale battaglia culturale. Da parte nostra, di lettori e ricercatori, è urgente far conoscere questi fatti e la loro corretta interpretazione.

    Cordialità,

    Guglielmo Alessi

    • …col concorso attivo di coloro che ci leggono e che a loro volta ci aiutano a diffondere i contenuti che divulghiamo, la Verità infine non potrà che trionfare!

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